IN CASO DI LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA IL GIUDICE PUO' INDIVIDUARE SOLO IN ALCUNI DEGLI ADDEBITI IL COMPORTAMENTO CHE GIUSTIFICA LA SANZIONE ESPULSIVA - Deve escludersi la valutazione atomistica (Cassazione Sezione Lavoro n. 14564 del 12 giugno 2017, Pres. Macioce, Rel. Torrice).
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M.M. dipendente della Cassa di Risparmio
di Lucca con le mansioni di responsabile della filiale di Prati Grignano, è
stato licenziato il 6 luglio 2011 con l'addebito di avere acceso, senza
autorizzazione, n. 27 rapporti di credito. Egli ha impugnato il licenziamento
davanti al Tribunale di Prato sostenendo di non avere danneggiato l'azienda. Il
Tribunale ha rigettato il ricorso in quanto ha ritenuto che il lavoratore fosse
pienamente informato della disciplina aziendale. Questa decisione è stata
confermata dalla Corte d'Appello di Firenze. Il lavoratore ha proposto ricorso
per cassazione censurando la sentenza della Corte d'Appello in particolare per
avere isolato alcuni fatti nel coacervo di una contestazione dal contenuto
molto più ampio e per averne esaminato solo una parte. La Suprema Corte ha
affermato che in tema di licenziamento per giusta causa, quando vengano
contestati al dipendente diversi episodi rilevanti sul piano disciplinare, pur
dovendosi escludere che il giudice di merito possa esaminarli atomisticamente,
attesa la necessaria considerazione della loro concatenazione ai fini della
valutazione della gravità dei fatti, non occorre che l'esistenza della
"causa" idonea a non consentire la prosecuzione del rapporto sia
ravvisabile esclusivamente nel complesso dei fatti ascritti, ben potendo il
giudice - nell'ambito degli addebiti posti a fondamento del licenziamento dal
datore di lavoro - individuare anche solo in alcuni o in uno di essi il
comportamento che giustifica la sanzione espulsiva, se lo stesso presenti il
carattere di gravità richiesto dall'art. 2119 c.c..
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