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Legge e giustizia: giovedì 28 marzo 2024
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L'ACCUSA RIVOLTA A UN MAGISTRATO DI ASSERVIMENTO DELLA FUNZIONE GIUDIZIARIA AD INTERESSI POLITICI COSTITUISCE DIFFAMAZIONE - Non rientra nel diritto di critica (Cassazione Sezione Feriale Penale n. 29453 del 30 agosto 2006, Presidente Pizzuti, Rel. Macchia).
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In tema di diffamazione a mezzo stampa è configurabile l'esimente del diritto di critica - distinto e diverso dal diritto di cronaca - quando il discorso giornalistico abbia un contenuto eccessivamente valutativo e si sviluppi nell'alveo di una polemica intensa e dichiarata, frutto di opposte concezioni, su temi di rilevanza sociale, senza trascendere ad attacchi personali finalizzati all'unico scopo di aggredire l'altrui sfera morale, non richiedendosi neppure - a differenza di quanto si verifica con riguardo al diritto di cronaca - che la critica sia formulata con riferimento a precisi dati fattuali, sempre, però, che il nucleo e il profilo essenziale di questi non siano strutturalmente travisati e manipolati. Non sussiste, quindi, l'esimente del diritto di critica allorché un magistrato del Pubblico Ministero venga accusato di svolgere indagine politiche, in quanto una siffatta espressione, evocando l'intento di favorire una determinata forza politica a scapito di un'altra, assume portata offensiva, risolvendosi in un attacco alla sfera morale della persona. Esula dunque dalla scriminante del diritto di critica, politica o giornalistica, l'accusa di asservimento della funzione giudiziaria ad interessi personali, partitici, politici, ideologici, ovvero l'accusa di strumentalizzazione di quella funzione per il conseguimento di finalità divergenti da quelle che debbono guidare l'operato del Pubblico Ministero, stanti le attribuzioni e i doveri istituzionali che caratterizzano la posizione ordinamentale di tale organo.
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