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Legge e giustizia: venerdì 29 marzo 2024
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LE DICHIARAZIONI RESE IN SEDE GIUDIZIARIA POSSONO ESSERE RIPORTATE DAL CRONISTA SENZA NECESSITÀ CHE EGLI NE CONTROLLI L'ATTENDIBILITÀ - Purché la riproduzione sia esatta ed esse siano di pubblico interesse (Cassazione Sezione Terza Civile n. 12358 del 24 maggio 2006, Pres. Sabatini, Rel. Manzo).
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Affinché la divulgazione a mezzo stampa di notizie lesive dell'onore o della reputazione possa considerarsi lecito esercizio del diritto di cronaca devono ricorrere le seguenti condizioni: la verità (oggettiva o anche soltanto putativa) della notizia pubblicata; l'interesse pubblico alla conoscenza del fatto (c.d. pertinenza); la correttezza formale dell'esposizione (c.d. continenza). La verità dei fatti dev'essere controllata dal giornalista non solo con riferimento all'attendibilità della fonte della notizia, ma anche con un lavoro di accertamento e di rispetto della verità sostanziale dei fatti.
Un problema più specifico si pone in relazione alle dichiarazioni rese da terzi e riportate dal giornalista. In questo caso i requisiti sopra indicati per il legittimo esercizio del diritto di cronaca, in linea di principio ugualmente applicabili, non necessariamente però devono considerarsi equivalenti. L'interesse sociale alla notizia può infatti rivestire in taluni casi, nel controllo della scriminante del diritto di cronaca, una rilevanza tale da importare la prevalenza sugli altri due.
Le Sezioni Unite penali della Suprema Corte, nel risolvere il conflitto che si era creato nella giurisprudenza di legittimità a proposito del caso in cui l'attività giornalistica si era concretata nella riproduzione di dichiarazioni diffamatorie rilasciate nel corso di un'intervista, hanno enunciato il principio secondo cui "l'aver riportato "alla lettera"nel testo dell'intervista le dichiarazioni del soggetto intervistato, qualora esse abbiano oggettivamente contenuto ingiurioso o diffamatorio, non integra di per sé la scriminante. Il giornalista che assume una posizione imparziale può tuttavia essere scriminato in forza dell'esercizio del diritto di cronaca quando il fatto "in sé" dell'intervista, in relazione alla qualità dei soggetti coinvolti, alla materia in discussione e al più generale contesto dell'intervista presenti profili di interesse pubblico all'informazione" (Cass. S.U. pen. 30 maggio 2001, n. 37140, che precisa ulteriormente che l'accertamento e la valutazione degli elementi indicati è riservata al giudizio di merito).
Ulteriori precisazioni, che si ricollegano a quelle già fatte, sono necessarie con riferimento alla cronaca giudiziaria, cioè a quei casi in cui la notizia pubblicata attiene al fatto costituito da una dichiarazione resa in sede giudiziaria. In questo caso il giornalista si pone quale semplice intermediario tra i fatti e le situazioni realmente accaduti nell'attività giudiziaria e l'opinione pubblica e non è tenuto a svolgere specifiche indagini sull'attendibilità del dichiarante (testimone, coimputato, pentito). Nell'ambito della cronaca giudiziaria il diritto-dovere del giornalista di informare e il diritto dei cittadini ad essere informati, non può passare attraverso il controllo della verità del fatto dichiarato o dell'attendibilità del dichiarante. Richiedere al giornalista di controllare la verità delle dichiarazioni rilasciate in sede giudiziaria significherebbe pretendere dallo stesso l'onere di indagini analoghe a quelle giudiziarie e creare le premesse per impedire o rendere assolutamente disagevole la cronaca giudiziaria, poiché solo all'esito della sentenza definitiva potrebbe considerarsi la verità delle dichiarazioni rese. In conclusione, con riferimento alla cronaca giudiziaria, va enunciato il principio secondo cui il criterio della verità sostanziale della notizia - condizione affinché la divulgazione a mezzo stampa di notizie lesive dell'onore e della reputazione possa considerarsi espressione del lecito diritto di cronaca - non riguarda il contenuto della dichiarazione e l'attendibilità del dichiarante. La "verità" va riferita al fatto rappresentato e, cioè, al fatto che vi sia stata effettivamente quella dichiarazione in sede giudiziaria, con indicazione del contesto giudiziario nel quale è stata resa, se ciò è necessario per fornire completezza di informazione al lettore. E' comunque necessario, per l'applicazione della scriminante, che i concetti e le parole riportate siano effettivamente rispondenti al reale contenuto della dichiarazione e dell'atto giudiziario, senza alterazioni del significato sostanziale che possano creare per il lettore una realtà diversa da quella effettivamente attribuibile alla dichiarazione, cosicché il giornalista si pone quale semplice intermediario tra i fatti e le situazioni realmente accaduti nell'attività giudiziaria e l'opinione pubblica. Resta ovviamente ferma la necessità dei requisiti della pertinenza e della continenza. E, in particolare, quanto al requisito della pertinenza, viene in rilievo l'interesse pubblico a quello specifico processo, per le più svariate ragioni, che vanno dalla rilevanza del caso alla notorietà dei personaggi coinvolti. L'accertamento e la valutazione di questi elementi sono rimessi al giudice di merito e non sono sindacabili in sede di legittimità, se sorretti da adeguata e logica motivazione.
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