Legge e giustizia: giovedì 18 aprile 2024

Pubblicato in : Lavoro, Fatto e diritto

UNA PATTUIZIONE BILATERALE NON È IDONEA A ESCLUDERE LA COMPUTABILITÀ DELL'ASSEGNO DI SEDE ESTERA NEL TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO - L'esclusione può essere stabilita solo dal contratto collettivo (Cassazione Sezione Lavoro n. 24875 del 25 novembre 2005, Pres. Sciarelli, Rel. Figurelli).

Giorgio C., dipendente della banca Sanpaolo Imi S.p.A., è stato distaccato negli Stati Uniti presso le filiali di New York e Los Angeles dal 1984 al 1993, con retribuzione costituita dallo stipendio italiano e da un assegno di sede estera. Cessato il rapporto, la banca gli ha corrisposto, per il t.f.r., un importo commisurato soltanto allo stipendio italiano e non anche all'assegno di sede estera. Egli si è rivolto al Tribunale di Torino, sostenendo che l'assegno di sede estera doveva essere incluso nel calcolo del t.f.r. e chiedendo la condanna della banca al pagamento delle relative differenze. La banca si è difesa sostenendo, tra l'altro, che, al momento del distacco, il lavoratore aveva sottoscritto una lettera-contratto ove era previsto espressamente che "per quanto attiene il trattamento di fine rapporto, il relativo accantonamento viene calcolato come in passato sulla base della retribuzione che le sarebbe stata riconosciuta qualora avesse prestato la sua attività in Italia". Il Tribunale di Torino ha rigettato la domanda. Questa decisione, impugnata dal lavoratore, è stata riformata dalla Corte di Appello di Torino che ha ritenuto computabile nel t.f.r. l'assegno di sede estera e ha condannato la banca a pagare le relative differenze. La Corte ha rilevato che l'assegno non figurava tra le voci escluse, in base al contratto collettivo nazionale (art. 67), dal computo del t.f.r. e che esso aveva natura retributiva in quanto avente la funzione in parte di compensare la maggiore gravità e il disagio morale ed ambientale della prestazione all'estero, in parte di retribuire la maggiore professionalità richiesta. Inoltre la Corte ha ritenuto nulla la clausola del contratto individuale che escludeva dal t.f.r. l'assegno di sede estera. La banca ha proposto ricorso per cassazione censurando la sentenza della Corte di Appello per vizi di motivazione e violazione di legge. La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 24875 del 25 novembre 2005, Pres. Sciarelli, Rel. Figurelli) ha rigettato il ricorso. In base all'art. 2120 c.c. - ha osservato la Cassazione - ogni pattuizione individuale in peius per il lavoratore rispetto al regime legale del t.f.r. è nulla, essendo consentite deroghe unicamente alla contrattazione collettiva, deroghe peraltro insussistenti nel caso di specie perché il CCNL di categoria esclude dal computo del t.f.r. soltanto trattamenti aventi finalità di rimborso spese. Affinché un compenso sia incluso nella base di calcolo dell'indennità di anzianità (ex art. 2121 c.c.) o del trattamento di fine rapporto (ex art. 1 legge n. 297 del 1982), non è necessario il carattere di definitività del compenso stesso, ma è sufficiente che di esso (nella specie, indennità di servizio estero) il dipendente abbia goduto in modo normale nel corso ed a causa del rapporto di lavoro, non avendo rilievo l'elemento temporale di percezione del compenso stesso, ove questo sia da considerare come corrispettivo della prestazione normale perché inerente al valore professionale delle mansioni espletate.


© 2007 www.legge-e-giustizia.it