Nel giugno del 1999 si è conclusa, presso l'INPS, una procedura concorsuale per l'assegnazione dell'incarico di coordinatore dell'area legale dell'istituto. In base ai punteggi riconosciuti a ciascun candidato è stata compilata una graduatoria nella quale è risultato al primo posto l'avvocato Antonio T. Il Consiglio di Amministrazione dell'Istituto, con delibera dell'8 giugno 1999, ha approvato la graduatoria ed ha disposto l'assegnazione dell'incarico di coordinamento al vincitore. Un altro legale dipendente dell'INPS, l'avvocato Fabio F., che aveva partecipato al concorso riportando un punteggio inferiore a quello del vincitore, ha chiesto al Tribunale di Roma, Sezione Lavoro, di dichiarare la nullità e l'illegittimità della procedura concorsuale e di assegnargli l'incarico di coordinatore; in via subordinata egli ha chiesto al Tribunale di ordinare all'INPS la ripetizione della procedura e la condanna dell'istituto al risarcimento dei danni. Il Tribunale ha rigettato la domanda. La Corte d'Appello di Roma, in riforma della decisone di primo grado, ha accertato l'inadempimento dell'INPS alle regole stabilite per la selezione dei candidati e ha condannato l'istituto alla ripetizione delle operazioni valutative. In particolare la Corte ha ritenuto che, in base al bando, l'INPS avrebbe dovuto cumulare i punteggi, stabiliti per i vari incarichi svolti contemporaneamente dall'avvocato F. e non limitarsi, come aveva fatto, ad attribuirgli solo il punteggio relativo all'incarico di maggior rilievo. Nel successivo grado del giudizio, davanti alla Suprema Corte, l'avvocato F. ha censurato la decisione della Corte d'Appello di Roma, sostenendo che essa non avrebbe dovuto limitarsi a ordinare la ripetizione della procedura, ma avrebbe dovuto assegnargli l'incarico di coordinatore, applicando il criterio del cumulo dei punteggi predeterminati dal bando per ciascun incarico, in quanto da tale calcolo derivava la sua collocazione al primo posto della graduatoria. La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 18198 del 14 settembre 2005, Pres. Senese, Rel. De Matteis) ha accolto il ricorso dell'avvocato F. La Corte ha ricordato la sua giurisprudenza secondo cui nelle operazioni selettive del personale, l'imprenditore deve esercitare il suo potere discrezionale di scelta attenendosi alla regola della correttezza e buona fede, che si traducono, tra l'altro, sia nell'obbligo di adottare regole concorsuali che pongono i candidati in una condizione di assoluta parità sia nell'obbligo di imparzialità dei criteri valutativi. Nei casi il cui il datore di lavoro abbia vincolato la propria discrezionalità, per propria autonoma iniziativa o pattiziamente, cristallizzando le proprie valutazioni in determinazioni numeriche di punteggio rapportato in maniera fissa alla natura ed alla durata dell'incarico - ha affermato la Corte - il controllo e l'intervento giudiziario è necessariamente esteso alla verifica della corretta applicazione di tali regole del concorso; se la commissione valutatrice abbia determinato tutti i singoli punteggi di tutti i candidati e la decisione sulla graduatoria dipenda esclusivamente dalla soluzione di una questione di diritto circa la valutabilità o meno di un incarico, il cui punteggio è fisso, ben può il giudice del merito procedere direttamente all'attribuzione del punteggio fisso relativo all'incarico non valutato, trattandosi di attività non più discrezionale ma strettamente vincolata. Infatti i principi di correttezza e buona fede che sono alla base della materia, ed il vincolo obbligatorio assunto con il bando di concorso, non consentono al datore di lavoro di riappropriarsi di quella discrezionalità regolamentata con l'attribuzione di punteggi fissi. In tal caso - ha affermato la Corte - il giudice, nell'accogliere la domanda di adempimento, deve attribuire al lavoratore il bene che l'osservanza del predetto vincolo obbligatorio gli assicura, attribuendogli, insieme al posto cui ha diritto, anche i vantaggi economici a questo connessi con le conseguenze ex artt. 1223 e 1224 cod. civ. La Corte ha cassato la decisione impugnata, rinviando la causa alla Corte d'Appello di Roma, per la quale ha stabilito il seguente principio di diritto: "Nelle procedure di selezione concorsuale per promozione del personale, ove il datore di lavoro abbia vincolato la propria discrezionalità, per propria autonoma iniziativa o pattiziamente, cristallizzando le proprie valutazioni in determinazioni numeriche di punteggio rapportate in maniera fissa alla natura ed alla durata dell'incarico, il controllo ed intervento giudiziario è necessariamente esteso alla verifica della corretta applicazione di tali regole del concorso. Se la commissione valutatrice abbia determinato tutti i singoli punteggi di tutti i candidati, e la decisione sulla graduatoria dipenda esclusivamente dalla soluzione di una questione di diritto circa la valutabilità o meno di un incarico, il cui punteggio è fisso, il giudice del merito che abbia ritenuto l'incarico valutabile, alla stregua del bando, deve procedere direttamente all'attribuzione del punteggio fisso relativo all'incarico non valutato dalla Commissione, trattandosi di attività non più discrezionale ma strettamente vincolata. Se da tale operazione consegua l'attribuzione della promozione, il giudice provvederà, oltre che all'assegnazione del posto in concorso con la decorrenza prevista, anche ai benefici economici a questa connessi con gli accessori ex artt. 1223 e 1224 cod. civ.".
|