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Legge e giustizia: venerdì 26 aprile 2024
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LA VIOLAZIONE DELL'OBBLIGO DI FEDELTÀ VERSO IL DATORE DI LAVORO PUÒ RAVVISARSI ANCHE NELL'OCCULTAMENTO DI SITUAZIONI DI CONFLITTO DI INTERESSI - In base agli articoli 1175, 1375 e 2105 cod. civ. (Cassazione Sezione Lavoro n. 6957 del 4 aprile 2005, Pres. Ciciretti, Rel. Celentano).
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In base all'art. 2105 cod. civ., che prevede, per il dipendente, l'obbligo di fedeltà "il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, né divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio". Questa norma deve essere interpretata in collegamento con gli articoli 1175 e 1375 cod. civ. che affermano i principi di correttezza e buona fede. Ciò comporta che il lavoratore debba astenersi non solo dai comportamenti espressamente vietati dall'art. 2105 cod. civ., ma anche da qualsiasi altra condotta che, per la sua natura e per le sue possibili conseguenze, risulti in contrasto con i doveri connessi all'inserimento del lavoratore nella struttura e nell'organizzazione dell'impresa o causi situazioni di conflitto con le finalità e gli interessi dell'imprenditore o sia comunque idonea a ledere irrimediabilmente il presupposto fiduciario del rapporto di lavoro. Può configurare violazione dei doveri di correttezza, buona fede e fedeltà il fatto di tacere all'azienda che i lavori sottoposti al proprio controllo, quale supervisore, siano svolti da società o imprese nei quali hanno una compartecipazione propri familiari.
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