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Legge e giustizia: giovedì 18 aprile 2024
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IL COMPONENTE DELL'IMPRESA FAMILIARE CHE INTENDA FAR VALERE IL SUO CREDITO PER L'ATTIVITÀ LAVORATIVA SVOLTA DEVE CONVENIRE IN GIUDIZIO SOLO IL TITOLARE - Non è necessaria l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri membri (Cassazione Sezione Lavoro n. 874 del 18 gennaio 2005, Pres. Mattone, Rel. Lamorgese).
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Il componente dell'impresa familiare che intenda far valere in giudizio il suo credito per l'attività lavorativa prestata nell'ambito della medesima deve proporre le domande nei confronti del solo titolare, non essendovi necessità di integrare il contraddittorio nei confronti degli altri partecipanti. Infatti l'impresa familiare ha natura individuale. Scopo dell'istituto è quello di apprestare una tutela per il familiare che espleti la propria attività a favore di altro familiare, individuati sia il primo che il secondo fra i soggetti specificati nel terzo comma dell'art. 230 bis cod. civ. Questa norma regola soltanto il rapporto obbligatorio fra familiare imprenditore e i familiari prestatori di lavoro (non necessariamente conviventi con il primo), ai quali compete il diritto di credito al mantenimento (da intendersi non nel senso soltanto dei mezzi indispensabili per il sostentamento, ma di mezzi in grado di assicurare un'esistenza libera e dignitosa, con riferimento alle condizioni patrimoniali della famiglia), e, per la parte eccedente, il diritto agli utili (o ai beni acquistati con essi) e agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato. La costituzione da parte dell'imprenditore individuale di un'impresa familiare non determina alcuna conseguenza sulla proprietà dell'azienda, che era e rimane di pertinenza di detto imprenditore. A lui e non ai familiari (né disgiuntamente né congiuntamente) spetta la rappresentanza dell'impresa e l'adozione di ogni determinazione circa la gestione ordinaria di essa. Il familiare titolare dell'impresa di cui all'art. 230 bis cod. proc. civ. è quindi l'unico soggetto passivo obbligato in relazione al diritto di credito spettante a ciascuno dei familiari che collaborano, diritto così qualificato anche con riferimento alla partecipazione ai beni acquistati con gli utili dell'impresa, proprio in considerazione della rilevanza solo interna del rapporto associativo di lavoro. Perciò gli acquisti fatti dal familiare imprenditore sono acquisiti al suo patrimonio e i componenti del gruppo familiare, partecipanti all'impresa familiare, hanno diritto al trasferimento di essi, secondo le loro rispettive quote, al momento della liquidazione di queste. Né il diritto del singolo prestatore di lavoro è condizionato dall'analogo diritto che spetta agli altri familiari che collaborano nell'impresa familiare, in quanto esso è commisurato alla qualità e quantità del lavoro prestato.
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