Legge e giustizia: venerdì 26 aprile 2024

Pubblicato in : Lavoro, Fatto e diritto

IL DIPENDENTE DI UNA SOCIETÀ TELEFONICA CHE COMUNICHI A UN AMICO L'INDIRIZZO DI UN UTENTE DI TELEFONO CELLULARE VIOLA IL DOVERE DI RISERVATEZZA - L'infrazione può giustificare il licenziamento (Cassazione Sezione Lavoro n. 16628 del 23 agosto 2004, Pres. Sciarelli, Rel. Amoroso).

Giovanni E., dipendente della Telecom Italia s.p.a., è stato licenziato, nel febbraio del 1995, con l'addebito di avere comunicato ad un amico l'indirizzo di un utente di un telefono cellulare "family". Il Pretore di Napoli ha annullato il licenziamento in quanto ha ritenuto che non esistesse alcun obbligo di riservatezza dei dati relativi alle utenze della telefonia mobile. Questa decisione è stata riformata, in grado di appello, dal Tribunale di Napoli, che ha ritenuto legittimo il licenziamento. Il Tribunale ha affermato la sussistenza, in materia, di un dovere di riservatezza che impegna all'esterno la società telefonica verso il cliente titolare del numero e all'interno della società i dipendenti verso il datore di lavoro, con la conseguenza che l'inadempienza da parte del lavoratore a questo obbligo aveva concretato violazione del dovere di fedeltà. Nel valutare la gravità dell'inadempimento il Tribunale ha anche tenuto presente che i dati riservati erano stati richiesti al lavoratore per "motivi erotici e sessuali". Il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione sostenendo, tra l'altro, che il comportamento attribuitogli non poteva ritenersi illegittimo, in quanto all'epoca del licenziamento non esisteva ancora la legge 31.12.1996 n. 675 che disciplina la tutela del diritto alla riservatezza.

La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 16628 del 23 agosto 2004, Pres. Sciarelli, Rel. Amoroso) ha rigettato il ricorso proposto dal lavoratore contro la sentenza del Tribunale, rilevando che il diritto alla riservatezza discende direttamente dall'art. 2 della Costituzione (che tutela la personalità) e rappresentava una situazione giuridica tutelata anche prima della legge 31.12.1996 n. 678. La Corte ha ritenuto che il Tribunale abbia correttamente motivato la sua decisione in merito alla gravità dell'infrazione, anche con riferimento alle finalità per le quali le informazioni erano state richieste.


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