Il Comune siciliano di Vittoria ha assegnato al dipendente Giovanni M., iscritto nel registro dei praticanti giornalisti, le mansioni di addetto stampa, con l'incarico di provvedere alla diffusione di comunicati, di tenere rapporti con gli organi di informazione, di coordinare il servizio "Informa Comune" (consistente nella redazione di un resoconto giornaliero circa le iniziative del Comune) e di svolgere altre analoghe attività. Pur applicando al dipendente il contratto nazionale di lavoro giornalistico, il Comune non ha versato i contributi previdenziali in suo favore all'Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti. L'INPGI ha ottenuto dal Tribunale di Roma un decreto ingiuntivo a carico del Comune, per il pagamento dei contributi. Nel giudizio di opposizione che ne è seguito, sia il Tribunale che la Corte di Appello di Roma hanno dichiarato infondata la pretesa dell'INPGI, in quanto hanno escluso che sia stata data dimostrazione di un'attività obiettivamente giornalistica ed hanno ritenuto irrilevanti l'iscrizione dell'impiegato nel registro dei praticanti e l'applicazione nei suoi confronti del contratto nazionale di lavoro giornalistico. L'INPGI ha proposto ricorso per cassazione, censurando la sentenza della Corte di Appello di Roma per difetto di motivazione e violazione di legge. La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 11944 del 26 giugno 2004, Pres. Ciciretti, Rel. De Luca) ha accolto il ricorso. Il decreto legislativo n. 503 del 1992 - ha osservato la Corte - prevede, all'art. 17 che "i dipendenti giornalisti professionisti iscritti nell'apposito albo di categoria e i dipendenti praticanti giornalisti iscritti nell'apposito registro di categoria, i cui rapporti di lavoro siano regolati dal contratto nazionale giornalistico, sono obbligatoriamente iscritti presso l'Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani Giovanni Amendola"; ne risulta che l'imposizione dell'obbligo di versamento dei contributi all'INPGI è subordinata, in via esclusiva all'iscrizione del lavoratore all'Albo o registro professionale e alla soggezione del rapporto di lavoro al CNLG. L'INPGI risulta quindi esonerato - ha affermato la Corte - dalla prova, all'evidenza difficile (se non proprio impossibile) circa la natura giornalistica della prestazione lavorativa, che, tuttavia, può ragionevolmente presumersi in presenza dei due requisiti previsti dalla legge. Chi intenda contestare la legittimità del possesso di tali requisiti, ha l'onere di provare la natura non giornalistica della prestazione lavorativa. In altri termini, una volta dimostrato il possesso dei requisiti (iscrizione del lavoratore all'Albo o al registro e applicazione del CNLG) l'obbligo di versamento dei contributi all'INPGI può essere negato soltanto ove il datore di lavoro fornisca la prova piena che quel possesso risulti comunque illegittimo. Nel caso in esame - ha aggiunto la Corte - solo in funzione di contestazione del legittimo possesso dei predetti requisiti andava apprezzata la prova, comunque acquisita al processo, circa la natura giornalistica, o meno, della prestazione lavorativa. La Corte ha rinviato la causa alla Corte d'Appello di L'Aquila per una nuova valutazione dell'intero materiale probatorio, precisando che il giudice di rinvio dovrà tener conto del modello di ufficio stampa delle amministrazioni pubbliche che una disposizione di legge sopravvenuta (art. 9 L. 7.6.2000 n. 150) esplicitamente prevede e disciplina sulla falsariga di esperienze precedenti come quelle di cui all'art. 58 legge Regione siciliana 18.5.1996 n. 33, modificato dall'art. 28 legge regionale 5.1.99 n. 4, nonché le esperienze di fatto praticate anche in precedenza, nella stessa regione ed altrove.
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