Legge e giustizia: venerdì 26 aprile 2024

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IL GIUDICE PUÒ ACCERTARE IN BASE A PRESUNZIONI IL DANNO DA DEMANSIONAMENTO - Per la determinazione dell'importo è consentito il ricorso alla valutazione equitativa, riferita ad elementi concreti, come la retribuzione (Cassazione Sezione Lavoro n. 15955 del 16 agosto 2004, Pres. Mattone, Rel. Curcuruto).

In caso di accertato demansionamento professionale del lavoratore in violazione dell'art. 2103 cod. civ., il giudice del merito può desumere l'esistenza del relativo danno, determinandone anche l'entità in via equitativa, con processo logico-giuridico attinente alla formazione della prova, anche presuntiva, in base agli elementi di fatto relativi alla durata della dequalificazione e alle altre circostanze del caso concreto e con apprezzamento di fatto incensurabile in cassazione se adeguatamente motivato. In generale, l'esigenza di motivazione sull'ammontare del danno, liquidato equitativamente è assolta con le indicazioni di congrue, anche se sommarie, ragioni del processo logico in base al quale si è pervenuto alla sua adozione. In caso di demansionamento il giudice può fare riferimento all'entità della retribuzione risultante dalle buste paga prodotte in giudizio. Quel che si richiede è che la valutazione sia agganciata ad elementi concreti e che la motivazione della decisione indichi il processo logico e valutativo seguito. Va da sè che la durata del demansionamento sia un fattore di aggravamento del danno, sicché essa rientra nel novero di quegli elementi che è ragionevole considerare ai fini della relativa liquidazione. L'anzianità di servizio, sinonimo, in linea di massima, di esperienza professionale, è anch'essa parametro non irragionevole, perché essendo normalmente accompagnata da migliore qualità della prestazione, rende ancora più marcato il divario tra i compiti che sulla base del formale inquadramento il dipendente avrebbe potuto svolgere e quelli concretamente assegnatigli.


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