Legge e giustizia: mercoledì 24 aprile 2024

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L'INDENNITÀ SOSTITUTIVA DELLE FERIE NON GODUTE È DIRETTA A COMPENSARE IL LAVORO PRESTATO E NON A RISARCIRE ANCHE GLI ULTERIORI ED EVENTUALI PREGIUDIZI ARRECATI AL LAVORATORE, COME IL DANNO ALLA SALUTE E ALLA VITA DI RELAZIONE - Essa deve essere assoggettata ai contributi previdenziali (Cassazione Sezione Lavoro n. 6607 del 3 aprile 2004, Pres. Ciciretti, Rel. Picone).

La giurisprudenza della Corte ha precisato che la cosiddetta indennità di ferie non godute è assoggettabile a contribuzione previdenziale a norma dell'art. 12 L. 30 aprile 1969, n. 153, per due ragioni: sia perché essendo in rapporto di corrispettività con le prestazioni lavorative effettuate nel periodo di tempo che avrebbe dovuto essere dedicato al riposo (in maniera simile al compenso relativo al lavoro straordinario), ha un carattere retributivo e gode della garanzia prestata dall'art. 2126 c.c. a favore delle prestazioni effettuate con violazione di norme poste a tutela del lavoratore; sia perché un eventuale suo concorrente profilo risarcitorio non escluderebbe la riconducibilità all'ampia nozione di retribuzione imponibile delineata dal citato art. 12, costituendo essa comunque un'attribuzione patrimoniale riconosciuta a favore del lavoratore in dipendenza del rapporto di lavoro e non essendo ricompressa nell'elencazione tassativa delle erogazioni escluse dalla contribuzione.

Da tale principio, invero, si è discostata la sentenza della Suprema Corte n. 1079/2000 che ha ritenuto l'indennità sostitutiva di ferie di natura non retributiva ma risarcitoria, in quanto diretta a ristorare il danno fisico e psichico subito dal lavoratore per la mancata concessione del riposo spettategli a norma degli art. 2109 c.c. e 36 Cost., onde la relativa somma non sarebbe assoggettabile a contribuzione previdenziale. L'orientamento non può essere confermato perché omette di rilevare che l'indennità sostitutiva, come tale, è diretta a compensare il lavoro prestato, ancorché in violazione di legge, e non a risarcire anche gli ulteriori ed eventuali pregiudizi arrecati al lavoratore (vita di relazione, salute, ecc.); tralascia di considerare l'autonomia (rispetto alla retribuzione che rappresenta il corrispettivo della prestazione sul piano del rapporto sinallagmatico di lavoro) della definizione di retribuzione imponibile ai fini contributivi recata dall'art. 12 L. 153/1969, nel testo applicabile ai fatti controversi, definizione che non può non rendere "dipendenti" dal rapporto di lavoro le somme erogate a titolo di risarcimento del danno da inadempimento delle obbligazioni derivanti dello stesso rapporto. Nel senso, infatti, di ritenere assoggettate a contribuzione le somme pagate al dipendente a titolo di risarcimento per inadempimento (obbligazione succedanea) da parte del datore di lavoro delle obbligazioni derivanti dal contratto di lavoro (obbligazioni primarie), la giurisprudenza della Corte è assolutamente pacifica, interpretando in senso restrittivo anche il disposto dell'art. 6  del d.lgs. n. 314/1997, siccome non sarebbe ragionevole ritenere imponibile l'obbligazione primaria, ma non quella secondaria che la sostituisce in caso di inadempimento.


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