Legge e giustizia: giovedì 25 aprile 2024

Pubblicato in : Lavoro, Fatto e diritto

SE L'AZIENDA EFFETTUA UNA PROMOZIONE SENZA PROCEDERE ALLA SELEZIONE PREVISTA DAL CONTRATTO COLLETTIVO, UN DIPENDENTE NON PROMOSSO PUÒ OTTENERE IL RISARCIMENTO DEL DANNO - Da determinarsi in via equitativa (Cassazione Sezione Lavoro n. 12069 del 18 agosto 2003, Pres. Trezza, Rel. Curcuruto).

Franco B., dipendente della s.p.a. Autostrade Centro Padane, inquadrato come operaio di quarto livello, dopo il pensionamento del suo capo squadra (con qualifica di quinto livello) ha invano atteso che l'azienda indicesse, come previsto dal contratto collettivo, una procedura concorsuale di selezione per la copertura del posto resosi vacante; secondo la disciplina contrattuale la procedura avrebbe dovuto essere svolta in base a criteri prestabiliti dall'azienda ovvero, in mancanza, con applicazione del criterio della maggiore anzianità di servizio. L'azienda, senza procedere alla selezione, ha promosso capo squadra un dipendente più giovane di Franco B. discrezionalmente scelto. Franco B. ha chiesto al Pretore di Cremona di condannare la datrice di lavoro a inquadrarlo nel quinto livello con mansioni di capo squadra e a corrispondergli le relative differenze di retribuzione, sostenendo che se l'azienda avesse svolto come previsto dal contratto la selezione, egli avrebbe sicuramente prevalso sull'unico possibile concorrente che era, per l'appunto, la persona poi discrezionalmente prescelta. In via subordinata, Franco B. ha chiesto la condanna della s.p.a. Autostrade Centro Padane al risarcimento del danno, da determinarsi in via equitativa, per perdita di probabilità di promozione. Sia il Pretore che, in grado di appello, il Tribunale di Cremona, hanno ritenuto le domande prive di fondamento. Il Tribunale ha osservato che il lavoratore non poteva vantare il diritto alla promozione ma semmai al regolare svolgimento della procedura selettiva e che però egli non aveva proposto alcuna domanda volta ad ottenerne la ripetizione o la effettuazione ex novo. Quanto alla domanda subordinata, il Tribunale ha ritenuto che il lavoratore non avesse provato che, in caso di espletamento del prescritto concorso, egli avrebbe senz'altro, o con apprezzabile probabilità o anche in modo meramente possibilistico, conseguito l'auspicata promozione. Franco B. ha proposto ricorso per cassazione, censurando la decisione del Tribunale di Cremona per difetto di motivazione e violazione di legge.

La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 12069 del 18 agosto 2003, Pres. Trezza, Rel. Curcuruto) ha accolto il ricorso nella parte concernente il mancato accoglimento della domanda di risarcimento del danno. Nel caso di specie - ha osservato la Corte - il contratto collettivo contemplava una procedura concorsuale, con un'ampia discrezionalità per l'azienda, circa i criteri selettivi, ma prevedeva anche un criterio individuale costituito dalla maggiore anzianità di servizio; in tale situazione il Tribunale ha sostanzialmente equiparato il mancato uso della discrezionalità da parte del datore di lavoro, all'ipotesi in cui tale uso si fosse concretato in criteri del tutto sfavorevoli per il ricorrente, al quale ha, inoltre, addossato l'onere di provare le concrete chances di vittoria. Ma tale equiparazione - ha affermato la Corte - non è corretta, dal momento che il datore, rinunziando a far uso del suo legittimo potere di dettare i criteri selettivi, ha in sostanza posto il lavoratore interessato nella assoluta impossibilità di dimostrare quale fosse la sua probabilità di successo, determinando in tal modo un pregiudizio in sé certo e per la cui liquidazione il giudice di merito avrebbe potuto far ricorso ai suoi poteri equitativi. Ciò tanto più in quanto, in assenza delle specifiche determinazioni rimesse al datore di lavoro, la norma collettiva, attraverso il riferimento alla maggiore anzianità di servizio prevedeva comunque un criterio che avrebbe potuto esser utilizzato nel confronto "virtuale" con gli altri concorrenti interni. In questi limiti il ricorso merita accoglimento. La sentenza va annullata - ha concluso la Corte - con rinvio ad altro giudice d'appello, che provvederà a riesaminare la causa in base al principio per cui la mancata indizione di una procedura concorsuale per la copertura di posti vacanti, obbligatoria per contratto collettivo, conferisce al lavoratore, che avrebbe avuto titolo per parteciparvi, il diritto al risarcimento del danno, da liquidarsi in via equitativa, anche nel caso in cui il contratto rimetta al datore di lavoro la determinazione dei parametri selettivi, limitandosi ad attribuire prevalenza, quale criterio residuale, alla maggiore anzianità di servizio.


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