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Legge e giustizia: venerdì 29 marzo 2024
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IL PRIVATO CITTADINO È LEGITTIMATO A CHIEDERE IL RISARCIMENTO DEL DANNO EVENTUALMENTE DERIVATOGLI DAL REATO DI RIVELAZIONE DEL SEGRETO D'UFFICIO - Anche se soggetto offeso dal reato è la pubblica amministrazione (Cassazione Sezione Terza Civile n. 4040 del 23 aprile 1999, Pres. Iannotta, Rel. Segreto).
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Il 9 gennaio 1980 il quotidiano Il Messaggero ha pubblicato la notizia dell'invio a G.S. di una comunicazione giudiziaria concernente l'esistenza di indagini a suo carico per il reato di concussione. La comunicazione è pervenuta a G.S. nella tarda mattinata del 9 gennaio 1980 vale a dire dopo la pubblicazione della notizia sul quotidiano romano.
G.S. ha sporto denuncia contro ignoti per il reato di rivelazione di segreto di ufficio punito dall'art. 326 C.P. Ne è seguito un processo penale che si concluso con sentenza di proscioglimento contro ignoti emessa dal Pretore di Perugia nel dicembre del 1987.
G.S. è stato a sua volta assolto dall'imputazione di concussione di cui alla comunicazione giudiziaria, per non aver commesso il fatto. Conseguentemente, nel gennaio del 1991, egli ha promosso nei confronti della società editrice del quotidiano Il Messaggero, davanti al Tribunale di Roma, un processo civile per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni morali e materiali indicati in 200 milioni di lire per averlo diffamato a mezzo stampa e per aver violato il segreto istruttorio. In proposito G.S. ha fatto presente che certamente il giornale era venuto a conoscenza della comunicazione giudiziaria almeno un giorno prima che questa gli pervenisse.
Il Tribunale ha rigettato la domanda e la sua decisione è stata confermata dalla Corte d'Appello di Roma.
La Corte d'Appello ha affermato che per quanto concerne il risarcimento dei danni riconducibili al reato di rivelazione del segreto d'ufficio, doveva escludersi la legittimazione attiva di G.S., in quanto soggetto privato, laddove per questo reato l'unico soggetto offeso è la pubblica amministrazione, onde non è possibile prospettare un diritto al risarcimento del danno del singolo cittadino.
La Corte d'Appello ha inoltre escluso che comunque dalla rivelazione anticipata di qualche ora della comunicazione giudiziaria potesse essere derivato un danno. Essa ha anche ritenuto che il giornale non potesse essere condannato per diffamazione, in quanto aveva correttamente esercitato il diritto di cronaca dando notizia di un fatto vero e di interesse generale; infine ha ritenuto prescritto di diritto di G.S. al risarcimento.
La Suprema Corte (Sezione Terza Civile n. 4040 del 23 aprile 1999, Pres. Iannotta, Rel. Segreto), ha rigettato il ricorso di G.S. ma ha corretto la motivazione della sentenza d'appello, nella parte in cui aveva escluso il diritto del singolo cittadino di ottenere il risarcimento del danno riconducibile al reato di violazione del segreto d'ufficio.
La Suprema Corte ha affermato che occorre distinguere tra soggetto offeso dal reato e soggetto danneggiato dallo stesso. La persona offesa è esclusivamente il soggetto titolare del bene giuridico protetto o dell'interesse tutelato. Poiché nell'ipotesi di cui all'art. 326 C.P. il bene giuridico tutelato è esclusivamente il buon andamento della pubblica amministrazione, deve ritenersi che persona offesa sia esclusivamente l'amministrazione stessa; soggetto danneggiato dal reato - ha affermato la Cassazione - è invece chi dal fatto illecito, nel caso concreto abbia riportato un danno patrimoniale o non patrimoniale. Poiché può verificarsi il caso che un privato sia danneggiato dalla rivelazione del segreto d'ufficio, ove in concreto il danno sia accertato dovrà essere riconosciuto il suo diritto al risarcimento; peraltro, ha osservato la Suprema Corte, il Giudice d'appello in questo caso ha escluso con motivazione adeguata che la rivelazione anticipata di qualche ora della notizia dell'avvenuta comunicazione giudiziaria abbia potuto produrre un danno.
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