Legge e giustizia: sabato 20 aprile 2024

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L'IMITAZIONE PEDISSEQUA DI INIZIATIVE PROMOZIONALI PUŅ CONFIGURARE CONCORRENZA SLEALE NEI RAPPORTI TRA EDITORI DI GIORNALI - Per contrasto con i principi di correttezza professionale, desumibili anche dal "codice di autodisciplina pubblicitaria" (Cassazione Sezione Prima Civile n. 1259 del 15 febbraio 1999, Pres. Senofonte, Rel. Verucci).

 

Nel gennaio del 1989 la RCS Editoriale Quotidiani S.p.A. editrice del quotidiano "Corriere della Sera", ha lanciato un concorso a premi denominato "Replay - il gioco che ti rimette in gioco", che consentiva ai possessori di biglietti non vincenti di lotterie nazionali (in particolare della lotteria Italia) di partecipare a successive estrazioni dei biglietti medesimi effettuate dal quotidiano con il controllo dell'amministrazione finanziaria.
Nel gennaio del 1990 la società editrice del Giornale di Sicilia ha annunciato un'iniziativa promozionale denominata "Provaci ancora" costituita anch'essa da un concorso tra i lettori possessori di biglietti non vincenti di lotterie nazionali. La RCS ha reagito promuovendo nei confronti della S.p.A. Giornale di Sicilia Editoriale Poligrafica davanti al Tribunale di Palermo un giudizio diretto ad ottenere l'inibizione della prosecuzione dell'iniziativa "Provaci ancora", in quanto atto di concorrenza sleale e il risarcimento del danno; la RCS ha sostenuto che l'iniziativa del Giornale di Sicilia era in contrasto con i principi della correttezza professionale risultanti anche dal "codice di autodisciplina pubblicitaria" creato nel 1966.
Il Tribunale di Palermo, dopo la concessione da parte del giudice istruttore, di un provvedimento di urgenza a favore della RCS, ha dichiarato, con sentenza del febbraio ‘91, l'illegittimità dell'iniziativa promozionale lanciata della società editrice del Giornale di Sicilia, in base all'art. 2598 n. 3 cod. civ. che include fra gli atti di concorrenza vietati, perchè sleali, quelli non conformi ai "principi della correttezza professionale".
In grado di appello la Corte di Palermo, con sentenza del 27 novembre 1996, ha riformato integralmente la decisione del Tribunale, rigettando la domanda della RCS e condannandola al risarcimento del danno causato alla società Editoriale Poligrafica dal provvedimento di urgenza concesso nel giudizio di primo grado dal giudice istruttore.
La Corte ha affermato tra l'altro che l'attuazione, da parte dell'editore del Giornale di Sicilia, di un'attività promozionale analoga o quasi identica a quella svolta dalla RCS non poteva configurare un atto non conforme ai principi della correttezza professionale, essendo uso normale, per le società editrici dei maggiori giornali quotidiani nazionali, quello di promuovere le vendite con iniziative del tutto analoghe a quelle dei giornali concorrenti, quali l'offerta dei supplementi, audio e video cassette ecc.
La RCS è ricorsa in Cassazione censurando la decisione della Corte d'Appello, tra l'altro, per non avere considerato che l'imitazione pedissequa di un'iniziativa promozionale confliggeva con l'art. 13 del "codice di autodisciplina pubblicitaria", elaborato nel 1966 dalle categorie professionali secondo cui "deve essere evitata qualsiasi imitazione pubblicitaria servile anche se relativa a prodotti non concorrenti, specie se idonea a creare confusione con altra pubblicità".
La Suprema Corte (Sezione Prima Civile n. 1259 del 15 febbraio 1999, Pres. Senofonte, Rel. Verucci), ha accolto il ricorso, affermando che, nell'apprezzamento delle situazioni concrete rientranti nel divieto posto dall'art. 2598 n. 3 cod. civ., occorre avere riguardo non già alla mera prassi commerciale, ma piuttosto ai principi etici che governano l'attività degli appartenenti ad una categoria. La Cassazione ha ritenuto che la Corte d'Appello di Milano avrebbe dovuto prendere in esame la questione, sollevata dalla RCS, della violazione dell'art. 13 del "codice di autodisciplina pubblicitaria", le cui regole devono essere utilizzate come parametri di riferimento del principio di correttezza professionale. L'art. 2598 n. 3 cod. civ. - ha osservato la Corte - facendo riferimento ai principi di correttezza professionale, opera sostanzialmente un rinvio anche a parametri extra legislativi come quelli contenuti nel "codice di autodisciplina pubblicitaria".


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