Nella polemica in corso sui rapporti tra il potere politico e i giudici, i sostenitori della linea governativa affermano, tra l'altro, che la magistratura non è un potere ma una sorta di ordine professionale, traendo argomento dal testo dell'articolo 104 della Costituzione, secondo cui "la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere". Il riferimento del legislatore costituente alla indipendenza "da ogni altro potere" è sufficiente a dimostrare l'astrusità di questa teoria. La giustizia - afferma l'articolo 101 della Costituzione è amministrata "in nome del popolo" e non del ministro Guardasigilli o del presidente del Consiglio. Stupisce perciò che il presidente emerito della Corte Costituzionale Vincenzo Caianiello si sia unito ai sostenitori di una tesi che tende a degradare la magistratura, affermando, in un'intervista pubblicata dal quotidiano "Il Giornale " che "noi abbiamo un sistema in cui la magistratura è un ordine, non un potere". Eppure il presidente emerito dovrebbe ricordare che proprio la Corte Costituzionale ha ripetutamente riconosciuto alla magistratura il rango di "potere". Ciò è avvenuto in base all'articolo 134 della Costituzione che sancisce la competenza della Corte a pronunciare "sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato". Questo tipo di conflitti si è più volte verificato, quando ad esempio, il Parlamento ha approvato leggi "interpretative" tendenti a scavalcare le sentenze oppure ha fatto valere l'immunità di deputati e senatori per le opinioni espresse nell'esercizio delle loro funzioni. Molto noto è il conflitto di attribuzione sollevato dalla Camera dei Deputati nei confronti del Gip presso il Tribunale di Milano a tutela delle prerogative del deputato Previti. Nell'ordinanza del 14 aprile 2000 che ha dichiarato ammissibile il conflitto (poi risolto a favore della Camera) la Corte Costituzionale ha tra l'altro affermato:
Le decisioni della Corte Costituzionale sul caso Previti sono state ampiamente strumentalizzate dalle forze di governo per attaccare il Tribunale di Milano. Esse vengono però dimenticate quando si afferma che la magistratura non è un potere e che per questo il procuratore generale Borrelli dovrebbe stare zitto, anziché difendere, come ha fatto, la Costituzione repubblicana.
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