A completamento dell'ampia informazione data dalla stampa nazionale sull'azione giudiziaria promossa dal giornalista Michele Santoro contro la RAI ed altri, pubblichiamo il testo integrale dell'ordinanza depositata il 9 dicembre 2002 e del ricorso ex art. 700 c.p.c. in data 11 novembre 2002, con il quale è stato avviato il procedimento.
1) L'ordinanza
del Tribunale di Roma
TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
Sezione Lavoro 1° grado Il giudice designato, dr. Massimo Pagliarini sul ricorso ex art. 700 c.p.c. nel procedimento n. 258983 del Ruolo affari contenziosi civili dell'anno 2002, vertente
TRA
SANTORO Michele
(avv.ti Domenico d'Amati e Nicoletta d'Amati)
ricorrente
E
RAI - RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.p.A.
(avv.ti Matteo Dell'Olio e Oberdan Tommaso Scozzafava)
convenuto
NONCHE'
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
(Avvocatura Generale dello Stato)
convenuto
E
BALDASSARRE Antonio, ALBERTONI Ettore Adalberto, STADERINI Marco, SACCA'Agostino
(avv.ti Matteo Dell'Olio, Oberdan Tommaso Scozzafava e Carlo Mirabile, quest'ultimo solo per il convenuto Staderini)
convenuti
sciogliendo la riserva formulata all'udienza del 4 dicembre 2002, ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
Con ricorso ex art. 700 c.p.c., depositato in data 11.11.2002, Michele Santoro esponeva che: quale giornalista professionista, aveva sempre realizzato, dal 1986 al 2002, programmi televisivi di approfondimento dell'informazione sui principali temi di attualità diffusi in prima serata (quali Samarcanda, Rosso e Nero, Tempo Reale, Moby Dick, Raggio Verde, Sciuscià Edizione Straordinaria) e trasmissioni di reportage. Per la realizzazione di tali programmi aveva sempre avuto a disposizione un gruppo di lavoro composto da circa trenta collaboratori, tra giornalisti e tecnici, nonché una redazione composta di vari locali, alcune salette attrezzate per il montaggio e per la grafica nonché alcune troupes di ripresa. Aveva lavorato in piena autonomia decisionale e si era rapportato direttamente ai vertici aziendali; tale attività era stata svolta alle dipendenze della RAI S.p.A. dal 1986 all'agosto 1996 e successivamente dal settembre 1999 all'agosto 2002; nel periodo tra settembre 1996 ed agosto 1999 aveva svolto tale attività alle dipendenze del Gruppo Mediaset dove era stato assunto a tempo indeterminato, insieme con i suoi più stretti collaboratori, con le mansioni di direttore responsabile della testata Moby Dick e di realizzatore e conduttore di programmi televisivi di approfondimento dell'informazione di attualità e di programmi di reportage; nei primi mesi del 1999 il Direttore generale della RAI gli aveva proposto di ritornare a lavorare per il servizio pubblico, a tempo indeterminato, offrendogli peraltro una retribuzione inferiore a quella percepita alle dipendenze del Gruppo Mediaset; egli aveva subordinato l'accettazione della proposta alla condizione che la RAI gli garantisse, oltre alla qualifica ed al trattamento economico e normativo di direttore di testata, la sua stabile utilizzazione come realizzatore e conduttore di programmi televisivi di approfondimento dell'informazione di attualità e di programmi di reportage, rispettivamente in prima e seconda serata, con cadenza settimanale ed inserimento nel palinsesto da settembre a maggio; la diffusione dei suoi programmi sulla rete principale della emittenza pubblica, e cioè Raiuno; la sua collocazione alle dirette dipendenze del Direttore generale, salvo il coordinamento con le esigenze del Direttore di rete; l'assunzione a tempo indeterminato e l'assegnazione ai suoi programmi del gruppo di collaboratori che avevano lavorato con lui presso Mediaset; l'assegnazione altresì di circa trenta collaboratori tra giornalisti, programmisti, registi e tecnici, da assumere annualmente con contratto di lavoro subordinato a termine o con contratto di scrittura; la Rai aveva accettato tali condizioni, essendo stata in particolare concordata tra le parti la realizzazione di un programma di approfondimento dell'informazione da diffondere in prima serata sulla rete Raiuno per venti puntate l'anno e di un programma di reportage da diffondere in seconda serata nella stessa rete con il titolo di Sciuscià, secondo una formula da lui ideata nel precedente periodo di lavoro alle dipendenze della Rai; in virtù di tali accordi, la Rai lo aveva assunto, con contratto del 14.4.1999 a tempo indeterminato con la qualifica di direttore giornalistico ad personam nell'ambito della Divisione TV Canali 1 e 2 presso Raiuno e con previsione di specifici compensi per ogni puntata del programma di prima serata e del reportage Sciuscià; la Rai aveva altresì assunto a tempo indeterminato i collaboratori da lui indicati, che gli erano stati assegnati unitamente a due giornalisti già dipendenti dell'azienda e ad altri quindici collaboratori tra giornalisti, programmisti registi e tecnici, assunti ogni anno con contratto a termine o con contratti di scrittura; nel complesso, il gruppo di lavoro impegnato nella realizzazione dei suoi programmi era composto da circa 45 collaboratori, di cui 15 tra operatori e montatori e con 5 troupes di ripresa che lavoravano in una redazione di Via Teulada composta da circa 10 locali e munita di tre salette attrezzate per il montaggio e per la grafica; nella stagione 1999/2000, i suoi programmi erano stati trasmessi su Raiuno e successivamente, per ragioni di palinsesto e ferma restando la sua assegnazione alla Divisione 1, aveva concordato con la Direzione generale dell'azienda il suo passaggio su Raidue insieme con il gruppo di lavoro; dalla stipula del contratto aveva realizzato gli indicati programmi di prima serata, la cui messa in onda era avvenuta da settembre-ottobre fino al mese di maggio dell'anno successivo, mentre i periodi di programmazione dei reportage venivano concordati di anno in anno con il Direttore di rete; tutti i programmi realizzati avevano ottenuto successi di pubblico e di critica, con conseguenti introiti pubblicitari in favore dell'azienda; durante la campagna elettorale per le elezioni politiche del maggio 2001 egli era stato fatto oggetto di esposti da parte di alcuni esponenti del partito di Forza Italia per pretese violazioni delle regole sulla par condicio, con particolare riferimento ad alcune puntate del programma Il Raggio Verde ed a seguito del procedimento incardinato presso l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni era stata applicata nei confronti dell'azienda una sanzione pecuniaria, con un provvedimento attualmente sottoposto al vaglio della giurisdizione amministrativa; nella stagione televisiva successiva alla vittoria, nelle elezioni politiche del maggio 2001, della coalizione di centro-destra, egli aveva realizzato i programmi di prima serata, affrontando tematiche di stretta attualità e di politica interna; in vista della nomina del nuovo Consiglio d'Amministrazione della Rai, il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, nel corso di una conferenza stampa tenutasi in occasione della sua partecipazione al vertice dei paesi europei svoltasi a Caceres, in Spagna, in data 9.2.2002, aveva detto che in occasione delle ultime elezioni politiche la Rai aveva attentato alla democrazia, precisando che nel marzo 2001 cominciò l'offensiva della Rai di Zaccaria con i suoi Travaglio, i suoi Santoro, i suoi Biagi, con tutta quella falsa satira che invece era un'azione volta a demolire l'immagine del leader dell'opposizione ...; in data 26.2.2002 erano stati nominati i nuovi componenti del Consiglio di Amministrazione della Rai, nella persona di Antonio Baldassarre, Marco Staderini ed Ettore Albertoni - designati dai partiti della coalizione governativa - e di Carmine Donzelli e Luigi Zanda - designati dai partiti di opposizione; in data 19.3.2002 il Consiglio, con il voto dei tre membri indicati dalla maggioranza, aveva nominato Direttore generale Agostino Saccà, il quale in una intervista al Corriere della Sera, aveva dichiarato di votare per Forza Italia insieme con tutta la sua famiglia; intervenendo al congresso del partito Alleanza Nazionale svoltosi a Bologna il 5.4.2002, il Presidente del Consiglio aveva dichiarato che nella futura Rai non ci saranno un Santoro, un Biagi, un Luttazzi di centrodestra che attaccheranno la sinistra. Non useremo in modo criminoso la televisione pubblica pagata con i soldi di tutti ... La televisione pubblica è stata occupata militarmente dalla sinistra e lo è ancora oggi e solo fra una settimana ci sarà un cambiamento ....; durante la conferenza stampa conclusiva della sua visita ufficiale in Bulgaria, il Presidente del Consiglio, in data 18.4.2002, aveva dichiarato che ho già avuto modo di dire che Santoro, Biagi e Luttazzi hanno fatto un uso della televisione pubblica, pagata con i soldi di tutti, criminoso; credo che sia un preciso dovere della nuova dirigenza Rai di non permettere più che questo avvenga; ed alle domande dei giornalisti che gli avevano chiesto se ciò significava un allontanamento delle tre persone indicate, lo stesso Presidente del Consiglio aveva risposto che ove cambiassero nulla ad personam, ma siccome non cambieranno .., aggiungendo che il costo economico della eventuale risoluzione del contratto con Michele Santoro non era un suo problema; a seguito di tali dichiarazioni, il Presidente del Consiglio di Amministrazione della Rai Baldassarre, in una seduta della Commissione Parlamentare per la Vigilanza dei servizi radiotelevisivi del 23.4.2002, aveva definito Enzo Biagi e Michele Santoro un patrimonio professionale del servizio pubblico, aggiungendo che l'azienda farà di tutto per non privarsi del loro apporto come giornalisti; mentre nella stessa seduta il Direttore generale Saccà aveva invece affermato che le dichiarazioni del Presidente del Consiglio Berlusconi dovevano ritenersi giustificate da quanto accaduto nel servizio pubblico durante la campagna elettorale dell'anno precedente; in una successiva dichiarazione del 22.6.2002, durante una missione ufficiale a Siviglia, il Presidente del Consiglio Berlusconi aveva ribadito la incompatibilità di Michele Santoro con il nuovo orientamento della Rai ed il giorno successivo, nei palinsesti presentati dall'azienda a Cannes per la pianificazione delle campagne pubblicitarie della stagione 2002/2003, i programmi di Enzo Biagi e Michele Santoro non erano stati inseriti; in un intervento pubblico svolto a Firenze il 28.6.2002, il Presidente Baldassarre aveva dichiarato che trasmissioni faziose come quelle di Santoro ci sono in Venezuela, in un paese civile non si fanno. Santoro se lo deve mettere in testa ... lui è un dipendente Rai e come tale dovrebbe comportarsi. Vorrei che Santoro lavorasse nel rispetto delle regole democratiche di un paese civile; dopo tali dichiarazioni, vi era stato da parte del Presidente Baldassare e del Direttore generale Saccà un alternarsi di ulteriori dichiarazioni e di ulteriore corrispondenza, dalla quale emergeva la volontà dell'azienda, ora di continuare ad utilizzare la sua opera, ora di volersene privare; apparendo, in particolare, il Presidente Baldassarre fautore di una linea c.d. trattativista, ed il Direttore generale Saccà, fautore di una linea più intransigente; con lettera del 5.8.2002 la Rai aveva aperto nei suoi confronti un procedimento disciplinare contestandogli, con riferimento alla puntata di Sciuscià Edizione Straordinaria del 24.5.2002, di aver tenuto un comportamento non conforme alle direttive impartitegli, disattendendo i criteri di pluralismo, imparzialità, correttezza ed obiettività dell'informazione; e con riferimento alla puntata del programma Sciuscià del 16.7.2002, dedicata all'emergenza idrica in Sicilia, di non aver rispettato gli obblighi di imparzialità e correttezza e di aver affrontato temi di particolare delicatezza con modalità e forme espressive non in linea con i criteri del servizio pubblico televisivo; di fronte a tali contestazioni, egli si era difeso con nota del 7.8.2002 ed era stato sentito in audizione del 9.9.2002; il procedimento si era concluso in data 7.10.2002, con l'irrogazione della sanzione disciplinare della sospensione per quattro giorni dal lavoro e dalla retribuzione; nella seduta della Commissione Parlamentare di Vigilanza del 18.9.2002, il Presidente Baldassarre aveva dichiarato che era stata respinta dal Consiglio la richiesta dei consiglieri di "minoranza" di far riprendere le trasmissioni del programma Sciuscià nella stessa posizione, alla stessa ora e nello stesso canale e che il Consiglio stesso aveva affidato al Direttore generale il compito di sondare il Direttore di Raitre per trovare lo spazio per un programma di informazione politica o di attualità da affidare a Michele Santoro; che vi era stata la disponibilità del Direttore di Raitre, a condizione però di un aumento di budget da parte dell'azienda in favore della rete; nella stesa seduta della Commissione Parlamentare il Direttore generale Saccà aveva dichiarato che esistevano problemi per l'inserimento nei palinsesti di un programma di Michele Santoro, il quale comunque stava lavorando per la realizzazione del programma "Donne"; successivamente, il Direttore di Raitre aveva confermato la sua disponibilità ad utilizzare Michele Santoro nel 2003, senza aumento di budget, e di attendere un sì o un no dai vertici; successivamente vi era stato uno scambio epistolare con l'ufficio legale dell'azienda, attraverso il quale egli aveva ribadito lo stato di forzata inattività, precisando che il programma "Donne" - attività peraltro del tutto marginale rispetto a quella che gli competeva per legge e per contratto - non era mai stato a lui affidato, avendo collaborato all'edizione delle cinque puntate previste, regolarmente ultimate e non da lui firmate perché non ne era l'autore, né il conduttore; nella seduta del Consiglio di Amministrazione dell'azienda del 30.10.2002, il Direttore generale aveva escluso la possibilità di utilizzare e impiegare Michele Santoro; l'ultima sua attività espletata era stata svolta nella prima metà di settembre ed era consistita nella collaborazione all'edizione del programma "Donne", ideato, realizzato e condotto, su incarico del precedente Direttore di Raidue, dalla giornalista Costamagna; detto programma, in cinque puntate, era andato in onda nell'ottobre del 2002; nel mese di ottobre 2002 la redazione di Sciuscià era stata privata delle linee telefoniche, dell'archivio di dieci anni di trasmissioni e dei computers; tre stanze su cinque erano state assegnate alla redazione di altri programmi, unitamente alle salette di montaggio e di grafica; nessuno dei contratti a termine era stato rinnovato e i due giornalisti già dipendenti Rai, distaccati presso la sua redazione, erano stati reinseriti nelle testate di provenienza; infine, egli era stato privato dell'uso dell'auto aziendale, attribuitagli fin dall'aprile del 1999, in quanto direttore giornalistico; rispondendo al Presidente della Commissione Parlamentare, il Presidente Baldassarre, in data 5.11.2002, aveva comunicato che le posizioni dei giornalisti Enzo Biagi e Michele Santoro erano all'attenzione del Direttore generale, al quale spettava la trattativa relativa alla stipula dei contratti allo stato, egli era privo di ogni incarico, in condizioni di forzata inoperosità.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Tutto ciò premesso in fatto, il ricorrente - ritenuto in diritto illegittimo il comportamento dell'azienda che aveva determinato un suo demansionamento, nonché illegittimo il comportamento tenuto personalmente da Silvio Berlusconi, Antonio Baldassarre, Marco Staderini, Ettore Albertoni ed Agostino Saccà ed argomentando sia sul fumus che sul periculum - ha chiesto al giudice: a) di ordinare alla RAI - Radiotelevisione Italiana S.p.A. di adibirlo all'attività lavorativa come realizzatore e conduttore di programmi televisivi di approfondimento dell'informazione nonché di programmi di reportage, e segnatamente dei programmi televisivi Sciuscià Edizione Straordinaria e Sciuscià, con le mansioni svolte nonché con le modalità e la collocazione attuate nella stagione televisiva 2001/2002; b) di ordinare a Silvio Berlusconi, Antonio Baldassarre, Ettore Adalberto Albertoni, Marco Staderini e Agostino Saccà di astenersi da qualsiasi atto diretto ad impedire il suo impiego presso la RAI, con gli incarichi, le mansioni e le modalità di cui sub a); c) di adottare ogni altro provvedimento cautelare idoneo a tutelare i suoi diritti e la sua personalità; d) di disporre la pubblicazione dell'emanando provvedimento, a spese dei convenuti, mediante inserzione su tre giornali quotidiani a diffusione nazionale, nonché mediante comunicati da diffondersi in tutte le edizioni dei telegiornali della RAI.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Con deposito di memoria difensiva si costituiva in giudizio la RAI - Radiotelevisione Italiana S.p.A., la quale contestava la ricostruzione dei fatti operata dal ricorrente e la interpretazione da questi proposta delle pattuizioni intervenute tra le parti. In particolare, deduceva che: nella delibera del Consiglio di Amministrazione dell'azienda dell'8.4.1999, di autorizzazione all'assunzione del ricorrente, precedente alla stipula del contratto, non vi era riferimento alcuno al programma Sciuscià, né allo staff rivendicato come diritto, né alla messa in onda dei programmi sulle principali reti televisive Rai, né infine alla loro collocazione nella fascia oraria di maggiore importanza; nel contratto stipulato tra le parti vi era il riferimento ad un'attività normale, e ad un'attività eccezionale o ulteriore, per la quale il ricorrente avrebbe percepito una particolare remunerazione, non essendosi la Rai impegnata, e neppure limitata, a far svolgere al ricorrente esclusivamente il programma Sciuscià o programmi di prima serata, essendo quest'ultima contemplata dal contratto come speciale; il ricorrente era stato assunto con la qualifica di Direttore giornalistico ad personam, con la conseguenza che le mansioni da svolgere - non però nelle testate dove vi era già un Direttore giornalistico - dovevano avere ad oggetto programmi di approfondimento di rete e tutti i generi previsti dall'art. 2 del contratto di servizio con il Ministero delle comunicazioni, e quindi anche quelli di storia recente, purchè di approfondimento e di taglio culturale; il ricorrente, tutt'altro che inoperoso, se non per sua scelta, aveva "ritirato la firma" al programma "Donne" ed aveva rifiutato e rifiutava tuttora di effettuare la realizzazione del docudrama su Salvatore Giuliano, per il quale in precedenza, e con il suo consenso, era stato previsto uno stanziamento in denaro. La Rai aggiungeva che non potevano essere trascurate le difficoltà in cui il datore di lavoro - nella fase di ridefinizione del palinsesto e di avvicendamento dei programmi - poteva trovarsi, sia pure temporaneamente, nell'impiego di professionalità delle quali non voleva privarsi, ribadendo che l'azienda elaborava ed attuava le proprie strategie imprenditoriali in piena autonomia dal potere politico e che le difficoltà di collocazione del Santoro erano state acuite dagli ammonimenti e dalle sanzioni cui il comportamento dello stesso l'aveva esposta da parte dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. La Rai chiedeva pertanto il rigetto della domanda cautelare. Con deposito di memoria difensiva si costituiva in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la quale in via preliminare eccepiva la nullità della notifica del ricorso introduttivo eseguita presso la Presidenza stessa, in Palazzo Chigi, e non invece presso l'Avvocatura Generale dello Stato; la improcedibilità del ricorso cautelare, essendo il procedimento per il tentativo obbligatorio di conciliazione ex art. 410 c.p.c., ancora in corso. Nel merito, osservava che il giudizio cautelare intrapreso dal Santoro riguardava il rapporto contrattuale tra le parti, sicchè non era possibile introdurre domande estranee a detto rapporto e coinvolgere terzi estranei al rapporto stesso; aggiungeva che la Rai era giuridicamente autonoma dalla Presidenza del Consiglio; che le dichiarazioni dalle quali traeva origine la presente controversia dovevano comunque essere ritenute espressione del diritto di cui all'art. 21 Cost. e che se comunque l'azienda, datore di lavoro del ricorrente, avesse ritenuto di conformare i propri comportamenti alle opinioni politiche altrui, era solo nei confronti dell'azienda stessa che il Santoro, ritenutosi leso, avrebbe potuto attivarsi in sede giudiziale. Aggiungeva ancora che con le dichiarazioni denunciate, il Presidente del Consiglio si era limitato a criticare l'uso, da lui non condiviso, del mezzo televisivo fatto da vari giornalisti tra i quali il ricorrente, auspicando che la nuova dirigenza dell'azienda non lo consentisse più per il futuro, ed invocando non il demansionamento del Santoro, ma la cessazione del ritenuto abuso. Rilevava ancora l'inammissibilità della domanda cautelare proposta nei suoi confronti, poiché con essa si chiedeva di inibire al Presidente del Consiglio il compimento di atti diretti ad impedire l'esecuzione del provvedimento cautelare richiesto nei confronti della Rai, sicchè i detti comportamenti elusivi, ove mai effettivamente intervenuti, dovevano caso mai essere sottoposti al vaglio del giudice solo dopo il loro compimento e non prima. Contestava, infine, la sussistenza del requisito del periculum. Con separate, ma identiche memorie difensive, si costituivano in giudizio gli altri quattro convenuti, i quali eccepivano il proprio difetto di legittimazione passiva, in quanto nella loro qualità (Presidente del Consiglio di Amministrazione dell'azienda, Consiglieri e Direttore generale) avevano espresso una volontà non già a titolo personale, ma allo scopo di consentire la formazione e l'attuazione della volontà di altro soggetto, e cioè del soggetto da loro amministrato. Le pretese del ricorrente, pertanto, potevano essere fatte valere solo nei confronti della Rai, la cui difesa peraltro veniva da loro fatta propria. All'udienza del 26.11.2002 veniva acquisita documentazione, venivano sentiti il ricorrente, il procuratore speciale della Rai ed il procuratore speciale del Presidente del Consiglio di Amministrazione, dei Consiglieri e del Direttore generale dell'azienda e veniva discussa oralmente la causa dai difensori delle parti. Alla successiva udienza del 4.12.2002, acquisita ulteriore documentazione, sentiti nuovamente il ricorrente ed il procuratore speciale del Presidente del Consiglio di Amministrazione, dei Consiglieri e del Direttore generale, completata la discussione orale, il giudice riservava la decisione.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Sulla domanda cautelare proposta nei confronti della RAI - Radiotelevisione Italiana S.p.A. A fronte delle deduzioni del ricorrente di aver sempre svolto e realizzato nella sua carriera - ancor prima della stipula del contratto con la Rai del 14.4.1999 - programmi televisivi di approfondimento dell'informazione sui principali temi di attualità e di essere invece attualmente, a seguito delle vicende sopra riportate, senza incarico alcuno, la Rai sostanzialmente non ha negato l'attuale inoperosità del Santoro, ma ha affermato che: il ricorrente non può pretendere di svolgere, realizzare e condurre programmi di approfondimento dell'informazione, nonché programmi di reportage - segnatamente i programmi televisivi Sciuscià Edizione Starordinaria e Sciuscià -con le modalità e la collocazione attuate nella stagione televisiva 2001/2002, in quanto il contratto concluso tra le parti non lo prevedeva, dovendo la sua attività lavorativa avere ad oggetto i programmi di approfondimento di rete e tutti i generi previsti dall'art. 2 del contratto di servizio tra la Rai ed il Ministero delle comunicazioni; l'attuale inoperosità del Santoro dipende da una sua scelta personale, dal momento che ha "ritirato" la firma al programma Donne ed ha rifiutato e rifiuta tuttora lo svolgimento del docudrama su Salvatore Giuliano, per il quale in precedenza, e con il suo consenso, era stato già previsto uno stanziamento in denaro. Ora, contrariamente a quanto sostenuto dalla Rai, non sembra che dalla lettura del contratto possa evincersi che le parti abbiano inteso differenziare e distinguere le prestazioni lavorative del Santoro in una attività normale accanto ad una speciale, consistente quest'ultima nella realizzazione del programma Sciuscià e nella realizzazione di speciali di prima serata. Il contratto del 14.4.1999 stipulato tra le parti recepisce pienamente i termini di un precedente accordo del 27.3.1999 tra il Santoro stesso e l'allora Direttore generale dell'azienda (cfr. doc. 1 di parte ricorrente), ma soprattutto segue la delibera di assunzione del Consiglio di Amministrazione dell'azienda dell'8.4.1999 (in favore del ricorrente e di Alessandro Ruotolo, rispettivamente Direttore e Vicedirettore giornalistico) che, nelle premesse, considera che la caratterizzazione e lo sviluppo dell'offerta televisiva di approfondimento informativo richiedono sempre più di avvalersi di consolidate professionalità. Il riferimento operato dalla delibera di assunzione, richiamata dal successivo contratto, alle consolidate professionalità nell'ambito dell'approfondimento informativo, è pertanto già molto significativo sulla reale volontà manifestata dalla Rai di assegnare al ricorrente (ed al suo collega Ruotolo) le mansioni e le attività per le quali era (ed è) caratterizzata la sua formazione professionale. A questo riguardo, costituisce fatto notorio - oltre che circostanza dimostrata dalla copiosa documentazione prodotta - che il ricorrente, insieme ad un numeroso staff di colleghi giornalisti e tecnici, ha sempre svolto, ancor prima dell'assunzione in Rai del 1999, l'attività di realizzatore e conduttore di programmi televisivi di approfondimento dell'informazione sui principali temi di attualità, e ciò sia presso il Gruppo Mediaset (dal settembre 1996 all'agosto del 1999) quale direttore della testata Moby Dick, sia in precedenza sempre in Rai (per un decennio che va dal 1986 al 1996), quale realizzatore dei noti programmi Samarcanda, Rosso e Nero e Tempo Reale. La lettura dei titoli delle singole puntate settimanali di tali trasmissioni consente di affermare che oggetto di esse era l'approfondimento televisivo di argomenti di stretta e strettissima attualità, politica e non solo. La specifica competenza di Michele Santoro, ovvero la consolidata professionalità di cui alla citata delibera del Consiglio di Amministrazione della Rai dell'8.4.1999, riguarda pertanto proprio questa attività di realizzatore e conduttore di programmi televisivi di approfondimento dell'informazione sui temi di stretta attualità, attraverso una collaudata formula basata sulla discussione di essi con politici, giornalisti e rappresentanti di associazioni, ospiti in studio, interviste, sondaggi fra il pubblico e filmati documentari. Ma al di là di quello che si legge nel contratto e nella delibera di assunzione, che la volontà della Rai fosse stata proprio quella di assumere il ricorrente ed il suo staff per realizzare sulla più importante rete televisiva pubblica i detti programmi di approfondimento dell'informazione si ricava dall'esame del concreto ed effettivo svolgimento del rapporto, delle prestazioni effettivamente rese e del concreto atteggiamento delle parti. Ed infatti, a partire dalla stagione televisiva 1999/2000 (la prima successiva alla stipula del contratto), Michele Santoro ha realizzato e condotto una serie di programmi di prima serata (Circus, Il Raggio Verde, Sciuscià Emergenza Guerra e Sciuscià Edizione Straordinaria) che hanno avuto ad oggetto proprio l'approfondimento con cadenza settimanale dell'informazione sui principali temi di attualità (è sufficiente, al riguardo, ricordare i titoli di alcune puntate aventi ad oggetto l'approfondimento di temi quali, per citarne solo alcuni, la guerra, l'attentato terroristico alle Torri gemelle, il conflitto arabo-israeliano, le elezioni italiane e quelle americane, la cronaca politica e quella giudiziaria, le proposte di modifica legislativa sui temi del lavoro, l'inquinamento ambientale); Ciò detto, costituisce fatto notorio - oltre che circostanza documentalmente provata - che al termine della stagione televisiva 2001/2002 al ricorrente non sia stata più affidata la realizzazione di tali programmi di approfondimento e che la relativa intera struttura di supporto sia stata sostanzialmente eliminata. A questo punto, la difesa della Rai non nega la circostanza, ma sostiene che il Santoro ha continuato a lavorare per il programma Donne e che lo stesso avrebbe rifiutato, e si rifiuterebbe tuttora, di realizzare il propostogli docudrama su Salvatore Giuliano. Su tali rilievi, occorre fare le seguenti osservazioni. Quanto al programma Donne, dedicato all'approfondimento di temi e problemi della condizione femminile, esso è stato ideato all'inizio della stagione televisiva 2001/2002 ed affidato alla giornalista Luisella Costamagna; si è trattato di 5 speciali curati dalla stessa Costamagna e realizzati dalla componente femminile dello staff di Santoro, il quale ne ha curato l'edizione fino al maggio del 2002. Tale programma è comunque concluso, essendo gli speciali andati in onda su Raidue in seconda serata nello scorso mese di ottobre. Pertanto, a prescindere da quanto si dirà in seguito sotto il profilo dell'equivalenza delle mansioni e quindi a prescindere dall'esame del livello qualitativo e quantitativo dell'impegno richiesto al Santoro per l'edizione di tale programma, essendo lo stesso oramai terminato, non può essere considerato elemento idoneo a neutralizzare il denunciato attuale demansionamento del ricorrente. Per quanto riguarda il docudrama su Salvatore Giuliano, va preliminarmente osservato che il termine tecnico docudrama, risultante dalla contrazione di documentary - drama, designa uno sceneggiato o un film per la televisione ispirato a fatti realmente accaduti, in cui i personaggi mantengono le loro reali identità (cfr. la relativa voce della Garzantina a cura di Aldo Grasso, prodotta in atti). La sola lettura di tale definizione consente pertanto di riscontrare l'evidente e chiara diversità tra tale tipo di programma e quelli di cui si è sempre occupato Michele Santoro. Va poi aggiunto che l'idea di tale programmazione è nata dallo stesso Santoro fin dall'ottobre 2000, con la realizzazione di cinque puntate di fiction sulla vicenda che ha avuto protagonista Salvatore Giuliano, più una o due puntate di talk (cfr. lettera del 17.10.2000). Secondo il procuratore speciale dei convenuti, tale programma, per il quale è stato previsto uno stanziamento di budget, potrebbe essere collocato in prima serata, per quanto riguarda la fiction, ed in seconda serata ed anche in giorni diversi, per quanto riguarda il talk. Ora a prescindere dai tempi di realizzazione e di messa in onda di tale docudrama, sui quali non vi è stata alcuna indicazione, appare decisiva la circostanza che per attività, per visibilità e per quantità di impegno, il programma proposto può essere al più considerato analogo ad una attività aggiuntiva e complementare a quelle da sempre svolte dal Santoro ed attinente più alla ricostruzione storica che all'approfondimento giornalistico dell'informazione di attualità. Non è un caso, infatti, che l'idea di tale programma, proveniente come detto dallo stesso Santoro, è nata in un periodo in cui lo stesso ricorrente svolgeva la sua specifica attività di realizzatore e conduttore dei programmi di approfondimento dell'informazione sui temi di attualità, dovendosi evincere dalla stessa citata lettera del 17.10.2000 che l'impegno concernente il docudrama si dovesse accompagnare ed aggiungere alla ordinaria attività di approfondimento dell'informazione sull'attualità, ma non sostituirsi ad essa. Al riguardo, comunque, devono essere richiamati i principi che la giurisprudenza ha affermato in tema di giudizio di equivalenza delle mansioni e di accertamento comparativo delle stesse. In particolare, si è affermato - in base a consolidati e condivisibili orientamenti - che occorre accertare che le nuove mansioni siano aderenti alla specifica competenza del dipendente, salvaguardandone il livello professionale acquisito e garantendo lo svolgimento e l'accrescimento delle sue capacità (da ultimo, Cass. 2.10.2002, n.14150); che le nuove mansioni non pregiudichino il dipendente, importando la dispersione del corredo delle nozioni e delle esperienze acquisite nello specifico settore (cfr. Cass. 21.7.2000, n.9623); che il divieto di variazione in pejus delle mansioni opera tenendo conto non solo di una riduzione qualitativa, ma anche quantitativa di esse (cfr. Cass. 16.6.2002, n.7967). A ciò va aggiunto che nello specifico settore del lavoro giornalistico televisivo il giudizio di equivalenza tra vecchie e nuove mansioni va svolto tenendo conto che la professionalità di un giornalista addetto alla realizzazione e alla conduzione di programmi di approfondimento dell'informazione di stretta attualità è da individuarsi non solo con riguardo al bagaglio di nozioni ed esperienze tecniche, ma anche con aspetti legati alla visibilità, che costituiscono -come già affermato in un precedente analogo di questo Tribunale - estrinsecazione di una specifica capacità di confrontarsi con i problemi della diretta televisiva e con quella di comunicare con l'immagine propria le informazioni (cfr. Tribunale di Roma 20.3.2001, nella causa Rai/Cancellieri). Il predetto principio vale ancor più, tenuto conto della figura professionale e della notorietà di Michele Santoro, della rilevanza e dell'importanza dei suoi programmi e del successo di pubblico sempre ottenuto (la media dello share di 33 puntate in prima serata nella stagione televisiva 2001/2002 è stata del 18%, superiore a quello medio di Raidue nella corrispondente fascia oraria: cfr. doc n. 5 di parte ricorrente). In base a quanto sopra esposto, tenuto conto delle specifiche mansioni da sempre espletate dal ricorrente e della specifica competenza dello stesso in relazione alla realizzazione e alla conduzione dei programmi di approfondimento dell'informazione su temi di stretta e strettissima attualità; tenuto conto della sua rimozione dalla realizzazione e dalla conduzione dei predetti programmi, al termine della stagione televisiva passata; tenuto conto dell'attuale incontestata inoperosità dello stesso, in relazione anche alla circostanza che il programma Donne (alla cui edizione il Santoro ha collaborato fino al maggio 2002) è oramai concluso; tenuto conto che le mansioni propostegli dalla Rai e consistenti nella realizzazione del docudrama su Salvatore Giuliano non appaiono per nulla equivalenti, sotto il profilo quantitativo e qualitativo ed in virtù dei sopra richiamati principi giurisprudenziali in materia, a quelle svolte in precedenza (e a prescindere dalla circostanza che il programma è ancora "da fare", come riferito dal procuratore speciale dei convenuti); tenuto conto di tutto ciò, può ritenersi pienamente consumata da parte della Rai la violazione dell'art. 2103 c.c. Accertato il demansionamento del Santoro, appare in questa sede cautelare irrilevante esaminarne i reali motivi, così come dedotti dalla difesa del ricorrente, l'approfondimento dei quali potrà eventualmente essere oggetto del successivo giudizio di merito.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Sussiste anche il secondo dei requisiti richiesti per l'invocata tutela d'urgenza (il periculum), rispetto al quale, peraltro, la difesa della Rai nulla ha replicato. Come già affermato in analoghi precedenti di questo Tribunale, con motivazioni pienamente condivisibili, nel settore del giornalismo televisivo di informazione, la professionalità acquisita dal dipendente, una volta lesa da un demansionamento, non trova forme di ristoro in provvedimenti successivi a contenuto patrimoniale, in quanto questi ultimi non assicurano al dipendente stesso il ripristino di quelle condizioni di credibilità professionale, di integrità dell'immagine, di tecnico-specialista dell'informazione, che trovano fondamento anche nel rapporto diretto - a mezzo dell'immagine di colui che rende l'approfondimento informativo - con i fruitori dell'informazione. Nel caso di specie, la professionalità del Santoro nei termini sopra specificati, il suo diritto a lavorare come realizzatore e conduttore di programmi televisivi di approfondimento dell'informazione su temi di stretta attualità seguiti da un vasto pubblico, il suo diritto di non perdere il patrimonio professionale acquisito anche attraverso le predette forme di visibilità televisiva, corrono il concreto rischio di venire irrimediabilmente compromessi durante il tempo occorrente per far valere in via ordinaria i suoi diritti. Per le ragioni esposte, in accoglimento della domanda di cautela avanzata dal ricorrente, deve essere ordinato alla Rai - Radiotelevisione Italiana S.p.A. di adibire Michele Santoro alle mansioni di cui al contratto del 14.4.1999, così come effettivamente svolte ed esercitate in concreto, ovvero alla realizzazione e alla conduzione di programmi televisivi di approfondimento dell'informazione di attualità. Deve di conseguenza essere fissato il termine per l'inizio del giudizio di merito che dovrà statuire anche sulle spese della presenta fase cautelare.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Sulla domanda cautelare proposta nei confronti degli altri convenuti. Con l'ulteriore domanda cautelare, il ricorrente ha chiesto al giudice di ordinare a Silvio Berlusconi, Antonio Baldassarre, Ettore Adalberto Albertoni, Marco Staderini ed Agostino Saccà di astenersi da qualsiasi atto diretto ad impedire l'impiego del ricorrente presso la Rai con gli incarichi, le mansioni e le modalità di cui alla precedente richiesta di cautela. Sul punto - a prescindere dall'esame di tutte le questioni preliminari in ordine alla notifica del ricorso, alla legittimazione passiva e alla eccepita inammissibilità della richiesta - deve essere fatta una distinzione per singole posizioni. Quanto a Silvio Berlusconi - indipendemente dalla valutazione della domanda, ed in particolare se essa è proposta nei suoi confronti quale Presidente del Consiglio ovvero quale esponente politico e quindi quale singolo - va osservato che la difesa del ricorrente si duole sostanzialmente di due dichiarazioni rese dallo stesso, la prima a Bologna il 5.4.2002, e la seconda a Sofia il successivo 18.4.2002, che avrebbero determinato la decisione della Rai di rimuoverlo dalla realizzazione e dalla conduzione dei programmi svolti fino alla conclusione della stagione televisiva 2001/2002 e di estrometterlo dai palinsesti dell'azienda per quella successiva. Ora a prescindere dall'esame della ricostruzione giuridica prospettata (si tratterebbe di lesione del credito da parte di un terzo), si può brevemente considerare che è carente il requisito dell'attualità della condotta da inibire. Le dichiarazioni denunciate sono dell'aprile di quest'anno e non sono stati evidenziati e dedotti dichiarazioni e comportamenti attuali, a nulla rilevando - nella presente fase cautelare - la permanenza e quindi l'attualità degli effetti di tali dichiarazioni. Ed allora non è possibile né un ordine di inibire comportamenti oramai passati, né tanto meno un ordine di inibire eventuali comportamenti e dichiarazioni futuri. Quanto ad Antonio Baldassarre ed Ettore Adalberto Albertoni (rispettivamente Presidente del Consiglio di Amministrazione e Consigliere della Rai), anche qui, a prescindere dall'esame dell'eccepito difetto di legittimazione passiva, va osservato che la delibera del Consiglio di Amministrazione in data 14.11.2002 (con la quale si invita il Direttore generale a verificare al più presto la possibilità di inserimento nei palinsesti della prossima stagione di programmi di approfondimento giornalistico condotti da Enzo Biagi e Michele Santoro) disattende la dedotta persistenza di un preteso illegittimo comportamento dei singoli. Quanto alla posizione di Marco Staderini, le sue intervenute dimissioni dalla carica di Consigliere Rai e comunque la sua non partecipazione alle riunioni del Consiglio (indipendentemente quindi dalla risoluzione della questione giuridica del momento di perfezionamento di tali dimissioni) rende anche qui decisamente non attuale la condotta lesiva denunciata. Infine, in relazione alla posizione di Agostino Saccà, va osservato che quale responsabile della direzione aziendale appare difficile diversificarlo dall'azienda stessa, sicchè non avrebbe senso un ordine di inibitoria nei suoi confronti come singolo, una volta pronunciato nei confronti della Rai l'ordine di adibizione del Santoro alle mansioni reclamate. Per tali ragioni, la domanda cautelare di inibitoria, proposta nei confronti degli altri convenuti, va disattesa, con compensazione integrale delle spese di lite, ravvisandosene i giusti motivi.
P.Q.M.
visti gli artt. 669 bis e ss. c.p.c. ORDINA alla RAI - Radiotelevisione Italiana S.p.A. di adibire Michele SANTORO alle mansioni di cui al contratto del 14.4.1999, così come effettivamente svolte ed esercitate in concreto, ovvero alla realizzazione e alla conduzione di programmi televisivi di approfondimento dell'informazione di attualità. FISSA il termine di giorni 30 dalla comunicazione della presente ordinanza per l'inizio del giudizio di merito, che dovrà statuire anche sulle spese della presente fase cautelare. RIGETTA la domanda cautelare proposta nei confronti degli altri convenuti, con compensazione integrale delle spese del presente procedimento. Si comunichi. Roma, 9.12.2002.
Il giudice
Massimo Pagliarini
* * * * * * * * *
2) Il ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto dal giornalista
TRIBUNALE CIVILE DI ROMA - SEZIONE LAVORO
Ricorso ex art. 700 c.p.c. di Michele SANTORO, residente in Roma ed ivi elettivamente domiciliato al Viale Angelico n. 35, presso lo Studio degli avvocati Domenico d'Amati e Nicoletta d'Amati che lo rappresentano e difendono per delega in calce al presente atto
CONTRO
FATTO
DIRITTO
I
Come si è precisato nei paragrafi da 5) a 11) della parte in fatto del presente ricorso, dal 1996 Michele Santoro lavorava a tempo indeterminato come direttore giornalistico responsabile della testata "Moby Dick" alle dipendenze del Gruppo Mediaset, principale concorrente della Rai. Nel 1999 il Direttore Generale della Rai, dott. Pier Luigi Celli, ha proposto al ricorrente di tornare a lavorare a tempo indeterminato per il servizio pubblico realizzando programmi di approfondimento dell'informazione sui fatti di attualità. La Rai, non essendo in grado di offrire un trattamento economico nemmeno uguale a quello percepito dal ricorrente presso il Gruppo Mediaset, ha però tra l'altro offerto a Michele Santoro, come si è analiticamente indicato nei parr. 6-8 della parte in fatto:
Tali accordi risultano, tra l'altro, non soltanto dalla successiva loro concreta integrale attuazione da parte della Rai, ma anche dalla lettera di assunzione (doc. 2) e dalla scrittura a firma del Direttore Generale dott. Pier Luigi Celli in data 23 marzo 1999 (doc. 1). La Rai, dunque, per indurre il ricorrente a lasciare il Gruppo Mediaset dove svolgeva mansioni di direttore di testata con trattamento economico superiore a quello da essa propostogli, gli ha offerto di riprendere, ad alto livello e con adeguate risorse, l'attività in precedenza da lui svolta per l'emittente pubblica realizzando, nel periodo 1985-1996, tra l'altro, i programmi di grande successo "Samarcanda", "Rosso e Nero" e "Tempo Reale". Agli obblighi assunti nell'aprile 1999 verso il ricorrente, l'azienda ha adempiuto sino all'agosto 2002, trasmettendo annualmente, con le modalità concordate, i programmi affidatigli. Lo spostamento, con effetto dalla stagione 2000-2001, dei programmi del ricorrente da Raiuno a Raidue, sempre nell'ambito della "Divisione 1 - Canali Tv 1 e 2", è stato con lui concordato dalla Direzione Generale. Il ricorrente ha svolto con il massimo impegno le mansioni assegnategli, nel rispetto degli obblighi contrattualmente assunti, senza ricevere, sino all'aprile 2002, alcun rilievo ed anzi conseguendo risultati ampiamente positivi , in termini di critica, di acquisizione di pubblicità nonché in termini di indici di ascolto che sono stati largamente superiori alla media e agli obiettivi della Rete. Il comportamento della Rai si è radicalmente modificato da quando il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, in una conferenza stampa tenuta a Sofia il 18.4.2002 (doc. 12), ha dichiarato che era dovere dei dirigenti della Rai por termine all'impiego dei giornalisti Enzo Biagi e Michele Santoro in quanto da lui ritenuti responsabili di un uso criminoso dell'emittente pubblica e determinati a persistere in tale condotta. Tale indicazione è stata da lui ribadita in pubbliche dichiarazioni rese a Siviglia il 22 giugno 2002 (doc. 12 bis). Sintetizzando quanto dettagliatamente esposto nei paragrafi da 16 a 74 della parte in fatto del presente ricorso, si rileva che la volontà della Rai di sottrarsi all'adempimento degli obblighi contratti verso il ricorrente, in esecuzione delle indicazioni date dal Presidente del Consiglio, è emersa in particolare dalle seguenti circostanze (oltrechè da quelle evidenziate nei par. III e IV della parte in diritto del presente atto): a) il Direttore Generale della Rai Agostino Saccà ha dichiarato alla Commissione Parlamentare per la Vigilanza dei Servizi Radiotelevisivi, nella seduta del 22.4.2002, che le affermazioni fatte dal Presidente del Consiglio il 18 aprile a Sofia dovevano ritenersi giustificate da quanto accaduto nel servizio pubblico radiotelevisivo durante la campagna elettorale dell'anno precedente (doc. 15); b) il Presidente della Rai Antonio Baldassarre e il Direttore Generale della Rai Agostino Saccà in dichiarazioni rilasciate alla stampa hanno affermato di avere ottenuto da prestigiosi studi legali un parere di licenziabilità del ricorrente per i contenuti della puntata di "Sciuscià Edizione Straordinaria" trasmessa il 24.5.2002 e dedicata al caso di Enzo Biagi, con riferimento alle dichiarazioni rese dal Presidente del Consiglio Berlusconi il 18.4.2002 (doc. 18); c) i programmi affidati al ricorrente non sono stati inseriti nei palinsesti della Rai per la stagione 2002-2003, presentati il 23 giugno 2002 all'utenza pubblicitaria; d) in un colloquio svoltosi il 1.8.2002 il Direttore Generale Saccà ha comunicato al ricorrente che nel palinsesto autunnale della Rai non c'era posto per alcuno dei suoi programmi; e) il ricorrente ha immediatamente reagito con lettera del 2.8.2002 (doc. 25) invitando l'azienda ad adempiere ai suoi obblighi e preannunciando azioni a tutela dei suoi diritti; f) in seguito a ciò la Rai, con lettera in data 5.8.2002 (doc. 26), ha aperto nei confronti del ricorrente un procedimento disciplinare con addebiti tardivi, generici e privi di qualsiasi fondamento, per i contenuti della puntata di "Sciuscià Edizione Straordinaria" trasmessa il 24.5.2002 e della puntata del réportage "Sciuscià" trasmessa il 16.7.2002; g) il ricorrente ha svolto le sue difese con lettera in data 7.8.2002 (doc. 27) nonché verbalmente in occasione dell'audizione svoltasi il 9.9.2002; h) incorrendo in ulteriore inammissibile ritardo, tale da denunciare la consapevolezza dell'assoluta infondatezza e pretestuosità degli addebiti mossi al ricorrente, la Rai soltanto in data 14.10.2002 ha comunicato al ricorrente l'applicazione della sanzione disciplinare di quattro giorni di sospensione che egli ha contestato denunciandone il carattere discriminatorio e ritorsivo (doc. 32); i) nel frattempo, nella riunione del Consiglio di Amministrazione della Rai svoltasi il 30.8.2002, il Presidente Baldassarre e i due Consiglieri designati dai partiti di centro destra Marco Staderini ed Ettore Adalberto Albertoni hanno respinto la richiesta avanzata dai Consiglieri di minoranza Carmine Donzelli e Luigi Zanda Loy diretta ad ottenere la ripresa delle trasmissioni del programma "Sciuscià" di Michele Santoro nello stesso canale e con le stesse modalità degli anni precedenti (doc. 28); j) l'affermazione resa dal Presidente della Rai Baldassarre alla Commissione Parlamentare di Vigilanza nella seduta del 1.10.2002 secondo cui il Consiglio non era contrario all'utilizzazione di Michele Santoro da parte del direttore di Raitre Paolo Ruffini -soluzione peraltro non rispondente agli accordi dell'aprile 1999- è rimasta senza alcun concreto seguito. Deve infine rilevarsi che la volontà di non impiegare il ricorrente è stata ribadita dal Direttore Generale Agostino Saccà nell'intervista pubblicata dal Corriere della Sera il 18.10.2002 (doc. 36) e nella seduta del Consiglio di Amministrazione della Rai svoltasi il 30.10.2002 (doc. 41). A ciò si aggiunga che: a) Michele Santoro è tuttora privo di qualsiasi incarico; b) non esiste alcun programma del ricorrente nei palinsesti della Rai; c) la redazione di "Sciuscià" è stata materialmente smantellata, come si è precisato nel paragrafo 71) della parte in fatto del presente ricorso. La lettera del Direttore delle Risorse Umane della Rai in data 5.11.2002 (doc. 45) conferma senza ombra di dubbio che il ricorrente è attualmente considerato dall'azienda fuori dall' attività produttiva e ciò è ulteriormente confermato anche dalla lettera inviata dal Consigliere di Amministrazione della Rai Carmine Donzelli ai Presidenti della Camera e del Senato in data 7 novembre 2002 (doc. 48).
* * * * * *
I I
Gli argomenti di volta in volta addotti dal Presidente e dal Direttore Generale della Rai nel tentativo di giustificare il demansionamento inflitto al ricorrente e la soppressione dei programmi a lui affidati sono palesemente artificiosi, contraddittori e rivelatori dell'intento illecitamente discriminatorio e ritorsivo perseguito nei suoi confronti. Manifesta è l'infondatezza dell'assunto, sostenuto dal Presidente Baldassarre davanti alla Commissione di Vigilanza, secondo cui rientrerebbe nell'autonomia dei direttori di Rete la decisione di non utilizzare il ricorrente e tale autonomia sarebbe opponibile alla Direzione Generale e al Consiglio di Amministrazione. Tale argomento, oltre a non trovare conforto in alcuna normativa di legge e di contratto, è di per sé inidoneo ad esonerare la Rai dal rispetto delle obbligazioni assunte nei confronti di Michele Santoro. Invero i direttori di Rete non sono preposti a organismi aventi una propria soggettività giuridica onde del loro comportamento deve rispondere la Rai, loro datrice di lavoro. A ciò si aggiunga che il direttore di Raitre, dott. Paolo Ruffini, ha dichiarato al Consiglio di Amministrazione della Rai di essere disponibile all'impiego del ricorrente e del suo gruppo di collaboratori (doc. 55), come lo stesso Presidente Antonio Baldassarre ha dovuto ammettere nel corso dell'audizione nella seduta della Commissione di Vigilanza sul Servizio Radiotelevisivo in data 1.10.2002 (doc. 30). Priva di qualsiasi pregio deve altresì ritenersi, in particolare, la tesi sostenuta dal Direttore Generale della Rai secondo cui Michele Santoro sarebbe "incompatibile" con l'azienda a causa della sanzione asseritamente inflittagli dall'Autorità Garante per le Comunicazioni con riferimento a pretese violazioni della legge sulla par condicio nel periodo delle ultime elezioni politiche. Tale provvedimento, emesso nei confronti della Rai è stato da questa impugnato, per eccesso di potere e violazione di legge, stante l'evidente inammissibilità ed infondatezza dei rilievi mossi dall'Autorità per le modalità di realizzazione e conduzione del programma Il Raggio Verde; il relativo giudizio è tuttora pendente davanti al TAR del Lazio (doc. 7). Nelle difese svolte, anche davanti all'Autorità Garante, la Rai ha dato atto al ricorrente dell'assoluta correttezza del comportamento da lui tenuto nella realizzazione e nella conduzione della trasmissione "Il Raggio Verde" (doc. 6), come si è dimostrato nel par. 15) della parte in fatto del presente ricorso, onde le è oggi precluso di infliggere al ricorrente l'anomala ed illegittima sanzione della soppressione dei suoi programmi. Peraltro un provvedimento emesso dall'Autorità Garante nei confronti della RAI con riferimento a episodi verificatisi in occasione dell'ultima campagna elettorale non è di per sé idoneo a giustificare l'odierno allontanamento del ricorrente dai teleschermi. Lo stesso deve dirsi ed a maggior ragione con riguardo all'illegittima e tardiva sanzione disciplinare inflitta dalla Rai al ricorrente per i contenuti delle puntate di "Sciuscià Edizione Straordinaria" del 24.5.2002 e di "Sciuscià" del 16.7.2002. Anche in tali occasioni Michele Santoro si è comportato con assoluta correttezza onde gli addebiti rivoltigli devono essere ritenuti privi di qualsiasi fondamento per le ragioni da lui esposte nel procedimento disciplinare (doc. 27) La stessa Rai peraltro ha ritenuto di applicare al ricorrente, per gli infondati addebiti mossigli, la sanzione di quattro giorni di sospensione, onde le è precluso di strumentalizzare tale provvedimento per giustificare l'ulteriore punizione del ricorrente costituita dal suo allontanamento a tempo indeterminato dai teleschermi. La predetta sanzione formerà, comunque, oggetto di separata impugnazione in sede giudiziaria una volta espletato il tentativo obbligatorio di conciliazione già promosso in data 15.10.2002. Deve infine rilevarsi che, sia il Presidente della Rai Antonio Baldassarre che il Direttore Generale Agostino Saccà hanno motivato il loro giudizio di "incompatibilità" del ricorrente con riferimento alle vertenze da lui promosse per la tutela dei suoi diritti. Tale affermazione, palesemente antigiuridica, costituisce esplicita ammissione dell'illecito intento ritorsivo da loro perseguito. Il fatto che il ricorrente sia pienamente "compatibile" con le esigenze della Rai è ulteriormente dimostrato dal contenuto della lettera inviata ai difensori del ricorrente dall'ufficio legale della Rai, per conto della Direzione Generale, in data 22.10.2002 (doc. 39), con la quale: a) è stato contestato al ricorrente di avere rifiutato l'adempimento ad obblighi di prestazioni lavorative; b) si è affermato che: "l'attività che compete a Michele Santoro indefettibilmente per legge e per contratto consiste in prestazioni di lavoro subordinato per approfondimenti informativi di Rete nell'ambito della Divisione Tv Canale 1 e 2"; c) si è invitato il ricorrente ad esternare con chiarezza "se permanga da parte sua l'effettiva volontà di non adempiere ai suddetti obblighi". I legali del ricorrente, con lettera in data 23.10.2002 (doc. 40), hanno contestato il sorprendente addebito di inadempienza ed hanno ribadito che Michele Santoro è pronto a svolgere il suo lavoro, invitando la Rai a metterlo in condizioni di adempiere. La Rai non ha risposto a tale lettera e, subito dopo, ha proceduto allo smantellamento della redazione del ricorrente.
* * * * * *
I I I
Il comportamento tenuto dai responsabili della RAI nei confronti del ricorrente demansionandolo e sopprimendo i programmi televisivi a lui affidati deve ritenersi illegittimo, anzitutto perché costituisce violazione: a) degli obblighi contrattualmente assunti nei suoi confronti all'atto dell'assunzione; b) del diritto, garantito al ricorrente dall'art. 2103 c.c., di continuare a lavorare svolgendo le mansioni affidategli e da lui prestate sino al termine della stagione televisiva 2001-2002; c) del diritto del ricorrente, sancito dall'art. 1 del CNLG e dall'art. 2, legge n. 69 del 1963 e garantito dall'art. 21 Cost. Rep., di informare il pubblico sugli avvenimenti di attualità; d) del dovere della RAI, sancito dall'art. 2087 c.c., di rispettare e tutelare la personalità morale del ricorrente. Devono applicarsi, in materia, i principi ripetutamente affermati dalla giurisprudenza della Suprema Corte secondo cui dal contratto di lavoro deriva per il dipendente il diritto di prestare l'attività lavorativa: "Il diritto all'esecuzione della prestazione lavorativa non spetta soltanto al datore di lavoro, come situazione soggettiva tradizionalmente esclusiva di quest'ultimo, evincendosi agevolmente, tra l'altro, dall'art. 13 Stat. Lav. che, se il lavoratore ha diritto allo svolgimento delle mansioni per le quali è stato assunto, ovvero a quelle equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza diminuzione della retribuzione, tanto più egli, in via di principio, ha diritto a non essere allontanato da ogni mansione e cioè il diritto all'esecuzione della propria prestazione, cui il datore di lavoro ha correlativamente l'obbligo di applicarlo" (Cass. Sez. Lav. n. 6275/95 e numerose altre). Nello stesso senso, più di recente, Cass. Sez. Lav. n. 14199/01, secondo cui: "Esiste nel nostro ordinamento un diritto del lavoratore all'effettivo svolgimento della propria prestazione di lavoro: la lesione di questo diritto da parte del datore di lavoro costituisce un inadempimento contrattuale e determina l'obbligo del risarcimento del danno professionale". Conformi le sentenze n. 835 del 20 gennaio 2001, n. 9228 del 7 luglio 2001, n. 13033 del 23 ottobre 2001, n. 13850 del 2 novembre 2001, n. 14199 del 14 novembre 2001, n. 10 del 10 gennaio 2002. Deve pertanto ritenersi consolidata la giurisprudenza della Suprema Corte secondo cui il demansionamento configura lesione della dignità, dell'identità personale e della professionalità del lavoratore, che produce un danno in sé. L'orientamento espresso dalla Suprema Corte nelle predette sentenze è conforme ai principi affermati dalla Corte Costituzionale nella sentenza 9/3/89 n. 103 che ha statuito che il diritto al lavoro e alla tutela della professionalità ha natura primaria ed è costituzionalmente garantito onde la sua lesione costituisce, in sé, un danno. Nella motivazione, tra l'altro, leggesi: "Il datore di lavoro deve astenersi dal compiere atti che possano produrre danni e svantaggi ai lavoratori, cioè lesioni di interessi economici, professionali e sociali; in particolare, dell'interesse allo sviluppo professionale (riferito sia alla carriera che alla valorizzazione delle relative capacità). La vasta serie di interessi dei quali è portatore il lavoratore è protetta anche per la sfera esterna all'azienda: sono protetti non solo gli interessi di natura economico-professionale ma altresì quelli personali e sociali. La dignità sociale del lavoratore è tutelata contro discriminazioni che riguardano non solo l'area dei diritti di libertà e l'attività sindacale finalizzata all'obiettivo strumentale dell'autotutela degli interessi collettivi, ma anche l'area dei diritti di libertà finalizzati allo sviluppo della personalità morale e civile del lavoratore. La dignità è intesa sia in senso assoluto che relativo, cioè per quanto riguarda la posizione sociale e professionale occupata dal cittadino nella qualità di prestatore di lavoro dipendente". Da tale fondamentale pronuncia si desume che, secondo la Corte Costituzionale, il divieto posto dall'art. 41 Cost. all'imprenditore di recare "danno alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana" è conferma della esistenza di un diritto primario del lavoratore alla tutela della propria personalità e professionalità nell'ambito del rapporto di lavoro. La lesione di tale diritto costituisce un "danno" in sé, che deve essere pertanto risarcito. Il precetto costituzionale rafforza la tutela apprestata dagli artt. 2087 e 2103 c.c. riconoscendo al lavoratore una specifica dignità ed uno specifico ed inviolabile diritto all'affermazione, mediante il lavoro, della propria personalità ed identità personale e vietando al datore di lavoro di tenere comportamenti che, ledendo tale diritto, rechino al lavoratore un "danno".
* * * * * *
I V
I provvedimenti con i quali il ricorrente è stato demansionato ed i programmi televisivi a lui affidati sono stati soppressi devono altresì ritenersi illegittimi e nulli perché viziati da motivo illecito di ritorsione (art. 1345 cod. civ.) e disposti per finalità di discriminazione politica in violazione dell'art. 15 St. Lav. A tale conclusione deve necessariamente pervenirsi in base ad elementi di giudizio gravi precisi e concordanti: a) le dichiarazioni ostili al ricorrente pubblicamente rese a Caceres il 9 febbraio, a Bologna il 5 aprile 2002, a Sofia il 18 aprile 2002 e a Siviglia il 22 giugno 2002, dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che, tra l'altro, ha accusato il ricorrente di avere causato, con i suoi programmi televisivi trasmessi nel periodo delle ultime elezioni politiche, un calo dei consensi degli elettori per il partito Forza Italia (docc. 8, 11, 12, 12 bis); b) l'affermazione, da parte del medesimo Presidente del Consiglio, nella conferenza stampa di Sofia, dell'esistenza di un preciso dovere, per i dirigenti della RAI, di porre termine all'impiego di Michele Santoro e del giornalista Enzo Biagi (doc. 12); c) l'estrazione politica del Presidente della RAI Baldassarre, dei Consiglieri di Amministrazione Marco Staderini, Ettore A. Albertoni e del direttore generale Saccà, conforme a quella dei partiti della coalizione governativa che li ha designati per gli incarichi presso la RAI (doc. 10); d) il fatto che il ricorrente sia stato sottoposto a procedimento disciplinare, con addebiti pretestuosi e totalmente infondati, per i contenuti della puntata di "Sciuscià Edizione Straordinaria" del 2 maggio 2002, dedicata al caso del giornalista Enzo Biagi in relazione alle dichiarazioni rese dal Presidente del Consiglio a Sofia e della puntata del réportage "Sciuscià" dedicata alla crisi idrica siciliana, andata in onda il 16 luglio 2002 ed oggetto di proteste da parte del Governatore della Regione Sicilia Cuffaro, del partito Forza Italia (doc. 26-27); e) il fatto che il Direttore Generale della RAI, in piena sintonia con le dichiarazioni dell'on. Berlusconi, abbia espressamente motivato il suo giudizio di "incompatibilità" del giornalista Michele Santoro con riferimento alla sanzione emessa dall'Autorità Garante per le modalità di realizzazione e redazione del programma "Il Raggio Verde" in occasione delle ultime elezioni politiche e al contenuto della puntata di "Sciuscià Edizione Straordinaria", trasmessa il 24 maggio 2002 (docc. 15, 18, 28, 36); f) l'inesistenza di effettive ragioni organizzative per la soppressione dei programmi televisivi del ricorrente, le cui trasmissioni hanno sempre riportato ampi successi di pubblico e di critica, producendo altresì per l'azienda rilevanti introiti pubblicitari; g) la non veridicità, l'artificiosità e l'antigiuridicità delle motivazioni addotte dai responsabili della RAI nel tentativo di giustificare l'inadempienza agli obblighi contrattuali nei confronti del ricorrente; h) le pubbliche dichiarazioni con le quali il presidente della Rai Baldassarre e il direttore generale Saccà hanno ingiustamente denigrato il ricorrente (parr. 31, 34, 35, 36, 59 della parte in fatto del presente ricorso e documenti ivi indicati); i) il comportamento vessatorio tenuto dai responsabili della Rai nei confronti del ricorrente, con lo smantellamento della sua redazione, l'allontanamento di gran parte dei suoi collaboratori, la privazione dell'auto aziendale (parr. 69-71 della parte in fatto); l) la mancata reazione dei responsabili della RAI, indicati sub c), nei confronti di numerose personalità della politica, dello spettacolo e del giornalismo, nonché di associazioni, di organizzazioni sindacali e degli stessi consiglieri di amministrazione "di minoranza" della RAI, che hanno pubblicamente dichiarato che la soppressione dei programmi televisivi del ricorrente e del giornalista Enzo Biagi è stata attuata dalla Rai in esecuzione della indicazione data dal presidente del Consiglio Berlusconi nella conferenza stampa di Sofia; tra le altre è sufficiente ricordare le seguenti dichiarazioni:
* * * * * * L'art 15 St. Lav. impone al datore di lavoro di astenersi da qualsiasi atto diretto a discriminare il lavoratore per motivi politici. Tale norma, che costituisce attuazione dei principi affermati negli artt. 2, 3 e 41 Cost. Rep., deve essere applicata con particolare rigore dalla RAI, i cui amministratori, in quanto incaricati di pubblico servizio sono tenuti, anche in base all'art. 1, legge n. 206/93 a dar prova di indipendenza nei confronti del potere politico. La grave illiceità delle discriminazioni attuate presso la RAI è stata affermata dalla Suprema Corte nella sentenza n.13299/92 (Moratti c/Rai), riferita ad un caso di dequalificazione per effetto di "lottizzazione" politica. Nella motivazione di tale pronuncia si è tra l'altro affermato quanto segue: "Va osservato che la "lottizzazione" comporta che i dipendenti vengano distinti non sulla base della loro preparazione professionale, della loro personalità ed, in genere, della loro qualità, bensì in base al criterio dell'appartenenza a determinate aree politiche o, in generale, di influenza, che diviene criterio prevalente. Tale modo di procedere è certamente lesivo della personalità dei lavoratori, perché colpisce il loro diritto ad essere valutati per le loro qualità professionali e personali, ledendo la libertà di non vincolare la propria attività all'appartenenza a questo o a quel gruppo politico e di non collocarsi in questa o in quell'area di influenza". Conformi Pretura di Roma n. 11924 del 31.8.95 (Giancarlo Santalmassi / RAI Radiotelelvisione Italiana s.p.a., Est. Floris) e Pretura di Roma n. 12804 del 5.11.91 (Alfredo Recanatesi /Bancaria Editrice s.p.a., Est. Mariani). Ricordiamo inoltre la costante giurisprudenza della Suprema Corte, che ha affermato la piena legittimità del ricorso alla prova per presunzioni al fine di accertare il motivo illecito (Cass. Sez. Lav. n. 11487 del 1.9.2000 e numerose altre).
* * * * * *
V
Per le causali sub III e IV Michele Santoro ha diritto di ottenere la condanna della RAI all'adempimento dell'obbligo di farlo lavorare con le mansioni concordate all'atto dell'assunzione e concretamente in effetti da lui svolte sino al termine della stagione televisiva 2001-2002. Si richiama la costante giurisprudenza della Suprema Corte e dei Giudici di merito secondo cui la conseguenza dell'illegittimo mutamento delle mansioni è costituita non solo dal risarcimento del danno, ma anche dal ripristino della situazione originaria, in ragione della nullità del provvedimento illegittimo di demansionamento, da considerarsi tamquam non esset (Cass. n. 491/87, n. 536/87 n. 9584/90): "La sentenza di condanna del datore di lavoro a restituire il lavoratore alle mansioni dalle quali esso sia stato illegittimamente distratto, opera nel campo del così detto possibile giuridico e non già nel diverso del possibile materiale, poiché non impone un facere infungibile, ma, contenendo l'accertamento dell'avvenuta violazione di un obbligo negativo (divieto di adibizione del lavoratore a mansioni non equivalenti), realizza con ciò l'interesse del lavoratore stesso il quale, non essendo tenuto ad offrire prestazioni diverse da quelle alle quali è stato in forza di tale accertamento restituito, può a tanto limitarsi con la conseguenza che il datore di lavoro, se non ottempera alla condanna, resta comunque tenuto alla controprestazione retributiva" (Cass., Sez. Lav., 16 marzo 1984 n. 1833 e numerose altre). Con recente pronuncia le Sezioni Unite (n. 5112 del 10/5/95) hanno statuito che "in realtà la giurisprudenza ammette pienamente tale tipo di pronuncia. ... Come questa Corte ha avuto occasione di precisare, l'accennato carattere di infungibilità della prestazione ha l'effetto di renderla incoercibile (non suscettibile, cioè, di esecuzione forzata), ma non esclude la possibilità che la prestazione stessa sia oggetto di pronuncia giudiziale di condanna". Ancora la Suprema Corte si è espressa nel senso che "anche relativamente a rapporti contrattuali che comportino, per una delle parti o per entrambe, obblighi di fare non suscettibile, per loro intrinseca natura, di esecuzione forzata, è configurabile ed ammissibile un'azione di condanna del contraente inadempiente alla prestazione promessa, in quanto la relativa decisione è non solo idonea a produrre ugualmente i suoi normali effetti mediante l'eventuale volontaria esecuzione da parte dell'obbligato, ma può, inoltre, costituire il presupposto per ulteriori conseguenze giuridiche derivanti dall'inosservanza dell'ordine contenuto nella sentenza, che il titolare del rapporto è autorizzato a invocare a suo favore" (Cass., Sez. Lav., 17 luglio 1992 n. 8721). Tale orientamento è stato seguito anche dalla Sezione Lavoro del Tribunale di Roma (Pres. Cecere, Rel. Pagetta) il quale si è espresso in questo senso anche nell'ordinanza in data 3/1/96 di convalida del provvedimento ex art. 700 c.p.c. concernente il caso del demansionamento di un giornalista, ivi tra l'altro leggesi "L'espressa previsione di un ordine di reintegrazione ex art. 18 L. n. 300/70 non contrasta con l'adozione in sede cautelare di un provvedimento a contenuto ripristinatorio per la tutela delle mansioni. Reputa infatti il Collegio che proprio la tipicità del summenzionato strumento di tutela, degli effetti che l'ordinamento vi collega (ad esempio sotto il profilo risarcitorio e quanto alla ricollocazione del lavoratore nella identica posizione lavorativa già occupata) esclude che il Pretore, pur nella impropria dizione utilizzata in motivazione, si sia richiamato ad una nozione in senso tecnico di reintegrazione ex art. 18, sembrando, piuttosto, che il contenuto della pronuncia sia quello dell'affermazione del diritto del lavoratore "demansionato" all'esecuzione in forma specifica del contratto, al quale la datrice di lavoro si era resa inadempiente. In questa prospettiva, inoltre, può essere utile sottolineare che l'art. 18 St. Lav. appare piuttosto espressione di un più generale principio dell'adempimento in forma specifica in materia di obbligazioni contrattuali, sancito dall'art. 1453 c.c. ...... Il Collegio reputa senz'altro più persuasivo quell'orientamento che, disancorato da più tradizionali costruzioni, relative alla necessaria connessione e funzionalizzazione del processo di condanna all'esecuzione coattiva, nella consapevolezza della crescita di obblighi non suscettibili di esecuzione forzata nelle forme tradizionali regolate dal III libro del c.p.c. ed in ragione dell'esigenza di assicurare una più pregnante tutela (non limitata al solo profilo risarcitorio) a situazioni particolarmente meritevoli, riconosce alla sentenza di condanna ad un facere infungibile un'autonoma utilità. Tale utilità è ravvisabile oltre che nella possibilità della decisione di produrre i suoi effetti normali mediante l'esecuzione volontaria, anche nel fatto che la stessa può costituire il presupposto di ulteriori conseguenze giuridiche, derivanti dall'inosservanza dell'ordine contenuto nella sentenza anche, eventualmente, di rilievo penale (art. 388 e 650 c.p.)". L'ammissibilità dell'ordine di reintegrazione nelle mansioni del dipendente dequalificato è stata parimenti riaffermata anche nella sentenza del Tribunale del Lavoro di Roma del 27.11.2000 n. 19169, (Capitani c/ Ansa, Est. Foscolo), sopra citata.
* * * * * *
V I
Degli illegittimi comportamenti di cui sub III e IV devono rispondere personalmente, in via extra contrattuale, il dott. Silvio Berlusconi, nonché il prof. Antonio Baldassarre, il dott. Marco Staderini, il prof. Ettore Albertoni e il dott. Agostino Saccà. Invero il dott. Silvio Berlusconi ha reso a Sofia il 18 aprile 2002, nell'esercizio delle funzioni di Presidente del Consiglio, dichiarazioni non consentite dalla sua carica, dirette ad indurre i responsabili della RAI, per finalità di parte, a por termine all'impiego del ricorrente, in violazione dei suoi diritti derivanti dal rapporto di lavoro subordinato in essere con l'azienda e dalla legge n. 69 del 1963 che disciplina la professione del giornalista. Tali dichiarazioni, lesive altresì della reputazione del ricorrente, sono state da lui ribadite il 22.6.2002 a Siviglia. Gli effetti, puntualmente verificatisi, di queste esternazioni, erano da lui pienamente prevedibili, in considerazione dei poteri esercitati dal Governo sull'emittente pubblica -tra l'altro mediante il controllo azionario e la convenzione di servizio- e dall'estrazione politica dei destinatari. Tale comportamento del Presidente del Consiglio deve ritenersi illegittimo anche perché in contrasto con il disposto dell'art. 10 della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali ratificata con legge n. 848 del 4.8.95 e dell'art. 11 della Carta di Nizza del 7.12.2001, che vietano ogni interferenza governativa nell'attività di informazione. I componenti del Consiglio di Amministrazione della RAI, Baldassarre, Albertoni e Staderini, nonché il direttore generale della RAI, in quanto incaricati di pubblico servizio, sono tenuti ad esercitare i loro poteri in conformità con le leggi che disciplinano il rapporto di lavoro dei dipendenti della RAI e a non recare, mediante la violazione di tali norme, ingiusti danni. Non è certamente loro consentito compiere atti discriminatori, dettati da ragioni politiche, in esecuzione di indicazioni date in tal senso dal Presidente del Consiglio, come nella fattispecie si è verificato. Deve in proposito rilevarsi, tra l'altro, che i comportamenti del Consiglio di Amministrazione a termini della legge n. 206 del 25 giugno 1993, hanno funzioni di controllo e garanzia e devono dar prova di indipendenza di comportamenti. Il ricorrente ha pertanto diritto di ottenere la condanna del dott. Silvio Berlusconi nonché dei sopra indicati responsabili della RAI ad astenersi dal persistere dall'illegittimo comportamento tenuto nei suoi confronti e a risarcirgli il danno causatogli, in misura da determinarsi in separato giudizio.
* * * * * *
V I I
Nell'instaurando giudizio di merito il ricorrente chiederà la condanna della Rai ad adibirlo alle mansioni che gli spettano, nonché al risarcimento di tutti i danni recatigli. Egli chiederà inoltre la condanna di Silvio Berlusconi, Antonio Baldassarre, Ettore Adalberto Albertoni, Marco Staterini e Agostino Saccà ad astenersi da atti diretti ad impedire l'impiego del ricorrente presso la Rai con le mansioni spettantigli, nonché a risarcire tutti i danni causatigli. Sussiste il pericolo che nel periodo di prevedibile durata del giudizio di merito (non meno di due anni) si verifichi un pregiudizio irreparabile del diritto del ricorrente di lavorare come realizzatore e conduttore di programmi televisivi seguiti da un vasto pubblico, di esercitare il suo diritto-dovere di informare i telespettatori sugli avvenimenti di attualità, di non perdere il patrimonio di professionalità già acquisito, di non subire ulteriori lesioni della sua dignità personale e professionale, gravemente pregiudicata dall'emarginazione inflittagli con motivazioni false ed ingiuriose. Richiamiamo in proposito la costante giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. n. 2231 del 1984, n. 13396 del 1999), secondo cui l'art. 2103 St. Lav. ha la precipua finalità di tutelare la dignità del lavoratore sia nell'ambito del settore professionale che in quello sociale. Tale concetto è stato recentemente ribadito dalla sentenza della Suprema Corte n. 14443/2000 nella quale si è affermato che il demansionamento configura anzitutto un danno in sé costituito dalla lesione della dignità del lavoratore. La dignità non è monetizzabile; qualsiasi forma di risarcimento pecuniario ex post non vale a porre nel nulla il pregiudizio da essa sofferto. Ed è alla dignità personale e professionale del giornalista che fa riferimento, nel valutare la sussistenza del periculum, il Tribunale di Roma nella ordinanza collegiale del 15 maggio 1998, Nanni c. Ansa, Pres. Zecca, Rel. Leone, ove, tra l'altro, leggesi: "Altresì sussistente risulta il periculum in mora, rappresentato dal reclamante in termini di grave e irreparabile pregiudizio alla propria dignità personale e professionale. Con riguardo a quest'ultima il Collegio ha già più volte affermato (ordinanza del 21.1.98 Scarsella/Radio Dimensione Suono S.p.A.) che nel settore giornalistico (sia della carta stampata che della radio e televisione), la professionalità acquisita dal dipendente, se lesa da un demansionamento, quale quello di specie, non trova forme di ristoro in provvedimenti successivi a contenuto patrimoniale, in quanto questi non assicurano al dipendente il ripristino di quelle condizioni di credibilità professionale, di integrità dell'immagine di tecnico e specialista dell'informazione, che affondano le loro radici nella costante qualità della prestazione giornalistica e nel qualificato rapporto con i fruitori dell'informazione, nonché con le fonti di notizie. "Se la qualità e la tipologia della prestazione viene "mutata" a seguito del demansionamento, si produce un danno alla su descritta professionalità e dignità professionale - (che della professionalità è uno degli aspetti) - del giornalista, non suscettibile di alcun ristoro pecuniario, ma innanzi tutto risarcibile con una forma ripristinatoria, che consenta allo stesso l'immutato esercizio della prestazione secondo le caratteristiche di qualità e contenuto già in precedenza possedute da questa. "Tali sono le ragioni che depongono per l'affermazione della sussistenza di un periculum allorché si sia verificato un demansionamento, quale quello accertato nel caso di specie". Conforme la decisione del Tribunale di Roma in sede di reclamo (S.p.A. RAI c. Franco Alfano, 29/12/95, Pres. Cecere, Rel. Pagetta), che sul punto afferma: "E' dato di comune esperienza che l'immagine e la credibilità professionale di un giornalista, che riveste il profilo di vice direttore di testata televisiva, riceve grave ed irreparabile nocumento dall'assenza prolungata dal ruolo e dall'incarico ricoperto ". Conformi Trib. Roma 26.1.1999 Capitani c. Ansa, Pres. Zecca, Rel. Pagetta, e la recente ordinanza del Tribunale di Roma del 6.3-20.3.01, (Cancellieri c./RAI, Pres. e Rel. Torrice) che ha confermato in sede di reclamo l'ordinanza già resa nella prima fase cautelare. Ivi in particolare leggesi: "Vagliate criticamente e analiticamente le censure esposte nel reclamo, quanto alla mancanza di riferimenti nella ordinanza ex art. 700 c.p.c. alla situazione concreta dedotta in giudizio, il Collegio ritiene che nel settore dell'informazione televisiva la professionalità acquisita dal dipendente, se lesa da un demansionamento, non trova forme di ristoro in provvedimenti successivi a contenuto patrimoniale, in quanto questi non assicurano al dipendente il ripristino di quelle condizioni di credibilità professionale, di integrità dell'immagine, di tecnico-specialistico dell'informazione, che trovano fondamento anche nel rapporto diretto -a mezzo dell'immagine di colui che rende informazione- con i fruitori dell'informazione". Analoghe considerazioni si rinvengono nelle motivazioni delle seguenti decisioni del Pretore di Roma concernenti casi di dequalificazione di giornalisti:
In considerazione di quanto sopra il provvedimento cautelare richiesto costituisce lo strumento indispensabile per garantire con immediatezza la tutela della professionalità, della dignità morale e dell'immagine personale, altrimenti sicuramente esposte ad un danno irreparabile se egli dovesse attendere i tempi richiesti dallo svolgimento di un giudizio ordinario di merito che, com'è ormai noto, sono ben distanti da quelli previsti dal codice di rito. In ordine alla sussistenza del periculum in mora nei casi di dequalificazione professionale, nella motivazione della recente ordinanza emessa in sede di reclamo Tribunale del Lavoro di Roma in data 26.1.99 (ANSA c/ Capitani), leggesi: "Quanto al periculum in mora, ricordato che l'interesse protetto dall'art. 2103 c.c. è costituito dal diritto del lavoratore all'utilizzazione, al perfezionamento e accrescimento del proprio corredo di nozioni, di esperienza e di perizia acquisiti nella pregressa fase del rapporto (Cass. 12088/91; 1437/88; 3372/85, 4106/83) quale espressione del più ampio diritto al lavoro garantito dagli artt. 1 e 4 Cost., come mezzo di promozione umana e sociale e strumento di realizzazione della personalità, è innegabile che il protrarsi della situazione di sottoutilizzazione, rapportata ai concreti tempi di definizione del giudizio ordinario, incide in maniera irreversibile su tali interessi".
* * * * * * *
La tutela in via d'urgenza della professionalità è stata altresì ripetutamente concessa anche dal Pretore del Lavoro di Roma in casi di emarginazione e/o adibizione a mansioni di livello inferiore. Si ricordano tra gli altri i seguenti provvedimenti:
Si ricorda inoltre la pronuncia emessa dal Pretore del Lavoro di Roma nel procedimento d'urgenza Del Bufalo c/ Rai (Est. Dott. Manzi, 24.2.97) che, oltre a ritenere pienamente ammissibile la domanda di reintegra in via di urgenza nelle mansioni in precedenza svolte ha altresì ritenuto quanto segue: "Ricorre, altresì il secondo requisito normativo rappresentato dal pericolo di vedere seriamente compromesso il proprio diritto nell'attesa della definizione del giudizio di merito: invero appare palese il pregiudizio che la ricorrente è costretta a patire per essere stata lasciata per oltre 7 mesi del tutto inattiva (danno che, con giudizio prognostico, permarrebbe anche sino alla definizione del giudizio di merito); va, in proposito considerato che rileva non solo il pregiudizio derivante da completa inattività -difficilmente risarcibile per equivalente- ma anche quello da perdita di chance professionali, ancor più apprezzabile tenuto conto dell'elevato contenuto della prestazione richiesta sino a poco tempo prima alla ricorrente; da ultimo non è chi non consideri l'evidente danno all'immagine e alla dignità -non solo professionale- della ricorrente che improvvisamente è venuta a trovarsi priva di opportunità lavorative, senza che alla stessa siano stati formulati addebiti disciplinari di sorta". La sussistenza del requisito del periculum in mora è stata altresì riconosciuta dal Pretore del Lavoro di Milano in analoga controversia (Carella c. Rai, 20.1.96). In particolare, nell'ordinanza ex art. 700 c.p.c., leggesi: "Sul pericolo nel ritardo non può esservi dubbio, posto che la privazione di mansioni corrispondenti al grado di professionalità raggiunto determina danni irreparabili, in particolare in un'attività in cui tale professionalità si conserva e si arricchisce se vi è partecipazione continuativa alle realizzazioni ed alle programmazioni radiotelevisive. Idoneo provvedimento diretto ad assicurare gli effetti della pronuncia di merito appare, pertanto, quello di ordinare alla Rai di adibire il Carella a mansioni equivalenti alle ultime precedentemente svolte, rispettose del livello e del grado di professionalità acquisiti". Sul punto inoltre, il Pretore del Lavoro di Roma, nel procedimento Barrese c/ Rai, ha ritenuto quanto segue: "Sussiste poi il "periculum in mora" perché il passare del tempo (e quello di un giudizio ordinario in tale materia non è inferiore a due anni) rende sempre più difficile il recupero della professionalità e delle conoscenze tipiche della attività direzionale, nonché dell'indispensabile tessuto di relazioni esterne ed interne; perché sussiste il rischio concreto di perdita dell'ulteriore sviluppo di carriera, in quanto l'attore poteva legittimamente aspirare alla promozione a direttore ed è stato invece adibito a mansioni estranee alla sua professionalità; perché sussiste un danno alla immagine e alla dignità finché l'attore viene tenuto in stato di inattività, perché sussiste addirittura un rischio di cancellazione dall'ordine dei giornalisti se il mancato svolgimento di attività giornalistica si protrae oltre un certo tempo. Pertanto una condanna comportante la riadibizione alle mansioni precedenti o ad altre equivalenti pervenuta al termine di un giudizio di merito, non potrebbe rimuovere il pregiudizio nel frattempo subito dall'attore. Del resto la tutela in via d'urgenza della professionalità del dipendente è stata ripetutamente concessa dai pretori in casi analoghi a quello oggetto del presente ricorso. E' certo infatti che la privazione di mansioni corrispondenti al grado di professionalità raggiunto determina danni irreparabili, in particolare in una attività in cui tale professionalità si conserva e si arricchisce se vi è partecipazione continuativa alle realizzazioni e programmazioni radiofoniche".
* * * * *
In considerazione di quanto sopra, il ricorrente
CHIEDE
che il Tribunale adito voglia, con provvedimento ex art. 700 c.p.c. da pronunciarsi nei confronti di:
che si invitano a costituirsi e difendersi nelle forme e nei termini di legge, voglia: A) ordinare alla RAI-Radiotelevisione Italiana S.p.A., in persona del legale rappresentante, di adibire il ricorrente all'attività lavorativa come realizzatore e conduttore di programmi televisivi di approfondimento dell'informazione nonché di programmi di réportage -segnatamente dei programmi televisivi Sciuscià Edizione Straordinaria e Sciuscià-, con le mansioni svolte nonché con le modalità e la collocazione attuate nella stagione televisiva 2001-2002; B) ordinare a Silvio Berlusconi, Antonio Baldassarre, Ettore Adalberto Albertoni, Marco Staderini e Agostino Saccà di astenersi da qualsiasi atto diretto ad impedire l'impiego del ricorrente presso la RAI-Radiotelevisione Italiana S.p.A. con gli incarichi, le mansioni e le modalità di cui sub A); C) adottare ogni altro provvedimento cautelare idoneo a tutelare i diritti e la personalità del ricorrente; D) disporre la pubblicazione dell'emanando provvedimento, a spese dei convenuti, mediante inserzione su tre giornali quotidiani a diffusione nazionale, nonché mediante comunicati da diffondersi in tutte le edizioni dei telegiornali della RAI-Radiotelevisione Italiana s.p.a. Con vittoria di spese, diritti ed onorari. Richieste istruttorie e documenti Senza inversione dell'onere della prova per legge a carico della convenuta, si chiede disporsi l'assunzione di informazioni sulle circostanze esposte sui paragrafi da 1) a 76) della parte in fatto e nel paragrafo IV della parte in diritto del presente ricorso. Si indicano quali informatori: Gavino ANGIUS, Francesco ARGENZIANO, Giorgio ASSUMMA, Enzo BIAGI, Enzo CARRA, Pier Luigi CELLI, Carlo FRECCERO, Luisella COSTAMAGNA, Maurizio COSTANZO, Franco DI LORETO, Carmine DONZELLI, Raffaello FABIANI, Giuliano FERRARA, Corrado FORMIGLI, Paolo GENTILONI, Franco GIORDANO, Giuseppe GIULIETTI, Riccardo IACONA, Curzio MALTESE, Francesco MERLO, Paolo MONDANI, Roberto NATALE, Alfonso PECORARO SCANIO, Claudio PETRUCCIOLI, Alessandro RENNA, Antonio RICCI, Giuseppe RONCA, Alessandro RUOTOLO, Paolo SERVENTI LONGHI, Michele SERRA, Patrizia VACCHIO, Marcello VENEZIANI, Luigi ZANDA LOY, salvo altri. Si chiede disporsi l'esibizione delle audio e videocassette dei programmi televisivi Il Raggio Verde, Sciuscià Edizione Straordinaria e Sciuscià. Si chiede altresì che venga disposta la visione del predetto materiale nel contraddittorio delle parti. Si depositano in allegato i seguenti documenti:
Roma, 11 novembre 2002.
(Avv. Domenico d'Amati)
(Avv. Nicoletta d'Amati)
|