Legge e giustizia: mercoledì 24 aprile 2024

Pubblicato in : Lavoro, Fatto e diritto

IN CASO DI NECESSITÀ URGENTE DI CURA IL MALATO, OVE NON SIA POSSIBILE AVVALERSI DI UNA STRUTTURA CONVENZIONATA, PUÒ FARSI RICOVERARE IN UNA CLINICA PRIVATA, SENZA PREVIA AUTORIZZAZIONE DELLA ASL E OTTENERE IL RIMBORSO DELLE SPESE - Un diritto fondato sull'art. 32 della Costituzione (Cassazione Sezione Lavoro n. 2444 del 20 febbraio 2001, Pres. Trezza, Rel. Stile).

Nell'ottobre del 1995 S.C., colpito da infarto acuto del miocardio, è stato in un primo tempo ricoverato presso il Policlinico di Ponte S. Pietro, in provincia di Bergamo e successivamente, il 9 novembre 1995 inviato al Centro Cardiologico Fondazione Monzino di Milano per essere sottoposto ad intervento cardiochirurgico. Il Centro Monzino lo ha dimesso in quanto non era in grado di effettuare in tempi brevi l'intervento.

S.C. ha cercato di farsi operare, con la necessaria urgenza, in altra clinica convenzionata con la USL, ma non v'è riuscito. Pertanto egli si è rivolto alla Casa di Cura non convenzionata "La Madonnina" dove è stato sottoposto all'intervento il 28 novembre 1995 e ricoverato per il recupero post operatorio.

Per l'assistenza ricevuta nella clinica "La Madonnina" C.S. ha dovuto pagare circa 73 milioni, somma di cui ha chiesto il rimborso alla USL n. 11 di Ponte S. Pietro, ottenendone un rifiuto.

Egli ha pertanto chiesto al Pretore di Bergamo, in funzione del giudice del lavoro, la condanna della USL a rimborsargli la somma di lire 60 milioni, pari all'80% dell'importo versato, in base all'art. 4 della legge regionale n. 36 del 1993.

La USL, oltre ad eccepire il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria e l'incompetenza per materia del giudice del lavoro, si è difesa sostenendo che, per avere diritto al rimborso, il paziente avrebbe dovuto chiedere preventivamente l'autorizzazione al ricovero in casa di cura non convenzionata.

Il Pretore, dopo avere assunto una consulenza tecnica medico-legale, ha condannato nell'aprile 1998 la USL al pagamento in favore di C.S. della somma di lire 50 milioni a titolo di rimborso delle spese sostenute presso la casa di cura La Madonnina, oltre gli interessi dal 121° giorno della domanda amministrativa di rimborso al saldo.

Questa decisione è stata confermata, in grado di appello, dal Tribunale di Bergamo, che ha rilevato, in base alla consulenza tecnica svolta nel giudizio di primo grado, che il ricovero doveva ritenersi necessitato da ragioni di urgenza, per pericolo di vita o di aggravamento della malattia o di non adeguata guarigione.

In tale situazione - ha affermato il Tribunale - la mancanza di autorizzazione preventiva al ricovero da parte della USL non escludeva il riconoscimento del diritto del paziente ad un concorso alle spese sostenute in base all'art. 32 della Costituzione, che tutela la salute come bene primario.

La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 2444 del 20 febbraio 2001, Pres. Trezza, Rel. Stile) ha rigettato il ricorso della USL. Il diritto dei cittadini all'assistenza sanitaria - ha affermato la Corte - trova il suo fondamento nell'art. 32, primo comma, della Costituzione che, ribadendo un principio già esistente nell'ordinamento giuridico, ha esplicitamente enunciato che il diritto primario alla tutela della salute, quale "fondamentale diritto dell'individuo", rientra fra quelli inviolabili della persona ed è oggetto, pertanto, di incondizionata protezione.

Nell'ipotesi in cui a fondamento della domanda di un assistito dal servizio sanitario nazionale, rivolta ad ottenere il rimborso di spese ospedaliere non preventivamente autorizzate dalla Regione, vengano dedotte ragioni di urgenza (che comportano per l'assistito pericoli di vita o di aggravamento della malattia o di non adeguata guarigione, evitabili soltanto con cure tempestive non ottenibili dalla struttura pubblica) - ha osservato la Corte - manca ogni potere autorizzatorio discrezionale della pubblica amministrazione, non essendo rilevante in contrario la eventuale discrezionalità tecnica nell'apprezzamento del motivo di urgenza; infatti oggetto della domanda è il diritto primario e fondamentale alla salute, il cui necessario temperamento con altri interessi, pure costituzionalmente protetti (quali la esistenza delle risorse del servizio sanitario nazionale con le conseguenti legittime limitazioni con leggi, regolamenti ed atti amministrativi generali), non vale a privarlo della consistenza di diritto soggettivo perfetto, tutelabile innanzi al giudice ordinario.

Nella specie - ha rilevato la Corte - il Tribunale di Bergamo, condividendo la valutazione del Pretore, fondata sulla espletata consulenza tecnica, ha accertato che l'intervento doveva essere praticato sollecitamente, pena la compromissione in maniera definitiva del risultato dell'intervento medesimo, pervenendo quindi all'accertamento che nel caso in esame si verteva in "un vero stato di necessità di intervento".

Pubblichiamo il testo integrale della decisione nella sezione Documenti.


© 2007 www.legge-e-giustizia.it