Esiste nel nostro ordinamento un diritto del lavoratore all'effettivo svolgimento della propria prestazione di lavoro: la lesione di questo diritto da parte del datore di lavoro costituisce un inadempimento contrattuale e determina l'obbligo del risarcimento del danno professionale. Questo pregiudizio può assumere aspetti diversi. Innanzi tutto può consistere nel danno patrimoniale derivante dall'impoverimento della capacità professionale acquisita dal lavoratore e dalla mancata acquisizione di una maggiore capacità: un danno molto evidente e grave nell'esercizio di alcune particolari professioni, soggette a una continua evoluzione e quindi bisognose di continui aggiornamenti, come in materia di pilotaggio degli aerei. Il danno professionale, peraltro, potrebbe essere costituito anche dal fatto che la minore qualificazione professionale ha impedito al lavoratore di sfruttare particolari occasioni di lavoro o, come preferiscono esprimersi alcune decisioni, ha determinato la perdita di "chance". Si tratta in entrambi i casi di un danno patrimoniale, con la differenza che nel primo il danno incide direttamente sulle capacità professionali del lavoratore, nel secondo deriva dalla perdita di una ulteriore possibilità di guadagno. Peraltro il danno professionale potrebbe assumere anche aspetti non patrimoniali. Potrebbe, ad esempio, costituire una lesione del diritto del lavoratore all'integrità fisica (art. 2087 cod. civ.) o, più in generale, alla salute (art. 32 della Costituzione), quando la forzosa inattività, o l'esercizio di mansioni inferiori, ha determinato nel lavoratore non soltanto un dispiacere, un'afflizione dello spirito rientrante tra i danni morali, ma una vera e propria patologia psichica, come uno stato ansioso o una sindrome da esaurimento; potrebbe anche costituire una lesione del diritto all'immagine o del diritto alla vita di relazione.
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