Legge e giustizia: venerdì 26 aprile 2024

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LA MOTIVAZIONE DELLA SENTENZA DELLA SUPREMA CORTE CHE HA ESCLUSO LA RESPONSABILITÀ DI SILVIO BERLUSCONI PER LE TANGENTI PAGATE DAL GRUPPO FININVEST AD ALCUNE GUARDIE DI FINANZA NON GIUSTIFICA LE ACCUSE RIVOLTE DAL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO ALLA MAGISTRATURA MILANESE - Fu il fratello Paolo, secondo la Cassazione, a disporre i versamenti con fondi neri della Fininvest, pur non avendo ruoli operativi nelle società Videotime e Mediolanum beneficiarie della corruzione (Cassazione Sezione Sesta Penale n. 39452 del 7 novembre 2001, Pres. Fulgenzi, Rel. Cortese).

Pubblichiamo il testo integrale della decisione, nella parte concernente la posizione di Silvio Berlusconi.

Il commento è nella sezione Il Contesto.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
VI SEZIONE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.:

Dott.     Renato Fulgenzi

Presidente

1. Dott.  Adolfo Di Virgini

Consigliere

2. Dott. Bruno Oliva

"

3. Dott. Antonio S. Agrò

"

4. Dott. Arturo Cortese

"

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sui ricorsi proposti da

Zuccotti Alfredo, n. 27.09.1948

Sciascia Salvatore, n. 21.03.1943

Nanocchio Francesco, n. 04.05.1948

Capone Giuseppe, n. 24.12.1949

 Berruti Massimo Maria, n. 01.05.1949

 Berlusconi Silvio, n. 29.09.1936

 e dal  Procuratore Generale della Repubblica  presso la Corte d'appello di Milano nei confronti di Berlusconi Silvio avverso la sentenza emessa il giorno 09.05.2000 dalla Corte d'appello di Milano;

Visti gli atti, la sentenza denunziata,  e i ricorsi;

Udita la relazione fatta dal Consigliere dr. Arturo Cortese;

Udito il Pubblico Ministero nella persona del Sostituto Procuratore Generale,  dott. Fabrizio Hinna Danesi, che ha  concluso  per il  rigetto dei  ricorsi  del  P.G., dello Zuccotti,   del Capone e del Berlusconi, per l'annullamento senza rinvio  per prescrizione  nei  confronti  del  Nanocchio  e dello Sciascia  e per  l'annullamento  con  rinvio  nei  confronti del Berruti;
Udito il difensore della parte civile Avv. Fiumara, che ha chiesto la conferma  della sentenza con vittoria di spese;
Uditi i difensori degli  imputati,  avv.ti Bovio e Malavenda (per Berruti), Saponara (per Capone),  che hanno concluso come nei ricorsi, Lanzi (per Sciascia), che ha concluso  per l'annullamento senza rinvio perché il fatto non sussiste o per estinzione del reato, De Luca e Amodio (per Berlusconi), che hanno concluso per  l'annullamento senza rinvio, con rigetto del ricorso del P.G.

FATTO

Con  sentenza  del   07.07.1998  il Tribunale di Milano dichiarava  fra l'altro responsabili:

- Berlusconi Silvio, Sciascia Salvatore e Zuccotti Alfredo, quali, rispettivamente, soggetto controllante di fatto le attività delle società del gruppo Fininvest, direttore centrale degli affari fiscali dello stesso gruppo e direttore centrale dell'amministrazione Fininvest:

A) del delitto ex artt. 110, 319 e 321 cp., per avere promesso e versato la somma di L. 100.000.000 a vari militari della Guardia di Finanza in servizio presso il Nucleo Regionale della Polizia Tributaria di Milano, che accettavano, in relazione alla verifica fiscale operata nel 1992 nei confronti della Mediolanum Vita SpA (facente parte del Gruppo Fininvest), al fine di omettere atti d'ufficio o compiere atti contrari ai doveri d'ufficio, in modo da favorire la società stessa;

- Berlusconi Silvio e Sciascia Salvatore, nelle qualità dette, altresì:

B) del delitto ex artt. 110, 319 e 321 cp., per avere promesso e versato la somma di L. 130.000.000 a vari militari della Guardia di Finanza in servizio presso il Nucleo Regionale della Polizia Tributaria di Milano, che accettavano, in relazione alla verifica fiscale operata nel 1991 nei confronti della Arnoldo Mondadori SpA (facente parte del Gruppo Fininvest), al fine di omettere atti d'ufficio o compiere atti contrari ai doveri d'ufficio, in modo da favorire la società stessa;

C) del delitto ex artt. 110, 319 e 321 cp., per avere promesso e versato la somma di L. 100.000.000 a vari militari della Guardia di Finanza in servizio presso il Nucleo Regionale della Polizia Tributaria di Milano, che accettavano, in relazione alla verifica fiscale operata nel 1989 nei confronti della Video Time SpA (facente parte del Gruppo Fininvest), al fine di omettere atti d'ufficio o compiere atti contrari ai doveri d'ufficio, in modo da favorire la società' stessa;

- Berruti Massimo Maria:

D) del delitto ex artt. 110 e 378 cp., per avere, quale legale del gruppo Fininvest, in concorso con Corrado Alberto, promesso al Tenente Colonnello Tanca Angelo una tangibile riconoscenza da parte della Arnoldo Mondadori SpA in cambio del suo silenzio alla autorità giudiziaria inquirente in merito all'episodio di corruzione di cui al capo B);

- Berlusconi Silvio, Sciascia Salvatore, Capone Giuseppe, Nanocchio Francesco:

E) del delitto ex artt. 110, 319 e 321 cp., per avere i primi due promesso e versato al Capone, che in parte distribuiva ad altri tra cui il Nanocchio, somme di denaro perché il Capone e il Nanocchio, appartenenti alla Guardia di Finanza e incaricati di accertamenti in ordine alla compagine societaria e all'attività economica della società Telepiù, disposti dalla Procura della Repubblica di Roma e dal Garante per l'editoria, omettessero atti d'ufficio o compissero atti contrari ai doveri d'ufficio.

Con la stessa sentenza i predetti imputati venivano condannati alle pene di legge. Il Berlusconi, il Capone e il Nanocchio venivano altresì condannati a rifondere alla parte civile Ministero delle Finanze i danni subiti, da liquidarsi in separato giudizio.

Su appello del P.M. e dei prevenuti, la Corte di appello di Milano, con sentenza del 09.05.2000, riduceva le pene al Nanocchio, al Capone, allo Sciascia e al Berruti, dichiarava non doversi procedere nei confronti dello Zuccotti e del Berlusconi in ordine alle imputazioni di cui ai capi A), B) e C), per essere i reati, in conseguenza del riconoscimento delle attenuanti generiche, estinti per prescrizione, assolveva il Berlusconi dal reato di cui al capo E) per non aver commesso il fatto, confermava nel resto l'impugnata sentenza, condannando il Berlusconi (in solido con Arces Giovanni) alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile in relazione ai reati di cui ai capi A), B) e C).

O M I S S I S

Ricorso di Silvio Berlusconi

Il primo motivo del ricorso proposto da Berlusconi Silvio è fondato.

La stessa Corte di appello premette, nella sua motivazione, che non esistono, a carico di Berlusconi, prove dirette, nè orali nè documentali, e che la sua responsabilità non può essere affermata unicamente in ragione della sua posizione di vertice in seno alla Fininvest.

Essa, però, ritiene di ravvisare a carico del predetto la prova della responsabilità (sia pure, stante l'estinzione del reato conseguente alla contestuale concessione delle attenuanti generiche, ai soli effetti civili) sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti.

Questi vengono essenzialmente identificati:

- nella consegna del denaro ai militari della Guardia di Finanza da parte di Sciascia;

- nella provenienza del denaro da una provvista Fininvest;

- nella riferibilità dell'autorizzazione ai pagamenti ai vertici del Gruppo, costituiti da Paolo e Silvio Berlusconi;

- nell'inattendibilità della confessione di Paolo nella parte (del tutto collimante, peraltro, con la versione di Sciascia) in cui ha dichiarato di essere stato lui, e da solo, a dare le dette autorizzazioni e a fornire le dette provviste, prelevandole da fondi neri di provenienza Edilnord;

- nella conseguente necessaria attribuzione delle autorizzazioni in questione all'altro soggetto del vertice del Gruppo, e cioè a Silvio Berlusconi.

Significativi elementi di conferma della prova logica così conseguita vengono poi ravvisati:

- nella disponibilità, all'epoca dei fatti, da parte di Silvio Berlusconi e della sua famiglia, di una ingente quantità di denaro, depositata su libretti di risparmio al portatore, e movimentata, per finalità mai disvelate, a mezzo soprattutto di Giuseppino Scabino, persona indicata da Sciascia come quella che, in più occasioni, provvide materialmente a fornirgli la provvista per il pagamento delle tangenti;

- nella concomitanza temporale di due sospesi di cassa con le due dazioni Videotime;

- nella riunione svoltasi ad Arcore, nell'abitazione di Silvio Berlusconi, nel corso della quale il legale di Sciascia - assente Paolo Berlusconi - lo informò della ordinanza custodiale emessa a carico del proprio assistito;

negli stretti rapporti intercorsi, all'epoca dei fatti, tra Silvio Berlusconi e Sciascia, sovente destinatario di munifiche e non chiarite elargizioni di denaro da parte del primo, e nell'assenza di analoghi rapporti tra Sciascia e Paolo Berlusconi;

- nel diretto interesse di Silvio Berlusconi a un controllo superficiale e addomesticato da parte della Guardia di Finanza.

Nessun rilievo a fini probatori nei confronti di Berlusconi è stato invece attribuito dalla Corte di merito alla vicenda del "passi" per Palazzo Chigi sequestrato al Berruti e al connesso incontro da quest'ultimo ivi avuto con Berlusconi nel giugno del 1994.

La validità degli  elementi  indiziari indicati e la consequenzialità logica delle conclusioni ricavatene trovano una decisiva smentita nella stessa sentenza  impugnata, consentendo e imponendo, stante la definitività  del materiale istruttorio acquisito ed esposto, di rilevare in questa  sede, agli effetti degli artt. cpv. e 129 c.p.p., la palese inadeguatezza del medesimo ai fini dell'affermazione di   responsabilità dell'imputato.

Il primo rilievo da fare è, invero, che il ragionamento sillogistico operato dalla Corte milanese si basa su una premessa essenziale - attribuzione al vertice  proprietario del gruppo Fininvest costituito da Paolo e Silvio Berlusconi, della competenza nelle "materie" in questione - desunta da una interpretazione delle dichiarazioni rese da Paolo Berlusconi che ne travalica il reale tenore (quale risultante dalla stessa sentenza).

Paolo Berlusconi - che ha posto ai vertici del gruppo Fininvest prima il fratello Silvio (cui ha attribuito la strategia globale dell'impresa) e poi se stesso (competente per l'aspetto tattico strategico) - ha infatti precisato, in ordine alle questioni di pagamento di tangenti, che "era bene che facesse carico direttamente" a lui, "in quanto rappresentante della proprietà, questa incombenza". Da tali dichiarazioni risulta solo un collegamento, in termini di opportunità ("era bene"), fra l'"incombenza" in questione e la persona di Paolo Berlusconi, quale "rappresentante della proprietà", e non è quindi possibile leggervi, come ha arbitrariamente fatto il giudice di merito, quell'imprescindibile e oggettiva attribuzione dell'incombenza stessa al vertice proprietario del gruppo nella sua composizione comprensiva di entrambi i fratelli Berlusconi, dalla quale si è poi fatta derivare, una volta escluso il coinvolgimento di Paolo, la responsabilità di Silvio.

Ma frutto di un'argomentazione priva di solide basi appare anche l'essenziale passaggio motivazionale della sentenza, relativo alla ritenuta inattendibilità delle convergenti dichiarazioni di Sciascia e Paolo Berlusconi sulla riferibilità a quest'ultimo della condotta inerente all'autorizzazione ai pagamenti e alla fornitura della relativa provvista.

Tale inattendibilità è stata, invero, basata in modo particolare sul duplice rilievo che l'indicazione, fatta da Paolo Berlusconi, dei fondi neri Edilnord quale fonte della provvista del denaro, sarebbe smentita dalle risultanze processuali, e che, di converso, è emersa l'esistenza di elevatissime quantità di contanti e di fondi "non contabilizzati" nell'ambito del gruppo, gestiti su disposizione di Silvio Berlusconi, attraverso un meccanismo di erogazioni di cassa effettuate da Istifi S.p.A. (che operava come una vera banca del gruppo) a favore delle varie società e di successivi ripianamenti delle partite con assegni prelevati da libretti al portatore.

Ora, da un lato, la Corte d'appello, dopo aver correttamente, in contrasto col Tribunale, riconosciuto l'esistenza e la destinazione a finalità illecite dei fondi neri Edilnord, ne ha escluso lo specifico utilizzo:

- per le tangenti Mondadori (dicembre 1991) e Mediolanum (aprile 1992), in base all'arbitraria considerazione che Paolo Berlusconi, ricevuto nel gennaio '90 il saldo di detti fondi (ammontante a un importo di 300-400 milioni, perfettamente "capiente", quindi, per le dette tangenti), non avrebbe potuto preservarne la separata identità, indispensabile per la sicura attribuzione delle imputazioni riferite;

- per le tangenti Videotime (giugno e settembre 1989), in base a una lettura delle dichiarazioni di Pellegrini e Roncucci che non tiene in alcun conto il dato, riportato nella stessa sentenza (p. 144), secondo cui il Pellegrini, dai fondi extracontabili accumulati nella misura di 700-800 milioni l'anno, consegnò di volta in volta, fino al 1987, a Paolo Berlusconi tutto quanto questi gli richiedeva, così evidentemente mettendo il medesimo nella condizione di disporne a suo libito per le esigenze e nei tempi che ritenesse.

Dall'altro lato, quanto alla disponibilità, da parte di Silvio Berlusconi, di ingenti somme di denaro depositate su libretti di risparmio al portatore e alle anomale movimentazioni di tali importi, è la stessa Corte milanese (p. 153 della sentenza) ad attribuire a tali circostanze una "rilevanza assolutamente marginale", escludendo che possano costituire prova di una diretta derivazione del denaro utilizzato per il pagamento delle tangenti alla Guardia di Finanza. E tale conclusione è del tutto ovvia, se si considera il volume degli importi movimentati (intorno ai 130 miliardi: v. p. 50 della sentenza di primo grado), in raffronto all'entità delle tangenti di cui si parla.

Del tutto neutro ai fini dell'argomento in discorso è anche il fatto, impropriamente valorizzato dalla Corte di appello, che il denaro venisse normalmente consegnato a Sciascia, secondo quanto ammesso da quest'ultimo, dallo Scabini, cassiere centrale della cassa del gruppo Finivest, Istifi, direttamente e sistematicamente coinvolto nelle anomale movimentazioni di cui si è detto, posto che lo stesso Paolo Berlusconi, nell'individuare la provvista per le tangenti nei fondi neri Edilnord, ha precisato che il denaro che procurava a Sciascia gli veniva messo a disposizione attraverso la cassa centrale del gruppo, Istifi (v. sentenza di primo grado, p. 43).

Appaiono, infine, non pertinenti, considerata la natura degli "affari" in questione, i rilievi in ordine alla mancanza di ruoli operativi di Paolo Berlusconi nell'ambito delle società Videotime e Mediolanum e all'assenza di interesse, per Edilnord, di pagare tangenti riguardanti altre società, e sostanzialmente ipotetico quello relativo alla appartenenza degli affari medesimi alla "strategia globale dell'impresa", di competenza di Silvio Berlusconi.

Va da sé che, caduti i principali pilastri della ricostruzione logico-valutativa operata dalla Corte di merito, perdono ogni residua rilevanza probatoria gli ulteriori elementi utilizzati a conforto della medesima (concomitanza temporale dei sospesi di cassa con le due dazioni Videotime, riunione svoltasi ad Arcore, stretti rapporti intercorsi all'epoca dei fatti tra Silvio Berlusconi e Sciascia, diretto interesse di Silvio Berlusconi a un controllo superficiale e addomesticato da parte della Guardia di Finanza, limitato livello di autonomia operativa di Paolo Berlusconi), collegati essenzialmente (fatta eccezione per i sospesi di cassa, relativi peraltro a importi ben superiori a quelli delle tangenti) alla posizione apicale di Berlusconi, correttamente ritenuta dalla stessa Corte inidonea per sé a fondare un giudizio di responsabilità.

La sostanziale carenza di prove idonee a carico di Silvio Berlusconi ha trovato nell'impugnata sentenza una involontaria ma illuminante manifestazione nel passaggio motivazionale in cui si ammette di non poter stabilire in quali modi (se, in particolare, in via generale o di volta in volta) e tempi sia stata da lui data a Sciascia l'autorizzazione ai pagamenti illeciti.

La sentenza stessa deve, pertanto, essere annullata nei confronti di Silvio Berlusconi limitatamente ai reati di cui ai capi A), B) e C) per non aver commesso il fatto.

Ricorso del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Milano.

Il ricorso proposto dal P.G. è infondato.

Quanto, invero alla contestata assoluzione di Berlusconi dal capo E), si osserva che la motivazione della sentenza impugnata appare sul punto logica e compiuta, siccome correttamente basata sulla ritenuta inadeguatezza, ai fini della prova della responsabilità di Berlusconi, della sua mera presunta posizione di "dominus" effettivo della società e del suo connesso interesse alla superficialità delle indagini commesse alla G. d. F. dalla Procura di Roma.

A fronte di tanto e tenuto conto di quanto già osservato sulla insufficienza probatoria, nei confronti di Berlusconi, del materiale indiziario utilizzato dalla Corte d'Appello a proposito delle vicende Mondatori, Videotime e Mediolanum, si appalesano chiaramente irrilevanti le censure proposte dal P.G. ricorrente in ordine alla differente valutazione dello stesso materiale operata nel caso della vicenda Telepiù, al mancato accertamento dell'effettivo controllore di Telepiù, alla dedotta illogicità del ritenuto possibile interessamento anche di altri soci.

Il motivo relativo alla concessione delle attenuanti generiche risulta poi assorbito dall'assoluzione nel merito di Berlusconi.

P.Q.M.

visti gli artt. 615, 616 e 620 c.p.p.,

dichiara manifestamente infondate le proposte questioni di legittimità costituzionale;

rigetta il ricorso del P.G.;

rigetta i ricorsi di Zuccotti Alfredo, Sciascia Salvatore, Nanocchio Francesco, Capone Giuseppe e Berruti Massimo Maria, che condanna in solido al pagamento delle spese processuali;

annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Berlusconi Silvio limitatamente ai reati di cui ai capi A), B) e C), per non aver commesso il fatto.

Così deciso in Roma il giorno 19 ottobre 2001

Il Consigliere Estensore 

Il Presidente

   F.to A. Cortese

F.to R. Fulgenzi

Depositato in Cancelleria in data 7 novembre 2001

F.to Il Funzionario di Cancelleria


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