Ministero della Giustizia
Ministero del lavoro e della previdenza sociale COMMISSIONE PER LO STUDIO E LA REVISIONE DELLA NORMATIVA PROCESSUALE DEL LAVORO Presidente Raffaele Foglia RELAZIONE GENERALE DEFINITIVA Roma, 7 maggio 2001
Premessa
Sulla crisi del processo del lavoro, tra gli aspetti più allarmanti della crisi della giustizia civile, e sulle sue ragioni di fondo, si dibatte, da anni, concordandosi sulla molteplicità di cause - da quelle socio-economiche, a quelle culturali, dall' accresciuto accesso alla giustizia, alle ragioni politico-normative, ai difetti strutturali del sistema giudiziario ecc.- , senza escludere fenomeni che documentano, talora, un "abuso" del processo del lavoro, come dimostrano recenti esperienze (si pensi all'esorbitante numero di controversie dei dipendenti delle ferrovie, e a quelle, nondimeno, a carattere alluvionale, concernenti le integrazioni al trattamento minimo delle pensioni e l'indebito previdenziale, per citarne solo alcune) che hanno ulteriormente messo a dura prova la gestione, già sofferente, di un processo che il legislatore del 1973 voleva particolarmente celere, e che, tra l'altro, non ha potuto fruire dei benefici connessi all'introduzione del giudice di pace e del "giudice unico". Al contempo, il confronto con la situazione esistente in altri Paesi dell'Unione europea, e le severe censure mosse all'Italia dalla Corte di Strasburgo per l'eccessiva durata dei nostri processi, rendono ancor più evidenti - anche al di fuori del nostro Paese - le disfunzioni ed i ritardi del nostro sistema il quale si pone, ormai, in aperta violazione del nuovo articolo 111 della Costituzione che ha costituzionalizzato il principio della ragionevole durata del processo. Ulteriori motivi di sofferenza sopraggiungono da più parti, in particolare: a) dall'attribuzione alla giurisdizione del giudice del lavoro delle controversie sul pubblico impiego; b) dall'incremento delle controversie di massa e di quelle "seriali"; c) dall'insoddisfacente esperienza conciliativa e/o arbitrale quale strumento di deflazione dei carichi di lavoro giudiziario; d) dai persistenti vuoti di organico e dai ritardi nell'attribuzione di funzioni giudiziarie e di sedi. La Commissione di studio, voluta dai Ministri del Lavoro e della Giustizia (D.M. 24 luglio 2000 ), e insediata il 5 ottobre 2000, è stata costituita proprio allo scopo di suggerire, previa individuazione delle ragioni della crisi attuale, le soluzioni più appropriate elaborando uno o più schemi di proposte normative. L'intervento riformatore è stato dettato dalla constatazione che la lunghezza del rito del lavoro si pone con accenti di speciale gravità allorché la controversia ha ad oggetto aspetti essenziali del rapporto di lavoro, con particolare riferimento alle questioni in materia di trasferimento dei lavoratori e di licenziamento; dall'esigenza di riformare la normativa processuale del lavoro per adeguarla all'incremento delle controversie conseguente all'evoluzione dei rapporti sociali e alla attribuzione alla giurisdizione ordinaria delle cause relative al rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti; dalla necessità di stimolare l'efficacia deflattiva del tentativo obbligatorio di conciliazione e di far decollare i meccanismi arbitrali di risoluzione del contenzioso lavoristico alternativi alla giurisdizione statuale; dalla necessità di individuare meccanismi processuali di urgenza per la definizione delle controversie di lavoro in materia di trasferimenti e licenziamenti. Un forte richiamo alla effettività delle tutele perviene non solo dalle sentenze di condanna della Corte di Strasburgo (per violazione dell'articolo 6 della Convenzione Europea sui diritti dell'uomo) ma anche dall'ordinamento comunitario il quale, pur senza direttamente intervenire sui sistemi processuali nazionali, reclama - sia attraverso le sue norme (a cominciare dagli articoli 10, e 67 del Trattato), sia attraverso la giurisprudenza sempre più incisiva della Corte di Giustizia - interventi adeguati e concretamente operativi, capaci di reale forza persuasiva o dissuasiva, per assicurare l'attuazione dei diritti armonizzati per tutti i cittadini dell'Unione europea. Non si tratta di raccomandazioni di stile, ma di disposizioni dotate di forza precettiva immediata la cui inosservanza potrebbe essere sanzionata, attraverso una procedura di infrazione, come violazione degli obblighi di conformazione alle norme comunitarie. Come noto, il processo del lavoro è luogo privilegiato di applicazione della normativa comunitaria nella quale la politica sociale ha conquistato - specie con gli ultimi Trattati di Amsterdam e con la Carta dei diritti fondamentali - una posizione di indubbia centralità. Sul piano dell'efficienza del sistema, il nostro processo del lavoro - pur ispirato a livelli di garanzia formale più avanzati - mostra ritardi e carenze non più tollerabili una volta che la nostra giurisdizione, chiamata dal Trattato di Amsterdam, a confrontarsi sui nuovi piani della cooperazione giudiziaria transfrontaliera, è inserita in un circuito di competenze in ambito comunitario, secondo le regole della Convenzione di Bruxelles, ulteriormente valorizzate dal recentissimo Regolamento del Consiglio n. 44/2001 (che sarà in vigore dal marzo 2002). Del resto, con la diffusione delle imprese e servizi transnazionali, e la crescente mobilità dei lavoratori in territori in ambito comunitario, la domanda di giustizia, nel nostro Paese, promana, sempre più frequentemente, da nuovi utenti nei cui confronti la risposta giudiziaria rischia di compromettere le propensioni, anche economiche, verso il nostro Paese, a favore delle realtà esterne. La Commissione ha individuato più linee di intervento sulle quali è pervenuta ad una serie di proposte di seguito indicate. I. ARBITRATO E CONCILIAZIONENel settore delle controversie di lavoro, conciliazione e arbitrato non hanno mai registrato quella diffusione ed adesione auspicabile fin dalla riforma introdotta dal legislatore del 1973, al fine di alleggerire il carico di lavoro dei magistrati addetti alla trattazione delle controversie di lavoro e, al contempo, di offrire, in un processo fortemente caratterizzato da una parte debole, strumenti efficaci e veloci di risoluzione delle controversie. Siffatta aporia seguita all'intervento riformatore del legislatore del 1973, diventava vera e propria diffidenza ove gli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie si misuravano con il contenzioso del lavoro pubblico, nei confronti del quale resisteva, tenacemente, la convinzione di una sorta di incompatibilità tra controversie di competenza del giudice amministrativo e composizione negoziale come alternativa alla tutela giurisdizionale dei diritti del lavoratore. La riforma introdotta con i decreti n.80 e n.387 del 1998, preordinata, in primis, a deflazionare e semplificare l'enorme contenzioso del lavoro, regolamentando il circuito alternativo e parallelo a quello ordinario di giustizia, ha, invece, rilanciato gli istituti della conciliazione e dell'arbitrato, partendo proprio dal settore pubblico (novellando il codice di rito con le disposizioni recate dagli articoli 412-ter e 412-quater, disegnando, ex novo, il tentativo obbligatorio di conciliazione con le disposizioni recate dagli articoli 69 e 69-bis del decreto legislativo n. 29 del 1993), aggiungendo alla conciliazione, relegata a strumento occasionale e marginale dal legislatore del 1973, il predicato dell'obbligatorietà. L'esperienza sin qui maturata nel settore pubblico induce a pervenire ad un complessivo giudizio di favore verso lo strumento conciliativo, consolidatosi anche nel confronto con le esperienze comparatistiche, specie in ambito comunitario, in cui le alternative dispute resolutions (ADR) costituiscono un'esperienza molto diffusa nella giustizia civile. Può, invero, affermarsi, senza tema di smentita, che :
Tali dati confortanti, unitamente ad un'oggettiva riflessione sull'insuccesso del modello vigente per il lavoro privato - per la scarsa impegnatività dello strumento, l'assoluta carenza di incentivi positivi e negativi, per le parti in lite e per il ceto tecnico-forense, l'incontrollato aumento del carico di lavoro - hanno indotto la Commissione all'idea di realizzare un meccanismo che miri a fare della fase conciliativa una fase precontenziosa, a giudizio formalmente già iniziato. Il meccanismo disegnato dalla novella conserva l'obbligatorietà del tentativo di conciliazione giacché, mutuando le parole del Giudice delle Leggi, esso tende a soddisfare l'interesse generale sotto un duplice profilo: evitando, da un lato, che l'aumento delle controversie attribuite al giudice ordinario in materia di lavoro provochi un sovraccarico dell'apparato giudiziario, ostacolandone il funzionamento; favorendo, dall'altro, la composizione preventiva delle lite e assicurando alle posizioni sostanziali un soddisfacimento più immediato rispetto a quello conseguibile attraverso il processo (v. Corte Cost. 276/2000). Sulla base delle prime esperienze applicative del nuovo articolo 412 bis codice di rito e alla luce delle più recenti indicazioni della Corte Costituzionale, è apparso opportuno esplicitare l'esclusione dell'obbligo di conciliazione, ratione materiae, per le controversie previdenziali (nelle quali gli spazi di disponibilità sono ristretti in considerazione del regime pubblicistico che le caratterizza), per i procedimenti sommari o d'urgenza (per i quali la tutela del diritto azionato è tanto più efficace quanto più è tempestivo l'intervento giudiziale), ivi comprese le controversie in materia di trasferimenti e licenziamenti che, alla stregua della ovella indicata dalla Commissione, sono assoggettabili ad una procedura sommaria tipica, per le cause relative ai rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni c.d. privatizzate (per le considerazioni innanzi esposte). La proposta si fonda, quanto alla disciplina della conciliazione, sui seguenti principi-base:
Con riferimento agli arbitrati il dibattito in seno alla commissione ha palesato un difficile approccio, condizionato da opzioni politico-sindacali di non facile superamento, pur essendo tutti i commissari accomunati dall'idea di connotare l'istituto in guisa tale da filtrare, in termini selettivi, il ricorso alla giustizia del lavoro al fine di consentire, a quest'ultima, di intervenire nelle controversie di maggiore rango con la dovuta professionalità e tempestività, e da costituire una reale attrattiva per la celerità e stabilità del ricorso all'arbitrato . Per completezza va richiamato il suggerimento, informato peraltro alla recente giurisprudenza delle sezioni unite (Cass., Sez.Un. n. 527/2000), indirizzato verso un ampliamento del ricorso all'arbitrato rituale, contemperando la massima estensione possibile con i principi costituzionali che vietano l'obbligatorietà di tale mezzo di risoluzione delle controversie. La proposta, che non ha incontrato sufficiente consenso, si fonda, fra l'altro, sull'abrogazione del divieto di compromettibilità ad arbitri delle controversie di cui all'art.409 codice di procedura civile e su clausole compromissorie, trasfuse nel contratto collettivo e richiamate nel contratto individuale, che consentano la devoluzione ad arbitri anche quando abbiano ad oggetto diritti dei lavoratori derivanti da disposizioni inderogabili di legge o da contratti collettivi, sull'impugnabilità, in unico grado davanti alla Corte d'Appello, e solo per vizi procedimentali, La soluzione, più moderata, adottata dalla commissione, contempla:
La conservazione della concorrente disciplina arbitrale, espressione dell'autonomia negoziale collettiva, è volta a favorire un sistema integrato dell'arbitrato nelle controversie di lavoro che si avvalga dell'apporto di importanti Accordi già perfezionati (ARAN, CONFAPI, CISPEL), o in itinere, taluni con disposizioni peculiari, qual è la soluzione adottata, fra gli altri, dall'accordo CONFAPI che consente di pervenire, nella medesima sede, ad un'interpretazione autentica sull'efficacia e validità di una clausola del contratto collettivo nazionale, introducendo, così, un efficace strumento di prevenzione delle controversie seriali. Peraltro le divergenze che, nei vari accordi, emergono in ordine all'ambito di impugnabilità dei lodi vengono risolte, con l'articolato proposto, riconducendo ad unità il regime delle impugnazioni sicché anche per l'arbitrato previsto dalla contrattazione collettiva si applica il regime di impugnazione introdotto con la novella, id est l'impugnabilità, per qualsiasi vizio, davanti alla Corte d'Appello. Va, inoltre, rimarcato che l'autorevolezza del conciliatore deriverà dalla sua nomina, da parte del giudice, attingendo ad un Albo dei Conciliatori esperti in materie giuslavoristiche, tenuto dal Presidente del Tribunale. Quanto alla gratuità, o meno, dell'operato del conciliatore, è prevalsa l'idea della indennizzabilità, rinviando ad un decreto ministeriale ogni determinazione in ordine al quantum. La novella, pertanto, non è senza oneri per lo Stato, essendo l'importo dell'indennità per il conciliatore fissato in lire 200.000, qualunque sia l'esito del tentativo di conciliazione, indennità elevata a lire 300.000, ove il tentativo si concluda con la conciliazione, e ridotta a lire 150.000 ove il tentativo non possa essere espletato per mancata presentazione delle parti o del convenuto.
Art.1
(Modifica agli art. 410, 411, 412, 412 bis, 412 ter, 412 quater)
Art. 410
Tentativo obbligatorio di conciliazione.
Art. 411
Processo verbale di conciliazione.
Art. 412
Verbale di mancata conciliazione.
Art. 412 bis
Arbitrato facoltativo.
412 ter
Impugnazione del lodo arbitrale.
412 quater
Altre modalità di conciliazione.
Art. 412 quinquies
Arbitrato in materia di lavoro previsto dalla contrattazione collettiva.
Art. 2
Modifiche agli art. 415, 418, 420
Art. 3
Modifica alle disposizione di attuazione. All'art. ... delle disposizioni di attuazione è inserito il seguente articolo:
Art. ......
Albo dei conciliatori.
Art. 4
Norme transitorie.
Il diritto alla conservazione del rapporto di lavoro è diritto fondamentale della persona ai sensi dell'articolo 2 della Costituzione, in quanto attinente alla conservazione del luogo, id est dell'inserimento nella formazione sociale, dove si svolge la sua personalità. Da ultimo la Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea, firmata a Nizza il 7 dicembre 2000, ha reso più visibile il valore fondamentale della tutela contro ogni licenziamento ingiustificato (articolo 30, Carta dei Diritti). L'estrema deteriorabilità del bene protetto - il posto di lavoro - stante il carattere dinamico, e non statico, connaturato all'organizzazione del lavoro, ha rivelato, nel tempo, l'enorme difficoltà insita nell'attuazione di una tutela specifica, reintegratoria, a distanza di mesi o anni dal licenziamento, dall'estromissione dal luogo di lavoro. Al pari degli altri settori della giustizia, per i quali importanti modifiche sono state recentemente introdotte, il contenzioso del lavoro attraversa, non da poco, una crisi determinata essenzialmente dal progressivo allungamento dei tempi di definizione dei processi, crisi ancor più evidente per la peculiarità del rito introdotto dal legislatore del 1973, informato a principi di oralità e celerità. La domanda di giustizia in tale settore ha spesso determinato un eccessivo ricorso alla tutela atipica urgente. L'urgenza del recupero di funzionalità del processo del lavoro suggerisce, pertanto, un intervento normativo con riferimento alle controversie che trattano i momenti più delicati e patologici del rapporto di lavoro. Il bilanciamento degli opposti interessi - del lavoratore alla conservazione del posto, del datore di lavoro all'organizzazione del lavoro- consiglia, nella specie, di ridisegnare la tutela reintegratoria contro il licenziamento ingiustificato nelle forme di un'azione tipica urgente a cognizione sommaria, sì da imprimere a siffatte azioni una durata ragionevole. L'articolato propone:
La disciplina proposta si applica a tutte le ipotesi di licenziamento, nell'ambito sia della tutela obbligatoria che reale, anche con riferimento alle ipotesi di previo accertamento giudiziale della natura subordinata del rapporto ovvero della legittimità del termine apposto al contratto. L'intervento normativo si estende, inoltre, con opportuni adattamenti, alle controversie in materia di trasferimenti di cui all'articolo 2103 del codice civile. Nonostante il rilievo avanzato da alcuni autorevoli esponenti della Commissione concernente l'opportunità di escludere dal campo di applicazione della proposta normativa i datori di lavoro pubblico c.d. privatizzati, in considerazione della apprezzabile difficoltà di approntare, nei tempi rapidi imposti dalla procedura, una difesa efficace, il proposito di assecondare gli intenti legislativi volti alla tendenziale uniformità della disciplina del settore pubblico e di quello privato ha suggerito di non differenziare gli strumenti processuali. La modifica della normativa sostanziale concerne esclusivamente la decadenza, nel quando e nel quomodo, dell'impugnativa del licenziamento: il termine, innalzato a 120 giorni, diventa anche termine di decadenza dall'azione giudiziale. Il medesimo termine decorre da qualsiasi altro atto o fatto che manifesti l'inequivoca intenzione del datore di lavoro di porre fine al rapporto di lavoro. Il procedimento si svolge con una cognizione libera da formalità, in contraddittorio delle parti, e si conclude con la conoscenza tendenzialmente completa delle questioni, di fatto e di diritto, controverse. L'onere della prova, con riferimento al numero dei dipendenti occupati in azienda ed ai motivi che hanno determinato il provvedimento espulsivo, grava sul datore di lavoro che ha di fatto la conoscenza dei relativi dati. La tipicità dell'azione prevede lo strumento del mutamento del rito, anche in considerazione della peculiare connotazione del termine di impugnativa del licenziamento: il giudice provvederà a disporre la regolarizzazione dell'atto introduttivo nelle forme di cui al comma 3 dell'articolo 4 quando la domanda sia stata proposta irritualmente (se proposta ai sensi degli articoli 414 e seguenti codice di rito dispone procedersi con forma sommaria, se proposta erroneamente con forma sommaria, dispone la regolarizzazione a norma degli stessi articoli). Elemento qualificante dell'azione sommaria disegnata dal progetto di riforma è senza dubbio l'idoneità dell'ordinanza a divenire irrevocabile in mancanza di reclamo. L'azione tipica introdotta è peculiare anche quanto al regime delle impugnazioni: a) l'ordinanza emessa dal Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, è reclamabile alla sezione lavoro della Corte d'Appello; b) l'ordinanza emessa dalla Corte d'Appello, in sede di reclamo, è opponibile solo con ricorso, nelle forme di cui all'articolo 414 codice di rito, dinanzi alla stessa Corte d'Appello. c) La sentenza della Corte d'Appello è ricorribile in Cassazione. La coerenza sistematica potrà, inoltre, imporre alcune modifiche alla vigente disciplina ex articolo 18 legge n.300 del 1970, con riferimento allo speciale procedimento introdotto dal legislatore del 1970 per rafforzare la tutela del lavoratore dirigente di rappresentanze sindacali unitarie. A garanzia dell'attuazione effettiva del capo del provvedimento (ordinanza o sentenza) di condanna alla reintegra, è prevista una forte misura coercitiva di carattere pecuniario, individuata sul modello francese delle astreintes, connotata dalla irripetibilità delle somme (corrisposte o da corrispondere) in caso di successiva sentenza (di primo grado o d'appello) dichiarativa della legittimità del licenziamento. Per evitare ingiustificati arricchimenti del lavoratore, in caso di successiva sentenza dichiarativa della legittimità del licenziamento, il lavoratore può trattenere solo una somma corrispondente alla retribuzione per il periodo intercorso tra il provvedimento di condanna e la sentenza di riforma, mentre le ulteriori somme percepite o percipiende sono devolute ad un fondo speciale. La riforma del provvedimento dichiarativo dell'illegittimità del trasferimento comporta, invece, un obbligo di restituzione delle somme già percepite Per attuare l'astreinte è data al lavoratore la procedura cautelare dell'art. 669 sexies e seguenti codice di procedura civile, con la quale richiedere al giudice, dell'ordinanza o della sentenza di reintegra, la liquidazione delle somme dovute per i giorni di ritardo. La relativa ordinanza è immediatamente eseguibile e reclamabile o al Collegio del tribunale o al Collegio di appello (a seconda del provvedimento reclamato). La caratteristica urgente e sommaria del procedimento porta alla eliminazione del tentativo di conciliazione e della relativa procedura extra giudiziale, essendo questa in contrasto con i tempi ristretti della novella. Sul piano ordinamentale si prevede, per rafforzare la celerità dell'azione, che il giudice tratti con priorità tali cause, ipotizzandosi altresì, in subjecta materia, la tipizzazione dell'illecito disciplinare del magistrato, sub specie di violazione dell'obbligo di trattazione prioritaria. Su tale previsione, peraltro, si è registrato il fermo dissenso di autorevoli esponenti della Commissione in ragione della unicità e singolarità della previsione e della collocazione ratione materiae.
Art. 1
Art. 2
Art. 3
Art. 4
Art. 5
Art. 6
Art. 7
Art. 8
Molteplici ragioni impongono di guardare alle controversie previdenziali con particolare preoccupazione, sì da richiedere terapie forti:
Tale risultato dipende da una serie di fattori, tra cui:
In particolare, una categoria di controversie che, come emerso dalle specifiche audizioni di esperti appositamente invitati in rappresentanza degli enti pubblici di previdenza e dell'Avvocatura dello Stato, presenta gravissime carenze e che, anche per l'incessante aumento delle pendenze, richiede interventi coraggiosi, è quella riguardante l'invalidità civile e le prestazioni pensionistiche già gestite dai Ministeri dell'Interno e del Tesoro, per le quali è emersa una pressoché totale assenza di ogni fase contenziosa amministrativa. Per operare efficacemente su questi terreni, la Commissione ha ritenuto indispensabile - almeno per quanto riguarda le controversie dipendenti da accertamenti medico-legali (costituenti più del 20% dell'insieme, su scala nazionale, o addirittura il 70/80% in alcune aree centro-meridionali) - una forte valorizzazione e maggiore impegnatività della fase contenziosa amministrativa, possibilmente unificata, accentuandone i connotati di terzietà, di rispetto del contraddittorio, con possibilità di assistenza tecnico-legale. In questa prospettiva sono stati ripresi spunti forniti dalla precedente Commissione del 1998, istituita dal Ministro del Lavoro (Treu), la quale aveva suggerito, quale soluzione più radicale, (da accompagnare, peraltro ad una serie di interventi di contenimento dell'ulteriore ricorso per Cassazione), l'impugnabilità in unico grado delle decisioni rese in detta fase amministrativa, il che, senza sacrificare diritti fondamentali, oltre a ridurre drasticamente i tempi e i costi del giudizio, avrebbe reso disponibili enormi risorse all'interno della giurisdizione, consentendole di operare in maniera più incisiva sul controllo di legalità. Su questo versante, non è stato possibile pervenire - all'interno della Commissione - ad indicazioni unitarie, preferendosi affidare alle scelte che saranno adottate in sede politica due progetti (sostanzialmente) alternativi, i quali, pur ispirati dalla medesima finalità e dall'accettazione dei medesimi valori, privilegiano, l'uno, un intervento di tipo, per così dire, "strutturale" (introduzione di un procedimento obbligatorio precontenzioso, diretto alla formazione di un titolo esecutivo stragiudiziale, ed attribuzione della fase giudiziale alla competenza di giudice onorario), l'altro, un intervento di tipo prettamente correttivo-integrativo della disciplina esistente. A) Prima soluzione: Delega al Governo per la modifica del Capo II del Titolo IV del Libro II del codice di procedura civile (relativo alle controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatoria).
Art. 1
Il Governo è delegato ad emanare entro .... mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi miranti a garantire una definizione efficiente e rapida delle controversie di previdenza ed assistenza obbligatoria e di quelle relative all'inosservanza degli obblighi di assistenza e previdenza derivanti da contratti e accordi collettivi, comprese le prestazioni previdenziali o assistenziali sia pubbliche che private, con l'osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi: a) all'art. 442 c.p.c., comma I dopo le parole "e di assistenza obbligatoria aggiungere le parole "sia pubblica che privata"; b) aggiungere l'art. 410 ter c.p.c., (tentativo obbligatorio di conciliazione), prevedendo l'istituzione presso le Sezioni Lavoro dei Tribunali delle Commissioni Precontenziose, d'intesa con gli Uffici Provinciali del Lavoro, e le Sezioni lavoro dei Tribunali, composte da un Presidente e due componenti (questi ultimi designati rispettivamente dall'ente sia pubblico che privato e dal Patronato dell'assicurato, mentre il Presidente viene nominato dal Direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro) con il compito di definizione stragiudiziale della controversia; c) stabilire per il procedimento precontenzioso obbligatorio:
d) stabilire che i compensi per i componenti delle Commissioni precontenziose siano attinti dai fondi già previsti nel bilancio degli Enti e per i legali con previsione espressa, nella legge finanziaria; stabilire una posta per il compenso dovuto ai legali dei Patronati secondo le tariffe professionali ridotte di un terzo, armonizzando la spesa con il contributo previsto per i Patronati secondo dalla recente disciplina contenuta nella legge 30 marzo 2001, n.152 ; e) escludere ogni ipotesi di arbitrato nel contenzioso di cui all'art. 442 c.p.c.; f) prevedere la vigilanza, da parte del Presidente della Sezione Lavoro del Tribunale, sulle Commissioni precontenziose e sull'attività di queste al fine di garantirne l'imparzialità, la composizione ed il rispetto delle modalità di svolgimento nonchè la professionalità dei componenti; g) prevedere la costituzione delle Commissioni in ogni capoluogo di provincia, sede degli enti, fissandone la competenza territoriale; h) modificare l'art. 147, I comma, disp.att., c.p.c. in conformità dei principi e criteri direttivi della presente legge delega; i) modificare l'art. 444 c.p.c. e seguenti stabilendo che avverso le decisioni della Commissione Precontenziosa è competente in sede giurisdizionale il Giudice del Lavoro onorario in funzione di Giudice della Sicurezza sociale; j) prevedere che l'estrazione del Giudice del Lavoro, onorario, in prima istanza, sia caratterizzato da un alto grado di specializzazione configurandosi come Giudice Onorario Aggregato (GOA), avendo come requisito, l'esercizio della professione forense continuativa e qualificata nel contenzioso del lavoro o della previdenza ex art. 442 c.p.c. per un periodo ragionevole di anni da prefissarsi; k) in conseguenza di quanto previsto alle lettere i) e j), modificare l'articolo 1 r.d. 30 gennaio 1941 n. 12 nel senso che nella lettera a) sono aggiunte le parole "e dal giudice della sicurezza sociale"; nell'art. 4 comma 2 dopo le parole "i giudici di pace" sono introdotte le parole "i giudici della sicurezza sociale"; nell'articolo 43 r.d. n. 12 del 1941 lettera A) dopo le parole "giudice di pace" sono aggiunte le parole "e del giudice della sicurezza sociale"; nell'art. 50 bis c.p.c. al comma 1 sono aggiunte le parole: "nelle controversie di cui all'art. 442 c.p.c. in grado di appello"; l) prevedere che la sentenza del Giudice del lavoro onorario, in funzione del Giudice della sicurezza sociale, sia impugnabile davanti alla Sezione Lavoro della Corte di Appello; m) determinare il regime delle incompatibilità conseguenti e l'inquadramento normativo ed economico per i già vigenti G.O.A., per il contenzioso civile, in quanto conciliabili con le funzioni previste dalla presente legge delega; n) modificare il regime della gratuità universale per i precettori di redditi medio-alti, e riscrivere in conseguenza l'art. 152 disp. att. c.p.c.; o) in ordine alle cause seriali, determinare criteri di individuazione quali indici della natura seriale della questione, laddove involgono questioni d'interpretazione di legge, avendo come possibile riferimento l'art. 68 bis d.lgs. 29/1993 (fra questi, potrebbe suggerirsi il caso della questione di diritto posta a fondamento del motivo della riassunzione della controversia davanti al giudice all'esito della fase precontenziosa); p) per l' eliminazione dell'arretrato (condizione essenziale per l'operatività concreta degli interventi proposti), istituire sezioni stralcio della sezione lavoro del Tribunale, integrate con Giudici Onorari Aggregati, (come si è previsto per il Civile) sulla base delle pendenze esistenti soprattutto nelle grandi aree metropolitane. I G.O.A. addetti alle sezioni stralcio lavoro del Tribunale, a composizione collegiale, saranno designati sulla base del requisito della specializzazione tra gli avvocati che trattino con continuità o prevalentemente il contenzioso del lavoro e previdenziale e di controversia con la P.A., da almeno dieci anni. Varranno per costoro le previsioni sulle incompatibilità già previste per i G.O.A. ed i Giudici di Pace.
Art. 2
Il Governo è delegato nello stesso termine, nel quadro del riordino generale del contenzioso del lavoro della Pubblica Amministrazione ex d. lgs n.29 del 1993 ad emanare le norme necessarie per attrarre alla competenza ex art. 442 c.p.c. e conseguentemente alla fase precontenziosa, le controversie della Corte dei Conti, in materia di pubblico impiego, con deroga per il personale soggetto a riserva di legge.
Art. 3
Il Governo dovrà provvedere in pari tempo - al fine di rilanciare - il rito del lavoro, atteso il suo fondamento pubblicistico, ad istituire un Osservatorio, presso il Ministero della Giustizia e del Lavoro sull'applicazione, ed a prevedere una fase sperimentale, con strumenti legislativi che consentano anche di intervenire in corso d'opera sul piano integrativo e correttivo in coerenza con le esperienze di altre legislazioni comunitarie.
Art. 4
Nell'ambito dell'adozione del nuovo regime unitario del precontenzioso come fase obbligatoria, il Governo dovrà armonizzare la fase amministrativa, attualmente frammentaria e diversificata a seconda degli enti di competenza e del regime delle varie prestazioni previdenziali.
Art. 5
Gli schemi dei decreti legislativi saranno trasmessi al Senato della Repubblica ed alla Camera dei Deputati perché sia espresso dalle competenti Commissioni permanenti un motivato parere entro il termine di 30 giorni dalla data della trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati, anche in mancanza di parere.
Art. 6
Entro due anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi il Governo può emanare disposizioni correttive nel rispetto dei criteri e principi direttivi suindicati.
Art. 7
All'attuazione della nuova disciplina per la fase precontenziosa , si dovrà provvedere con i bilanci degli Enti e con espressa previsione per la fase contenziosa di primo grado con relativa posta di bilancio nella legge finanziaria del 2002. B) Seconda soluzione Premessa indispensabile di tale proposta è l'adozione delle misure - condivise all'unanimità nella Commissione - concernenti la gestione delle cause "seriali" (su cui v. infra) Essa è particolarmente mirata alle controversie dipendenti da accertamenti medico-legali, giacché per tutte le altre controversie previdenziali la cui soluzione può coinvolgere aspetti tecnico-giuridici di notevole complessità, non si ravvisano ragioni che ne giustifichino una pregiudiziale differenziazione, sul piano della disciplina processuale, rispetto alle controversie di lavoro in genere. Dette controversie - in quanto rappresentano una componente quantitativamente assai rilevante del contenzioso del lavoro (specie nelle aree geografiche dove si registrano le maggiori disfunzioni) al cui aggravio si intende apprestare rimedi, e, d'altra parte, sono risolvibili essenzialmente sulla base di criteri mutuabili dalla scienza medico-legale - meritano di essere sottoposte al vaglio giudiziale secondo modalità che sgravino il giudice del lavoro dai profili ordinari della trattazione degli aspetti medico-legali. Pur restando rigorosamente all'interno del disegno della legge n. 533 del 1973, la proposta in esame parte dall'esigenza che il contenzioso amministrativo acquisisca: 1) maggiore affidabilità (specie nelle controversie previdenziali in riferimento), e 2) maggiore semplicità (affinché le relative regole e procedure non debbano, esse stesse, rappresentare occasione di vertenzialità). Al perseguimento dei due suddetti obiettivi - potenziamento qualitativo dell'istruttoria dei ricorsi amministrativi (al fine della loro maggiore affidabilità e, dunque, della maggiore fruibilità in giudizio dei relativi esiti) e semplificazione degli stessi (al fine, come si è detto, della riduzione delle ragioni di vertenzialità, per così dire, endogena) - è finalizzata la seguente ipotesi di delega, nonché la modifica dell'art. 147 disposizioni di attuazione codice di procedura civile, nei termini che seguono:
Art.
Norma di delega
Il Governo è delegato ad emanare entro ... una o più norme di razionalizzazione della disciplina delle procedure contenziose amministrative in materia previdenziale in forma compatibile con il disposto dell'articolo 147 disposizioni di attuazione del codice di procedura civile e sulla base dei seguenti principi: a) armonizzazione di tutte le procedure esistenti, e loro articolazione in unico grado; b) uniformazione dei termini; c) potenziamento qualitativo dell'istruttoria dei ricorsi amministrativi; d) presenza negli organi decidenti di rappresentanti delle parti interessate; e) istituzione di sedi contenziose esterne rispetto agli enti previdenziali interessati; f) costituzione di organi collegiali composti in maniera da assicurare specifiche competenze professionali medico-legali; g) potenziamento qualitativo dell'istruttoria dei ricorsi amministrativi; h) garanzia del contraddittorio e assistenza tecnico-legale; i) impugnabilità delle decisioni assunte in sede contenziosa, concernenti i requisiti medico-legali, davanti al Tribunale in unico grado di merito (su tale criterio è stato registrato qualche dissenso all'interno della Commissione);
Art.
(Sulle ipotesi di soluzione che seguono si è registrato un consenso unanime) 1.Cause seriali Tale tipologia riguarda tanto le controversie del lavoro quanto le controversie previdenziali. Si stima che qualsiasi iniziativa di reazione processuale, diretta a contenere il fenomeno delle cause seriali, non possa passare altro che attraverso specifiche iniziative del giudice, da un lato, e comportamenti collaborativi della difesa tecnica delle parti, dall'altro. Naturalmente, sarebbe auspicabile la previa elaborazione legislativa di criteri identificativi di detta tipologia di cause, attraverso i quali accertare la natura seriale della questione, laddove involgono questioni di interpretazione di legge, avendo come possibile riferimento l'articolo 68 bis d. lgs. n.29 del 1993 (un criterio empirico potrebbe essere quello di una questione di diritto che sia stata posta a fondamento del motivo della riassunzione della controversia davanti al giudice all'esito della fase precontenziosa). Al riguardo, tuttavia, vanno considerati, ex plurimis, la difficoltà di definizione della nozione stessa di causa seriale; il diverso proporsi del problema nelle controversie di lavoro e nelle controversie previdenziali; l'esigenza di non coinvolgere quanto già dalla legge espressamente disciplinato (accertamento pregiudiziale sui contratti collettivi di lavoro pubblico). Si reputa, pertanto, preferibile prospettare, allo stato, una soluzione minimale, che si muova all'interno dell'istituto della riunione dei procedimenti e si avvalga del modello unico di iscrizione a ruolo, elaborato dal Ministero della Giustizia d'intesa con il Consiglio Superiore della Magistratura, di cui alle circolari 22 dicembre 1999 e del 2 agosto 2000. Tutto ciò, naturalmente, non esclude la possibilità del ricorso a meccanismi quali quello previsto dall'articolo 68 bis del d.lgs. n. 29 del 1993 (da fare oggetto, peraltro, di apposita, attenta elaborazione). Allo stato, si ipotizza, dunque, al fine suddetto, il seguente intervento integrativo alla vigente disciplina (modifica dell'art. 151 codice di procedura civile e introduzione degli artt. 151 bis e 151 ter disposizioni di attuazione del codice di procedura civile).
Art.
Art.
"Art. 151 bis
Art.
"Art. 151 ter
2. Ricorso in materia di previdenza e assistenza obbligatorie L'art.414 c.p.c., nel testo vigente non consente - specie in casi di omonimia - l'esatta identificazione del ricorrente né quale destinatario delle prestazioni, né, tanto meno, quale soggetto nei confronti del quale operare le ritenute fiscali. Si è pertanto condiviso il suggerimento - formulato dall' Ufficio legale dell' Inps - di aggiungere all'articolo 442 codice di procedura, il seguente (terzo) comma:
3. Ius novorum nella fase di gravame. Un effetto deflattivo del contenzioso previdenziale, in genere, ed, in particolare, una razionalizzazione dei giudizi in grado di appello (e in sede di rinvio dalla Cassazione), che abbiano ad oggetto questioni risolvibili con criteri medico legali, appaiono perseguibili adottando il seguente
Art.
4. Comunicazione delle decisioni in materia di previdenza e assistenza obbligatorie agli enti previdenziali Al fine di consentire agli Istituti previdenziali di avere tempestiva conoscenza dei provvedimenti giurisdizionali e così, di assicurare un sollecito adeguamento in sede amministrativa a quanto in essi statuito (il che appare particolarmente utile per l'Inps in considerazione delle nuove competenze attribuite a tale Istituto in materia di invalidità civile) nonché di evitare - attraverso una tempestiva conoscenza di quei provvedimenti - azioni esecutive in danno dei medesimi Istituti, si è ritenuto opportuno introdurre una disposizione di natura organizzativa (analoga a quella già prevista dall'articolo 14 della legge 3 aprile 1979, n. 103 per l'Avvocatura dello Stato) del seguente tenore:
Art. 149 bis disp.att. c.p.c.
5 - Spese processuali. I notevoli mutamenti, rispetto al periodo al quale risale la riforma del processo del lavoro, che hanno interessato l' "utenza" del processo stesso (oltre a più generali esigenze di contenimento delle spesa pubblica), hanno reso ormai da tempo inattuale ed ingiustificata l'indiscriminata esenzione dei lavoratori dall'onere del pagamento delle spese di soccombenza (salvo il caso - peraltro, di rado ravvisato nella pratica giudiziale - di lite manifestamente infondata e temeraria). Si propone, pertanto, la seguente modifica dell'art. 152 disp. att. c.p.c.:
Art.
6 - Competenza territoriale, esecuzione esattoriale, cartolarizzazione. In relazione all'introduzione dell'esecuzione esattoriale, come strumento di esazione dei crediti per contributi previdenziali, e della cartolarizzazione di questi ultimi, il giudizio di opposizione contro il ruolo ex art. 28, comma 6, d.lgs. n. 46 del 1999, per effetto di alcune incongruenze normative e di obiettive incertezze interpretative, può, allo stato, determinare un inutile aggravio di contenzioso o strumentali duplicazioni di ricorsi. Parte dei suaccennati inconvenienti riguardano l'individuazione del giudice competente, e potrebbero essere ovviati aggiungendo un quarto comma all'articolo 444 codice di rito, del seguente tenore:
7 - Interessi e rivalutazione La recente sentenza della Corte costituzionale 2 novembre 2000, n. 459, nel dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'articolo 22, comma 36 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, nella parte in cui modifica (in pejus) il regime di rivalutazione dei crediti retributivi introdotto dall'articolo 429 ultimo comma del codice di procedura civile, ha riaperto l'annoso dibattito circa la legittimità di una estensione del medesimo regime ai crediti di natura previdenziale o assistenziale, certamente meritevoli di una pari tutela specie in relazione alla più sfavorevole situazione economica in cui versano i percettori di prestazioni previdenziali o assistenziali obbligatorie. E' apparso, quindi, opportuno, anche per prevenire l'insorgenza di numerose questioni di legittimità costituzionale, ripristinare la totale assimilazione dei crediti, siano essi retributivi (pubblici e privati) siano essi previdenziali o assistenziali, all'identico regime prefigurato dall'art. 429 u.c. del codice di rito, secondo gli esiti cui era già pervenuta la giurisprudenza - sia costituzionale che di legittimità - alla fine di un lunghissimo e tormentato dibattito iniziato dal 1973 sino a tutto il 2000. Altrettanto opportuna è apparsa la trascrizione, in apposita norma, dell'orientamento "intermedio" espresso da ultimo dalle Sezioni Unite della Cassazione (sent.29 gennaio 2001, n. 38) in ordine alla cumulabilità degli interessi legali con la rivalutazione monetaria:
Art.
Sono abrogati l'articolo 16 comma 6 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, nonché l'articolo 22, comma 36, secondo capoverso, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, da "L'articolo 16, comma 6 ..." fino a "data di entrata in vigore della presente legge".
Art.
L'art. 150 delle disposizioni di attuazione è così modificato:
8. Procedimento monitorio La Commissione ha preso in esame interventi in proposito, partendo da tre ordini di considerazioni.
Un inconveniente della soluzione proposta potrebbe essere ravvisato nella circostanza che essa può comportare una diminuzione dei redditi professionali degli avvocati dei lavoratori. Ma a questa diminuzione corrisponderebbe una grande semplificazione nel lavoro degli studi, che potrebbero meglio concentrarsi sulle cause in cui viene proposta l'opposizione e su quelle più delicate e complesse che devono seguire la via del processo in contraddittorio (licenziamenti, accertamenti dell'esistenza del rapporto, mansioni, qualifiche, interpretazione dei contratti collettivi ecc.) Sono state esaminate tre soluzioni possibili, di seguito riportate, delle quali soltanto la prima di esse soddisfa completamente, a parere unanime della Commissione, le esigenze appena illustrate. La seconda è una soluzione di compromesso, la terza si limita a codificare un orientamento giurisprudenziale abbastanza diffuso. Prima soluzione (forte): rendere praticamente puro (e quindi svincolato da una vera e propria prova scritta, alla medesima stregua della vigente disciplina per i crediti per le prestazioni di lavoro intellettuale disciplinate dai numeri 2 e 3 dell'articolo 633 codice di procedura ) il procedimento avente ad oggetto crediti in denaro traenti origine da uno dei rapporti indicati dall'articolo 409 c.p.c. ovvero da rapporti di lavoro autonomo. Seconda soluzione (intermedia): rendere quasi puro, (richiedendo al ricorrente di offrire indizi idonei a far presumere esistenti i fatti costitutivi del proprio diritto), il procedimento avente ad oggetto i crediti di denaro indicati alla lettera precedente. Terza soluzione (debole) rendere possibile la pronuncia del decreto anche quando - ferma la necessità della prova scritta per i fatti costitutivi - la quantificazione della somma dovuta richieda la consultazione di tabelle retributive e/o il compimento di calcoli di non immediata fruibilità da parte del giudice. La Commissione, a larga maggioranza, ha optato per la "proposta forte" con la precisazione che in tal caso il decreto ingiuntivo non possa essere reso esecutivo ai sensi dell'art. 642 c.p.c. Tale proposta può essere così formulata:
Art.
9. INTERVENTI ORDINAMENTALI Nella unanime convinzione della indispensabilità di interventi che riguardino anche gli aspetti organizzativi ed ordinamentali, dai quali può dipendere in larga misura il successo della riforma - come del resto avvertì il legislatore del 1973 - la Commissione ha ritenuto di formulare alcune ulteriori proposte concernenti le "Disposizioni sul regime transitorio e sulle strutture giudiziarie" che vanno dall'articolo 17 all'articolo 30 della legge n.533 del 1973, norme solo parzialmente superate dall'introduzione del Giudice unico e la soppressione delle Preture, senza essere state sostituite, sostanzialmente, da previsioni di natura ordinamentale e strutturale, fatta eccezione per gli artt. 38 e 39 del d.l. n. 51 del 1998. In particolare si propone: a) quanto all'Assegnazione dei Magistrati agli Uffici Giudiziari ex art. 21 della L. 533, di inserire la seguente previsione:
Art.
I commi primo e secondo dell'articolo 21 della legge 11 agosto 1973, n. 533 sono così sostituiti: "Entro il 31 marzo ed entro la stessa data di ogni anno successivo, i Presidenti delle Corti di Appello invieranno al C.S.M. ed al Ministro della Giustizia i dati statistici, relativi alle controversie disciplinate dalla presente legge, comprendenti in particolare l'indicazione, per ciascun ufficio del distretto, del numero dei procedimenti sopravvenuti entro lo stesso anno. Alla attribuzione dei posti in organico si dovrà provvedere sulla base delle richieste motivate dei Consigli Giudiziari integrati dai rappresentanti dei Sindacati e delle Associazioni Forensi, anche a garanzia dell'osservanza dei termini perentori del titolo IV del libro II del c.p.c.". b) Quanto alla copertura degli organici, si propone di modificare l'articolo 38 del d.lgs. 51/98, concepito per la prima fase dell'applicazione dell'istituzione del Giudice Unico, per regolare la composizione degli organici nelle Corti di Appello. Queste, a distanza di un anno, stanno andando a regime e si impone in conseguenza una soluzione che fronteggi il flusso delle impugnazioni senza pregiudicare gli organici delle sezioni lavoro dei Tribunali come è nelle previsioni. (Esempio a Roma sino a tutto il 2000 solo quattro Giudici fronteggiavano 7000 appelli. Nel 2001 se ne prevedono 10.000 anche se nel frattempo i Giudici sono stati elevati a sette). Con l'aumento di organico disposto dalla recente legge, che ha ridotto a 300 le unità destinate al processo del lavoro (il disegno di legge ne prevedeva 400), l'utilizzazione aggiuntiva dovrebbe avvenire soprattutto nelle aree metropolitane, ove è più alto il carico delle sopravvenienze e dell'arretrato delle cause di lavoro. c) Sulla specializzazione dei Giudici del lavoro, in attesa della istituenda Scuola Superiore della Magistratura e dell'Avvocatura, reinserire la seguente previsione così modificata:
Il rilancio della 533 ha come condizione indispensabile che sia accompagnata dalla approvazione di nuove piante organiche che adeguino i flussi del contenzioso agli organici necessari a governarlo nel rispetto delle caratteristiche del rito, dell'osservanza dei termini e della concentrazione, al di là delle soluzioni che verranno date in sede di precontenzioso o di diverso organo preposto al contenzioso previdenziale, in primo grado, come di ogni altra soluzione processuale.
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Nel corso delle ultime sedute la Commissione ha avuto notizia dell'approvazione della legge 29 marzo 2001, n. 134 di riforma del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti, con la quale è stato abrogato l'articolo 10 della legge n.533 del 1973, abolendo, in tal modo, in larga misura il principio della gratuità del giudizio del lavoro. Sul merito di tale innovazione - sulla quale la Commissione non ha avuto modo di esprimersi - si allega alla presente Relazione una nota di commento presentata da alcuni componenti nel corso dell'ultima seduta del 24 aprile.
Allegato 1
Nota presentata nel corso della seduta del 24 aprile 2001
L'articolo 23 della legge 29 marzo 2001, n.134 recante: "Modifiche alla legge 30 luglio 1990, n. 217 recante istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti'' (nata dal testo dell'On. Pecorella), suscita un gravissimo e fondato allarme. Dall'esame della norma si evince che questa nuova disciplina del patrocinio, a spese dello Stato, per i non abbienti, sostitutiva della legge del 1990, il cui esito è stato fallimentare, abroga, ad un tempo, l'art. 10 della legge 533/73. Come è noto l'articolo 10, norma cardine del processo del lavoro, stabiliva (stabilisce) la "Gratuità del giudizio" nei seguenti termini : L'articolo unico della legge 2 aprile 1958, n.319, è sostituito dal seguente : "Gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi alle cause per controversie individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego, gli atti relativi ai provvedimenti di conciliazione dinanzi agli uffici del lavoro e della massima o previsti da contratti o accordi collettivi di lavoro nonché alle cause per controversie di previdenza e assistenza obbligatorie sono esenti, senza limite di valore o di competenza, dall'imposta di bollo, di registro e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura. Sono allo stesso modo esenti gli atti e i documenti relativi alla esecuzione sia immobiliare che mobiliare delle sentenze ed ordinanze emesse negli stessi giudizi, nonché quelli riferentisi a recupero dei crediti per prestazioni di lavoro nelle procedure di fallimento, di concordato preventivo e di liquidazione coatta amministrativa. Sono abolite relativamente ai ricorsi amministrativi riferentisi ai rapporti di pubblico impiego le tasse di cui all'art. 7 della legge 21 dicembre 1950, n. 1018. Le spese relative ai giudizi sono anticipate dagli uffici giudiziari e poste a carico dell'erario. Le disposizioni di cui al primo comma si applicano alle procedure di cui agli articoli 618 bis, 825 e 826 del codice di procedura civile". Questo regime che ha governato dal 1958 ad oggi tutte le controversie di lavoro previdenziali e del pubblico impiego, nonché le esecuzioni mobiliari e immobiliari, costituisce una norma fiscale quadro ed una condizione decisiva della legislazione di sostegno per questo contenzioso. L'articolo 23 della citata legge, in sintonia con la nuova disciplina, da un canto, estende alla previsione che va dall'articolo 11 all'articolo 16 della legge 533/73 la più favorevole disciplina del patrocinio dei non abbienti, abrogandone le più restrittive e dall'altro abroga, contraddittoriamente, la gratuità degli atti giudiziari. Trattasi di due istituti diversi: altro è la gratuità , come regime universale delle spese del giudizio, questo a tutela del fondamento sociale di questo contenzioso, altro è il regime del patrocinio che dovrebbe assicurare, per i non abbienti, a seguito di una procedura, l'assistenza legale gratuita, dove non sussista l'assistenza regolamentata degli uffici legali, dei sindacati e dei patronati. L'abrogazione in questione appare criticabile, perché sembra andare in direzione opposta allo spirito e alla volontà dello stesso legislatore (o frutto di un disegno del presentatore originario). Infatti l'abrogazione ricondurrebbe l'intero contenzioso del lavoro nell'ambito dell'oneroso e costosissimo processo civile privando i lavoratori di un regime che consente di adire le vie giudiziarie da oltre mezzo secolo e che avrebbe conseguenze disastrose deprimendo e scoraggiando la tutela dei diritti. In questa situazione, se è pur vero che la nuova disciplina abrogativa delle vecchie norme, ed anche dell'art. 10 della legge 533/73, andrà in vigore a decorrere dal 15 luglio 2002. Apprezzabile, ma non persuasiva, è la tesi di chi sostiene che, in ogni caso la L. 23 dicembre 1999 n. 388 sull' "Amministrazione del patrimonio o contabilità generale dello Stato" all'articolo 9 ,n.8. relativo al ''Contributo unificato per le spese degli atti giudiziari", laddove stabilisce che "Non sono soggetti al contributo di cui al presente articolo i procedimenti sia esenti, senza limiti di competenza e valore", rimane vigente e come tale garantirebbe la gratuità perché successiva alla L. 533/73. Una tesi tutta da verificare che, in ogni caso, aprirebbe un problema interpretativo con defatiganti implicazioni attuative. Da quanto esposto discende la necessità di una iniziativa unitaria per una legge correttiva o interpretativa, o in via transitoria di una eventuale circolare del Ministero delle Finanze, se del caso, di concerto con il Ministero della Giustizia e del Lavoro, per ribadire la gratuità di questi atti giudiziari già regolata dalla legge 23 dicembre 1999 n. 388 all'art.9 n.8, tenuto conto che altri rimedi allo stato non appaiono praticabili, quali un decreto legge, poiché la norma di cui all'art. 23 e dell'intera legge, entrerà in vigore dal 1 luglio 2002. Va infine detto che, le norme della gratuità del patrocinio, per i non abbienti, ove cadesse la gratuità, non garantirebbero certo i lavoratori, stante le complessità delle procedure, ancorché migliorate, sia per l'esperienza negativa che l'istituto ha sempre prodotto nel nostro paese, sia per il permanere dei costi rilevanti degli atti giudiziari che graverebbero sugli assistiti. INDICE
SCHEDA SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE PER LO STUDIO E LA REVISIONE DELLA NORMATIVA PROCESSUALE DEL LAVORO. La Commissione è stata istituita con decreto 24 luglio 2000 e insediata il 5 ottobre 2000, con termine fino al 31 dicembre 2000, in seguito prorogato al 15 maggio 2001, con decreto 10 aprile 2001, con la seguente composizione:
Con lo stesso decreto è stato nominato un comitato di coordinamento scientifico, cosi composto:
Per una maggiore funzionalità la Commissione, dopo le prime riunioni dedicate alla discussione delle linee generali, si è articolata in tre gruppi di lavoro: Gruppo I: trasferimenti, licenziamenti e procedimenti d'urgenza Coordinatore prof. Andrea Proto Pisani Gruppo II: conciliazione e arbitrato Coordinatore prof. Giovanni Alleva Gruppo III: riforma della legge 533/73, con particolare riferimento alle controversie previdenziali Coordinatori proff. Sergio Chiarloni e Maurizio Cinelli Ciascun gruppo di lavoro ha predisposto una relazione di base ed uno schema di articolato discussi in sede plenaria e progressivamente corretti secondo le indicazioni emerse nella discussione generale. La relazione generale definitiva è stata curata dal Presidente, Cons. Raffaele Foglia, in collaborazione con le dottoresse Elena Boghetich e Rossana Mancino.
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