Legge e giustizia: giovedì 25 aprile 2024

Pubblicato in : Lavoro, In flash

INEFFICACIA DELLA SANZIONE DISCIPLINARE DOPO LA RICHIESTA DI COSTITUZIONE DI UN COLLEGIO ARBITRALE - Se l'azienda non nomina il suo rappresentante nei dieci giorni dal ricevimento dell'invito da parte dell'ufficio del lavoro (Cassazione Sezione Lavoro n. 16050 del 21 dicembre 2000, Pres. De Musis, Rel.Cuoco).

Il lavoratore che abbia subito una sanzione disciplinare può, in base all'art. 7 St. Lav., promuovere nei 20 giorni successivi la costituzione, tramite l'ufficio provinciale del lavoro, di un collegio di conciliazione e arbitrato. In questo caso la sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio. Sempre in base all'art. 7 St. Lav. "qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni dall'invito rivoltogli dall'ufficio del lavoro, a nominare il proprio rappresentante in seno al collegio, la sanzione disciplinare non ha effetto. Se il datore adisce l'autorità giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa fino alla definizione del giudizio".

Il termine di dieci giorni non è fissato per la proposizione dell'azione giudiziaria, bensì per la nomina del rappresentante aziendale in seno al collegio arbitrale. E, poiché questa nomina deve essere fatta in dieci giorni, la scadenza di questo termine determina l'inefficacia della sanzione.

L'azione giudiziaria, che il datore proponga, protrae la sospensione dell'efficacia solo se questa efficacia è ancora sospesa: non la protrae se la sanzione ha perduto il proprio effetto per la pregressa scadenza del termine fissato per la nomina.

Dopo la scadenza di questo termine, l'azione diventa improponibile: non in quanto sia stata proposta oltre il termine fissato per la sua proposizione, bensì in quanto il suo oggetto non sussiste ("la sanzione disciplinare non ha effetto"; e, pertanto, in questa ipotesi, l'azione non diventerebbe inammissibile, bensì resterebbe infondata).

Con la richiesta di costituzione del collegio di conciliazione ed arbitrato, si apre pertanto un nuovo iter, che incide sull'iniziale efficacia della sanzione: il lavoratore ha il diritto alla sospensione degli effetti del provvedimento, ed il datore ha il diritto alla conservazione di questa efficacia sospesa.

Con la scadenza del termine di dieci giorni (dalla recezione dell'invito dell'UPLMO), la situazione muta: la sanzione "resta senza effetto". Il datore perde il diritto alla sanzione (ed il lavoratore acquista il simmetrico diritto di essere sottratto alla sanzione); la scadenza del termine di dieci giorni costituisce il fatto che determina la perdita ("estinzione") del preesistente diritto.

Per l'art. 2697 cod. civ., l'onere di provare questo fatto (scadenza del termine) è a carico di colui che eccepisce l'estinzione del diritto. La prova del tempo di recezione dell'invito da parte dell'UPLMO (che fissa il dies a quo) resta perciò onere del lavoratore.


© 2007 www.legge-e-giustizia.it