Legge e giustizia: giovedì 18 aprile 2024

Pubblicato in : Giudici avvocati e processi

LA COSTITUZIONE NON GARANTISCE IN OGNI CASO IL DIRITTO ALL'APPELLO CONTRO LE SENTENZE PENALI DI CONDANNA - Manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale della recente riforma del codice di procedura penale, che ha escluso la possibilità di appello contro le condanne a pene pecuniarie (Cassazione Sezione Quinta Penale n. 12709 del 6 dicembre 2000, Pres. Lacanna, Rel. Providenti).

La recente riforma del codice di procedura penale attuata con la legge 24.11.1999 n. 468 ha escluso la possibilità di proporre appello contro le sentenze di condanna relative a reati per i quali è stata applicata la sola pena pecuniaria. Queste decisioni possono essere pertanto impugnate soltanto mediante ricorso per cassazione.

Deve ritenersi manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale dell'art. 18 della legge 24.11.1999 n. 468, che, modificando il terzo comma dell'art. 593 cod. proc. pen., ha dichiarato inappellabili le sentenze di condanna relative ai reati per i quali è stata applicata la sola pena pecuniaria, in quanto non è ravvisabile una violazione degli artt. 3 (principio di eguaglianza), 4 (diritto di difesa) e 27 (non colpevolezza fino alla condanna definitiva) della Costituzione.

Nel determinare i principi fondamentali della giurisdizione, la Costituzione italiana non prevede il doppio grado del giudizio di merito. Il riesame del merito costituisce una garanzia generale del processo, prevista dalla legge, al fine di consentire alle parti la possibilità di riproporre le questioni di diritto e di fatto già esaminate dal primo giudice. Questa garanzia è suggerita da motivi di opportunità e da esigenze di equità giudiziaria; peraltro la previsione del secondo grado di merito ovvero del giudizio di appello, costituisce una scelta discrezionale del legislatore, che in alcuni casi, considerati di scarso rilievo sociale, ha ritenuto eccessiva la garanzia del riesame nel merito. L'avere allargato con la legge 24.11.1999 n. 468 i casi di inappellabilità dipende da una valutazione socio-politica, affidata al Parlamento e non sindacabile. Soltanto il ricorso in Cassazione nei confronti di tutti i provvedimenti giurisdizionali sulla libertà personale, costituisce un diritto costituzionalmente garantito, dall'art. 111 della Costituzione.


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