Legge e giustizia: sabato 20 aprile 2024

Pubblicato in : Giudici avvocati e processi

LA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO CONDANNA LO STATO ITALIANO AL RISARCIMENTO DEL DANNO IN MISURA DI 80 MILIONI IN FAVORE DI UN CITTADINO, PER VIOLAZIONE DELL'OBBLIGO DI AMMINISTRARE LA GIUSTIZIA IN TEMPI RAGIONEVOLI - In un procedimento davanti alla Corte dei Conti durato 25 anni - Il ripetersi delle infrazioni costituisce circostanza aggravante (Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, Sezione Quarta, 28 aprile 2000, Pres. Pellonpää, Giudici Conforti, Ress, Ridruejo, Caflisch, Makarczyk, Vajic).

Nell'agosto del 1972 M.V. cittadino italiano, ha proposto ricorso davanti alla Corte dei Conti contro una decisione del Ministero della Difesa che aveva respinto la sua domanda di pensione privilegiata ordinaria.

Nel dicembre del 1994 la Corte dei Conti ha trasmesso il ricorso alla Sezione Regionale del Lazio che, con sentenza del 28 maggio 1996, ha rigettato il ricorso.

Nel luglio del 1996 M.V. ha impugnato questa decisione davanti alla stessa Corte dei Conti, che, con decisione dell'8 gennaio 1998, ha rigettato l'appello.

Nel novembre del 1996 M.V. ha presentato un ricorso alla Commissione Europea dei Diritti dell'Uomo chiedendo la condanna dello Stato italiano al risarcimento del danno morale in misura di 80 milioni di lire per violazione dell'obbligo, derivante dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, di fare giustizia in tempi ragionevoli.

Il ricorso è stato dichiarato ammissibile il 25 maggio 1999. Successivamente, con sentenza del 28 aprile 2000 la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, Quarta Sezione (Pres. Pellonpää, Giudici Conforti, Ress, Ridruejo, Caflisch, Makarczyk, Vajic) ha accolto il ricorso condannando lo Stato italiano, al pagamento dell'intera somma di lire 80 milioni richiesta da M.V. a titolo di risarcimento del danno morale.

Nella motivazione della sentenza la Corte ha richiamato l'art. 6 par.1 della Convenzione, secondo cui "ognuno ha diritto a che la sua causa sia decisa in un termine ragionevole".

La Corte ha affermato che la durata del processo promosso da M.V. davanti alla Corte dei Conti - 24 anni e 7 mesi - non può essere ritenuta ragionevole. Essa ha ricordato di avere già constatato in quattro decisioni depositate il 28 luglio 1999 una sistematica violazione, da parte dello Stato italiano, dell'obbligo di durata ragionevole dei processi stabilito dalla Convenzione Europea; il ripetersi di queste violazioni - ha affermato la Corte - costituisce una circostanza aggravante.


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