Nel corso delle indagini svolte dalla Procura della Repubblica di Milano sulle tangenti Enimont, Sergio Cragnotti, in qualità di indagato, venne interrogato sul versamento di 250.000 dollari a tale Idris Al Sanussi, principe del Qatar, cui era stato attribuito, dal P.M., un ruolo di mediatore. In proposito Cagnotti, tra l'altro, dichiarò al P.M.: "Mi dicono che il principe Al Sanussi tutte le domeniche partecipa alla trasmissione sportiva di Rai 3 <<Quelli che il calcio >>". In seguito a ciò sul settimanale L'Espresso venne pubblicato, nel febbraio del 1994, un articolo dal titolo "Tangenti Enimont - Mediatore e juventino" nel quale si affermava che per i magistrati di Milano il Principe Al Sanussi, implicato come mediatore nella vicenda delle tangenti Enimont, era la persona nota agli appassionati di calcio come Idris, uomo dalla grande vena comica partecipante alla trasmissione di Rai 3 "Quelli che il calcio". Con riferimento a tale articolo Edrissa Sanneh, ossia il personaggio di tale programma, ha proposto querela per diffamazione contro i responsabili della pubblicazione sostenendo la falsità della notizia secondo cui i magistrati milanesi ritenevano che egli fosse il principe del Qatar implicato nella vicenda delle tangenti Enimont. Nel processo penale che ne è seguito davanti al Tribunale di Roma, gli imputati si sono difesi sostenendo di avere esercitato correttamente il diritto di cronaca basandosi sulle affermazioni rese dal Cragnotti, non essendo consapevoli della loro erroneità. Il Tribunale ha ritenuto configurabile a favore degli imputati l'esimente putativa dell'esercizio del diritto di cronaca, dal momento che l'errore di identificazione tra Idris, pseudonimo e nome d'arte usato dal querelante e il nome proprio di persona del principe del Qatar era un equivoco nel quale era incorso Sergio Cagnotti, ex amministratore delegato della Enimont. Questa decisione è stata riformata dalla Corte d'Appello di Roma che ha affermato la colpevolezza dei giornalisti per aver essi lasciato credere ai lettori che la Procura della Repubblica di Milano, avendo dato credito alle informazioni rese dal Cragnotti, avesse identificato nel querelante il principe arabo percettore della tangente; il giudice di appello ha escluso la configurabilità della esimente del diritto di cronaca, anche sotto il profilo putativo, affermando che i giornalisti avrebbero dovuto compiere i doverosi controlli prima di riferire una notizia non vera e cioè che Edrissa Sanneh era, per i magistrati di Mani Pulite, Idris Al Sanassi, principe del Qatar. La Suprema Corte (Sezione Quinta Penale n. 12194 del 28 novembre 2000, Pres. Foscarini, Rel. Calabrese) ha rigettato il ricorso dei giornalisti, in quanto ha ritenuto che la Corte d'Appello di Roma abbia correttamente escluso la configurabilità dell'esimente dell'esercizio del diritto di cronaca. In tema di diffamazione a mezzo stampa, il giornalista che intenda dar conto di una vicenda la quale implichi risvolti giudiziari di pubblica rilevanza a carico di taluno - ha affermato la Corte - esercita correttamente il diritto di cronaca quando si limiti a riferire e a commentare l'attività investigativa o giurisdizionale in corso, non dovendo - in tal caso - assumere la responsabilità di verificare ulteriormente l'attendibilità delle iniziative o dei provvedimenti giudiziari, poiché i fatti di cui egli dà notizia sono appunto queste iniziative e questi provvedimenti. I limiti del diritto di cronaca - ha precisato la Corte - vengono invece superati quando, come si è verificato nella specie, il giornalista utilizzi le informazioni desumibili dalle attività di indagine per ricostruzioni o ipotesi giornalistiche autonomamente offensive, in quanto la cronaca giudiziaria non è tale se tende ad affiancare, se non a sostituire, gli organi investigativi o giurisdizionali nella formulazione di ipotesi di accusa o nella ricostruzione di vicende penalmente rilevanti.
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