Il disc jockey E.P. ha rilasciato nel 1993 al quotidiano Il Giornale, un'intervista sul genere musicale denominato "techno music" sostenendone la pericolosità per i suoi possibili effetti di induzione al consumo di droga. Riferendosi ai suoi colleghi P.G. e F.E. egli ha espresso stupore "per la pseudo-redenzione dei due deejay più sballati d'Italia". I due lo hanno querelato per diffamazione. E.P. si è difeso sostenendo di avere esercitato il diritto di critica e di non aver fatto ricorso a termini ingiuriosi, in quanto il termine "sballato", diffuso nel gergo giovanile, non ha efficacia lesiva, poiché designa una persona euforica ovvero dotata di caratteristiche straordinarie. Il Tribunale di Monza ha ritenuto sussistente la diffamazione e pertanto ha condannato P.E. alla pena della multa e al risarcimento del danno in favore della parte civile. Questa decisione è stata confermata dalla Corte d'Appello di Milano, che ha ravvisato nelle espressioni usate da P.E. una violazione del limite della continenza. La Suprema Corte (Sezione Quinta Penale n. 10119 del 25 settembre 2000, Pres. Lacanna, Rel. Amato) ha rigettato il ricorso dell'imputato, richiamando la sua giurisprudenza secondo cui la critica, se anche può assumere toni vibrati, non deve trascendere nel dileggio e nella contumelia personale: sicché possono ritenersi giustificate solo le espressioni strettamente correlate alla critica e ad esse strettamente funzionali, mentre non lo sono quelle ultronee allo scopo e gratuitamente offensive della persona. Poiché il tema dell'intervista era costituito dal possibile uso di droga da parte di appassionati della techno music - ha osservato la Corte - l'epiteto "sballato" assumeva una connotazione diffamatoria, evidenziata anche dal termine "pseudo-redenzione".
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