Nel dicembre del 1987 il Corriere della Sera ha pubblicato con il titolo "Formaggi che uccidono - uno è fatto in Italia" un articolo dedicato alle indagine svolte dalle autorità elvetiche sui "formaggi contaminati dal batterio della listeriosi". Nel servizio si riferiva che secondo il laboratorio chimico cantonale bernese, tra i formaggi a pasta molle in cui era stato riscontrato il batterio ve ne era uno italiano, il gongorzola Imperiale. La società Invernizzi produttrice del gongorzola "Imperiale" ha chiesto al Tribunale di Milano di accertare la portata diffamatoria dell'articolo e di condannare al risarcimento del danno i responsabili della sua pubblicazione. L'azienda ha tra l'altro sostenuto che il titolo doveva ritenersi non veritiero e che l'informazione data era incompleta perché l'autore dell'articolo non aveva precisato che il batterio era stato trovato sulla crosta del formaggio e che le analisi erano state eseguite su un campione confezionato dal rivenditore. Il Tribunale di Milano ha rigettato la domanda in quanto ha ritenuto che l'articolo abbia riferito in forma civile una notizia veritiera di indubbia utilità sociale. Questa decisione è stata riformata dalla Corte d'Appello di Milano che ha ritenuto fondati i rilievi di incompletezza ed inesattezza dell'informazione ed ha giudicato eccessiva la titolazione, per la sua perentorietà. Il Corriere della Sera - ha osservato la Corte d'Appello - è uno dei più tradizionali e diffusi quotidiani italiani e pertanto non può essere incluso nel novero delle pubblicazioni scandalistiche, con lettori bisognosi di comunicazioni ad effetto; ma, anche a volerlo così definire, ciò non potrebbe tradursi nella licenza di adottare titoli ingiustificatamente allarmistici e tali da arrecare un danno ad altri. Pertanto la Corte ha condannato gli appellati al risarcimento del danno. La Suprema Corte (Sezione Terza Civile n. 6877 del 22 maggio 2000, Pres. Duva, Rel. Favara) ha rigettato il ricorso dell'editore e dei giornalisti del Corriere della Sera. Essa ha affermato tra l'altro che la Corte d'Appello ha correttamente motivato la sua decisione rilevando che nell'articolo era stato violato il principio della compiutezza dell'informazione, perché l'articolista aveva omesso di riferire circostanze che potevano essere favorevoli al produttore del formaggio, quali il rinvenimento della listeria sulla crosta, il prelevamento dei campioni presso un rivenditore e la non definitività del provvedimento cautelativo riguardante il prodotto italiano.
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