Legge e giustizia: giovedì 25 aprile 2024

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LA SENTENZA DELLA SUPREMA CORTE CON LA QUALE È STATO RICONOSCIUTO AL CONSIGLIO DELL'ORDINE DEI GIORNALISTI IL POTERE DI DISPORRE D'UFFICIO L'ISCRIZIONE CON EFFETTO RETROATTIVO DEI GIORNALISTI "DI FATTO" NEL REGISTRO DEI PRATICANTI - Ai fini dell'ammissione all'esame di idoneità professionale (Cassazione Sezione Prima Civile n. 5936 del 10 maggio 2000, Pres. Senofonte, Rel. Di Palma).

Pubblichiamo il testo integrale della motivazione della sentenza della Suprema Corte, Sezione Prima Civile con la quale è stato riconosciuto al Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti il potere di disporre d'ufficio l'iscrizione con effetto retroattivo dei "giornalisti di fatto" nel Registro dei Praticanti e quindi di ammetterli all'esame di idoneità per l'iscrizione all'Albo, nell'elenco dei professionisti.

La sintesi della decisione è nella sezione Informazione e Comunicazione; il commento è nella sezione Il Contesto.

(o m i s s i s)

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

2.1 I ricorsi nn. 15614 (principale) e 18269 (incidentale) del 1998, in quanto proposti contro la stessa sentenza, devono essere riuniti ai sensi dell'art. 335 cod. proc. civ.

2.2 Con l'unico motivo (con cui deduce: "Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto: artt. 29, 31, 33, 34 L. 3.2.63 n. 69; d.P.R. 4.2.1965 n. 115; d.P.R. 3.5.1972 n. 212; d.P.R. 21. 9.1993 n. 384; art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale; art. 112 c.p.c. - art. 360 n. 3 c.p.c."), la ricorrente critica la ratio decidendi della sentenza oggetto del presente ricorso, individuata in ciò, che la Corte veneziana, "rigettando il primo motivo dell'impugnazione, ha ritenuto fondata la tesi del Procuratore Generale, secondo cui la vigente normativa non consente al Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti di sostituirsi al direttore della pubblicazione nel rilascio del certificato di compiuta pratica, nel caso in cui il medesimo abbia omesso altresì di certificare tempestivamente l'inizio della pratica e quindi non abbia consentito la coeva iscrizione dell'aspirante giornalista nel registro dei praticanti"; che "secondo la Corte, il Consiglio può esercitare detto potere sostitutivo solo per l'aspirante giornalista che, all'atto della richiesta del certificato di compiuta pratica, risulti iscritto nel registro dei praticanti da almeno 18 mesi"; e che "in tale statuizione la Corte ha dichiarato assorbita ogni altra questione ed in specie quella, oggetto del secondo motivo dell'appello, della qualificabilità come giornalistica dell'attività svolta dalla ricorrente presso il giornali Il Gazzettino" (cfr. Ricorso, pag.3).

La ricorrente, quindi - dopo aver illustrato l'evoluzione legislativa in materia di attestazione dell'inizio e del compimento della pratica giornalistica - sostiene che la Corte di Venezia avrebbe erroneamente interpretato tale disciplina, sottolineando , in particolare, che: a) - "dal testo delle modifiche introdotte con il d.P.R. 30.5.72 n. 212 e con il d.P.R. 21.9.93 n. 384 emerge con ogni evidenza che la ratio di tali norme è costituita dall'intento di impedire l'indebito sfruttamento degli aspiranti giornalisti nelle imprese editrici ovvero il loro impiego di fatto senza le garanzie previste dalla legge professionale e dal contratto nazionale di lavoro giornalistico e senza alcuna tutela contro il licenziamento, non essendo possibile al giudice di disporre la reintegrazione nel posto di lavoro di chi non sia iscritto nell'albo o nel registro" (cfr. Ricorso, pag. 8); b)- "il legislatore ha evidentemente tenuto presente la situazione, nota per comune esperienza, degli aspiranti giornalisti che non ricevono la dichiarazione di inizio pratica ai fini dell'iscrizione nel registro né l'applicazione del trattamento previsto dal contratto nazionale di lavoro giornalistico, e nondimeno, per evitare ritorsioni e non pregiudicare le loro possibilità di occupazione, sopportino per lunghi periodi l'impiego in condizioni irregolari e si risolvano a chiedere la loro regolarizzazione soltanto quando abbiano acquisito la certezza di non poter contare su uno spontaneo riconoscimento dei loro diritti da parte dell'editore, di cui il direttore è normalmente uno strumento", sicché "la necessità di regolarizzazione si pone .... normalmente al termine di un prolungato periodo di pratica giornalistica esercitata di fatto" (cfr. Ricorso, pag. 9); c) - "per questo il d.P.R. 3.5.1972 n. 212 ha previsto la possibilità per il Consiglio dell'Ordine di sostituirsi al direttore nel rilascio della dichiarazione di compiuta pratica, modificando in tal senso l'art. 43 del d.P.R. 4.2.65 n. 115"; possibilità che "deve ritenersi sussistente sia nell'ipotesi, del tutto marginale, che vi sia stata una precedente dichiarazione di inizio pratica sia nell'ipotesi, molto più frequente, che tale dichiarazione non vi sia stata e il praticante sia stato impiegato in condizioni di "lavoro nero"" (cfr. Ricorso, pagg. 9-10): d) - "la finalità perseguita dal legislatore è stata resa ancor più evidente dal d.P.R. 21.9.93 n. 384 che, per eliminare ogni incertezza interpretativa, ha sostituito i primi tre commi dell'art. 46 d.P.R. 4.2.1965 n. 115, introducendo una normativa palesemente diretta a consentire ai Consigli dell'Ordine di accertare l'inizio della pratica con effetto retroattivo e di emettere, ove tale pratica sia durata almeno 18 mesi, l'attestazione del suo compimento, consentendo l'ammissione all'esame di idoneità professionale"; infatti, "il nuovo testo dell'art. 46, a differenza del precedente, fa espresso riferimento all'effettivo inizio della pratica e prevede che esso possa risultare sia dalla dichiarazione del direttore che dall'accertamento compiuto dal Consiglio dell'Ordine"; sicché, "tale dizione elimina ogni possibile dubbio in ordine alla volontà del legislatore di consentire al Consiglio dell'Ordine di accertare con effetto retroattivo l'inizio del praticantato e di rilasciare conseguentemente, ove da tale inizio siano trascorsi 18 mesi, il certificato di compiuta pratica" (cfr. Ricorso, pagg. 10-11); e) - "nessuna norma di legge esclude la possibilità di un accertamento con effetto retroattivo dell'inizio del praticantato ai fini dell'ammissione all'esame di idoneità professionale", in quanto "la ratio legis è quella di assicurare un'adeguata preparazione dell'aspirante giornalista all'esercizio autonomo della professione, mediante un periodo di attività pratica nelle redazioni e di addestramento da parte di giornalisti professionisti"; sicché, "il fatto che l'iter previsto dal legislatore in via preferenziale sia quello della iscrizione nel registro al momento dell'inizio della pratica non comporta necessariamente che debba ritenersi precluso un accertamento ex post della validità della pratica svolta senza previa iscrizione nel registro" (cfr. Ricorso, pag. 11).

D.Z. conclude nel senso dell'annullamento (con rinvio) della sentenza impugnata, dal momento che la Corte veneziana dovrebbe, comunque, pronunciarsi sul secondo motivo di gravame, relativo al "diniego, da parte del Tribunale, della natura di pratica giornalistica dell'attività svolta dalla ricorrente presso la redazione del quotidiano Il Gazzettino" (cfr. Ricorso, pag. 12).

2.3 Con il ricorso incidentale, sostanzialmente adesivo, il Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti ripropone ed arricchisce le argomentazioni svolte dalla ricorrente principale, sottolineando, in particolare - per quanto attiene all'individuazione della ratio decidendi della sentenza impugnata - che "la Corte d'Appello, rigettando il primo motivo della impugnazione della signora D.Z., afferma ..... che il complesso normativo relativo alla fattispecie de qua non consente al C.N.O.G. di sostituirsi al direttore della pubblicazione nel rilasciare la dichiarazione sostitutiva, appunto, di compiuta pratica .... nel senso in cui lo stesso direttore abbia precedentemente omesso di tempestivamente rilasciare la dichiarazione di inizio della pratica ...., negando così all'aspirante giornalista - anche nel caso in cui .... abbia poi effettivamente svolto abusivamente attività giornalistica - l'iscrizione nel Registro dei praticanti ....", e che "secondo la Corte d'Appello di Venezia il C.N.O.G. può esercitare tale potere sostitutivo soltanto nel caso in cui l'aspirante giornalista (rectius, nell'ipotesi formulata dalla Corte, il praticante) fosse già iscritto nel Registro dei praticanti, naturalmente sulla base di inizio pratica rilasciata dallo stesso direttore" (cfr. Ricorso incidentale, pagg. 5-6).

2.4 Entrambi i ricorsi meritano accoglimento sulla base delle seguenti considerazioni:

A) - Devono ritenersi circostanze incontestate tra le parti - quali emergono dalla motivazione della sentenza impugnata - quelle secondo cui: 1) - la ricorrente principale, alla data dell'11 ottobre 1994 (presentazione della domanda di dichiarazione sostitutiva di compiuta pratica al Consiglio regionale dell'Ordine dei Giornalisti del Veneto per l'ammissione all'esame di abilitazione all'esercizio della professione), non risultava iscritta nel Registro dei praticanti giornalisti; 2) - il direttore del Quotidiano "Il Gazzettino di Venezia", presso il quale D.Z. prestava la propria attività lavorativa, aveva omesso di rilasciare a quest'ultima, benché richiesto, sia la dichiarazione comprovante l'effettivo inizio della pratica (c.d. dichiarazione di "inizio pratica"), sia - e conseguentemente - quella sull'attività giornalistica svolta (c.d. dichiarazione di "compiuta pratica"), sicché, alla data predetta, era inibita, di fatto, alla ricorrente medesima la partecipazione all'esame di abilitazione all'esercizio della professione; 3) - la deliberazione del Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti - adottata il 26 marzo 1996, su ricorso di D.Z. avverso la precedente decisione sfavorevole, ai sensi dell'art. 43 del d.P.R. n. 115 del 1965, poi annullata in sede giurisdizionale - aveva dato "mandato al Consiglio regionale dell'Ordine dei Giornalisti del Veneto di iscrivere la stessa nel registro dei praticanti e di rilasciare la dichiarazione sostitutiva di compiuta pratica per l'attività svolta presso "Il Gazzettino" (cfr., supra, nn. 1.1 e 1.3).

B) - Dinanzi a tale pacifica fattispecie, appare indispensabile analizzare compiutamente la disciplina normativa rilevante in tema di pratica giornalistica, di requisiti per l'ammissione degli aspiranti giornalisti alla prova di idoneità professionale e di dichiarazione di inizio e compiuta pratica. B1) - Per quanto attiene alla pratica, occorre premettere che l'art. 34 della legge 3 febbraio 1963 n. 69 (Ordinamento della professione di giornalista) - dopo aver disciplinato forme, modalità e contenuti della pratica giornalistica (comma 1, su cui cfr. Cass. n. 10673 del 1996, confermata da successive decisioni) - prescrive che "dopo 18 mesi, a richiesta del praticante, il direttore responsabile della pubblicazione gli rilascia una dichiarazione motivata sull'attività giornalistica svolta" (ai fini dell'ammissione all'esame di idoneità professionale: art. 29 comma 1; e dell'eventuale, successiva iscrizione nell'elenco dei professionisti: art. 31 comma 1 n. 3; comma 2); e che "il praticante non può rimanere iscritto per più di tre anni nel Registro" (comma 3). A sua volta, l'art. 41 comma 1 del d.P.R. 4 febbraio 1965 n. 115 (Regolamento per l'esecuzione della legge n. 69 del 1963 - rimasto sempre in vigore, nonostante le modifiche apportate dal d.P.R. 3 maggio 1972 n. 212 (Modifiche al regolamento di esecuzione n. 115 del 1965), che si sono limitate ad aggiungere alcuni commi ai due originari - prevede che "la pratica, nell'ambito dei tre anni di iscrizione nel Registro, deve essere continuativa ed effettiva: del periodo di interruzione dipendente da causa di forza maggiore non si tiene conto agli effetti della decorrenza del termine di cui all'art. 34, ultimo comma, della legge". B2) - Per quanto riguarda l'ammissione alla prova di idoneità professionale, l'art. 29 comma 1 della legge n. 69 del 1963 dispone che, per l'iscrizione nell'Elenco dei professionisti, sono richiesti, fra l'altro, l'iscrizione nel Registro dei praticanti; l'esercizio continuativo della pratica giornalistica per almeno 18 mesi; il possesso della dichiarazione di compiuta pratica (v. artt. citt. 31 comma 1 n. 3 e 34 comma 2) e l'esito favorevole dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione. L'originario testo dell'art. 46 commi 1 e 3 del d.P.R. n. 115 del 1965 stabiliva, tra l'altro, che erano ammessi a sostenere l'esame di Stato i candidati che avessero compiuto il periodo di pratica giornalistica, comprovato dal certificato di iscrizione nel Registro dei praticanti e dalla dichiarazione di compiuta pratica. Tale testo è stato, poi, sostituito dall'art. 3 del d.P.R. 21 settembre 1993 n. 384 (Modifiche al regolamento di esecuzione della legge n. 69 del 1963), pacificamente applicabile alla fattispecie ratione temporis: esso prescrive che sono ammessi a sostenere la prova di idoneità professionale i candidati che documentino di essere iscritti nel Registro dei praticanti da almeno diciotto mesi e di aver compiuto presso una o più testate la pratica giornalistica prevista dall'art. 29 comma 1 della legge (comma 1); e che "l'iscrizione nel Registro dei praticanti decorre dalla data di effettivo inizio del tirocinio dichiarata dal direttore o accertata dal competente consiglio regionale o in seconda istanza dal Consiglio nazionale" (comma 2). B3) - Per quanto attiene alla dichiarazione di inizio della pratica giornalistica, l'art. 33 comma 2 della legge n. 69 del 1963 (che disciplina l'iscrizione nel Registro dei praticanti) prevede, tra l'altro, che la domanda per l'iscrizione "deve essere.... corredata dalla dichiarazione del direttore comprovante l'effettivo inizio della pratica di cui all'art. 34" (cfr., supra, lett. B1). L'art. 36 commi 1 e 3 del d.P.R. n. 115 del 1965 (mai modificato dalla successiva disciplina) dispone, tra l'altro, che, per l'iscrizione nel Registro dei praticanti, alla relativa domanda deve essere allegata "la dichiarazione del direttore dell'organo di stampa comprovante l'effettivo inizio della pratica"(comma 1); e che "il direttore della pubblicazione o del servizio giornalistico è tenuto, a richiesta dell'interessato, al tempestivo rilascio della dichiarazione......". Deve, tuttavia, sottolinearsi che, nell'ipotesi (quale quella di specie) in cui il direttore ingiustificatamente rifiuti o ritardi, o, comunque, ometta di rilasciare all'interessato la dichiarazione di inizio della pratica giornalistica, l'art. 46 comma 2 del d.P.R. n. 115 del 1965 (comma sostituito dall'art. 3 del d.P.R. n. 384 del 1993), dianzi citato (cfr. supra, lett. B2), ha introdotto - ovviamente, dall'entrata in vigore del decreto presidenziale del 1993 - il rimedio dell'"accertamento sostitutivo" (rispetto all'inerzia del direttore) della data di effettivo inizio della pratica giornalistica da parte del consiglio regionale dell'Ordine o, in seconda istanza, del Consiglio Nazionale; data, dalla quale decorre l'iscrizione nel Registro dei praticanti ai fini del rispetto del termine minimo di durata del tirocinio. B4) - Per quanto riguarda, infine, la dichiarazione di compiuta pratica, alla disciplina legislativa, dettata dall'art. 34 comma 2, dianzi citato (cfr., supra, lett. B1) deve aggiungersi quella regolamentare, contenuta nell'art. 43 comma 3 del d.P.R. n. 115 del 1965, il quale, al comma 3 (nel testo modificato dall'art. 10 del d.P.R. n. 212 del 1972 cit.), ribadisce, innanzitutto, come già per la dichiarazione di inizio della pratica (cfr., supra, lett. B3), che "il direttore della pubblicazione o del servizio giornalistico è tenuto, a richiesta dell'interessato, all'immediato rilascio della dichiarazione"; e prevede, poi, tra l'altro, che, "ove il direttore, senza giustificato motivo, ometta o ritardi l'adempimento di tale obbligo, il consiglio regionale o interregionale competente, informato tempestivamente dall'interessato, adotta le iniziative del caso per il rilascio della dichiarazione, ricorrendone le condizioni" (primo e secondo periodo del comma 3).

C) - A fronte della pacifica fattispecie, dianzi riassunta (cfr., supra, lett. A), e della ricognizione della disciplina normativa rilevante, la ratio decidendi della sentenza impugnata (cfr., supra, nn. 2.2 e 2.3) - quale emerge dalle considerazioni della Corte veneziana, dianzi testualmente riprodotte (cfr., supra, n. 1.3) - a ben vedere, si risolve in ciò, che il praticante giornalista (il quale si ritenga tale in ragione della natura e delle caratteristiche dell'attività svolta) - cui il direttore dell'organo di stampa o del servizio giornalistico abbia, comunque, omesso di rilasciare la dichiarazione comprovante l'effettivo inizio della pratica (cfr., supra, lett. B3) - è soggetto all'onere di ricorrere, in tempo utile per il rispetto dei termini di cui all'art. 34 commi 2 e 3 della legge n. 69 del 1963 (cfr., supra, lett. B1: diciotto mesi di tirocinio nell'arco di tre anni, decorrenti dalla data di iscrizione nel Registro dei praticanti), al consiglio regionale od interregionale dell'Ordine, ovvero, in seconda istanza, al Consiglio Nazionale, al fine di far accertare, in via "sostitutiva" rispetto all'omissione del direttore, l'effettivo inizio della pratica giornalistica, e, quindi, di ottenere l'iscrizione "formale" nel predetto Registro, necessaria per il valido svolgimento del tirocinio; che, conseguentemente, entro il richiamato spazio temporale triennale dalla data della iscrizione formale (termine massimo di iscrizione nel Registro), il praticante deve, altresì, ottenere dal direttore - ovvero "sostitutivamente" dai menzionati organi rappresentativi della categoria - la dichiarazione di compiuta pratica, al fine della legittimazione a partecipare all'esame di abilitazione all'esercizio della professione (e, quindi, del diritto all'iscrizione nell'elenco dei professionisti); e che, conseguentemente, nell'ipotesi (quale quella di specie) in cui il praticante non abbia chiesto ed ottenuto - direttamente dal direttore, o "sostitutivamente" - la dichiarazione o l'accertamento di inizio pratica (e, quindi, l'iscrizione "formale" nell'apposito Registro), il consiglio regionale od interregionale dell'Ordine o, in seconda istanza, il Consiglio Nazionale non possono accertare e riconoscere, in via sostitutiva, la compiuta pratica, in quanto il legittimo esercizio del relativo potere sostitutivo presuppone la preesistenza di un'effettiva ("formale") iscrizione nel Registro dei praticanti per un periodo non superiore ai tre anni; condizione, questa, pacificamente insussistente nel caso di specie.

D) - Il vizio di fondo, che inficia la sentenza impugnata, consiste in ciò, che la Corte veneziana ha deciso la fattispecie sottoposta al suo esame in termini "astratti": "come se", cioè, essa non fosse "patologicamente" caratterizzata dal fatto, pacifico, dello svolgimento di un'attività di pratica giornalistica (tale ritenuta dal Consiglio nazionale dell'Ordine con la deliberazione impugnata; e salvo, ovviamente, il controllo giurisdizionale sul punto) in carenza delle dichiarazioni di inizio e compiuta pratica. In altri termini - in presenza di un'attività, pur sostanzialmente qualificabile siccome "pratica giornalistica" (il che, nel caso di specie, si ribadisce, risulta, allo stato, meramente ipotetico, tenuto conto che, sul punto se quella svolta da D.Z. presso il predetto Quotidiano fosse qualificabile come tale, i Giudici d'appello hanno esplicitamente omesso di pronunciare, ritenendolo assorbito dalla decisione adottata: cfr., supra , n. 1.3, in fine) - fattispecie, quali quella de qua, sono necessariamente caratterizzate dalla mancanza di qualsiasi atto "formale" del "procedimento legale tipico" prefigurato per il tirocinio giornalistico: inizio della pratica, attestata dalla relativa dichiarazione del direttore dell'organo di informazione, iscrizione nel Registro dei praticanti, svolgimento del praticantato per almeno 18 mesi dalla data dell'iscrizione, parimenti attestato dalla dichiarazione di compiuta pratica, costituiscono, infatti, in presenza delle condizioni previste dalla legge, oggetto di diritti del praticante in un "normale" rapporto di tirocinio, cominciato e proseguito come tale (assunzione al lavoro dell'aspirante giornalista con la qualifica di praticante e svolgimento della pratica). Ma può accadere, appunto, che un'attività di pratica giornalistica sia esplicata "di fatto", al di fuori delle "forme" del contratto di lavoro che le compete; e può anche accadere che lo svolgimento di fatto di tale attività sia qualificabile come tale, non già dall'inizio, ma soltanto nel corso del rapporto. Ebbene, l'art. 46 comma 2 del d.P.R. n. 115 del 1965, introdotto nel 1993 (cfr., supra, lett. B2), ha proprio inteso attribuire agli organi elettivi dell'Ordine il potere di ricondurre nell'alveo del diritto situazioni siffatte, sia, a tutela dei diritti degli aspiranti alla professione giornalistica, allo scopo di rimuovere un vero e proprio ostacolo di fatto alla possibilità di accedervi, sia per dotare gli organi stessi di uno strumento normativo idoneo. In questa prospettiva, tale disposizione - secondo l'insegnamento del Giudice delle leggi (cfr. sent. n. 11 del 1968, n. 4 del Considerato in diritto: "Una legge la quale, pur lasciando integro il diritto di tutti di esprimere il proprio pensiero attraverso il giornale, ponesse ostacoli o discriminazioni all'accesso alla professione giornalistica ... porterebbe un grave e pericoloso attentato all'art. 21 Cost.") - deve essere interpretata, tra più significati possibili, in senso conforme a Costituzione (cfr., e pluribus e da ultima, Corte costituzionale, sent. n. 1 del 2000), come vera e propria "norma di chiusura", la quale, proprio in sede di ammissione all'esame di abilitazione all'esercizio della professione, attribuisce ai predetti consigli dell'Ordine, secondo le rispettive competenze, il potere di intervenire, in "sostituzione" del direttore dell'organo di informazione, per accertare e dichiarare, innanzitutto nei confronti dell'interessato, la sussistenza di un caso di svolgimento di pratica giornalistica svoltasi abusivamente al di fuori degli schemi del surrichiamato procedimento legale tipico, nonché la data di effettivo inizio del tirocinio; e per provvedere, conseguentemente, con effetto da tale data, all'iscrizione del "praticante di fatto" nel relativo Registro, al fine di consentirgli la partecipazione all'esame di idoneità professionale e garantirgli, quindi, la concreta possibilità di accedere alla professione. Del resto, l'espressa attribuzione di siffatti poteri sostitutivi non fa altro che dotare di strumenti di effettività i più generali poteri - conferiti, in prima istanza, ai consigli regionali od interregionali (cfr. art. 11 lett. b della legge n. 69 del 1963), e, in seconda istanza, al Consiglio nazionale dell'Ordine (art. 60 comma 1 della legge stessa) - di vigilanza "per la tutela del titolo di giornalista in qualunque sede" e di repressione "dell'esercizio abusivo della professione".

E) - L'affermazione, fatta della sentenza impugnata (cfr., supra, n. 1.3, lett. E), secondo cui l'intervento sostitutivo degli organi dell'Ordine ex art. 46 comma 2 del d.P.R. n. 115 del 1963 (come sostituito nel 1993) è necessariamente limitato al provvedimento di iscrizione nel Registro dei praticanti - previo accertamento della data di effettivo inizio del tirocinio e, conseguentemente, che la durata della pratica non abbia superato il termine di tre anni dalla data stessa - e non può, quindi, estendersi al riconoscimento della compiuta pratica, conduce ad esiti illegittimi. Innanzitutto, l'affermazione medesima implica l'errore, dianzi ampiamente motivato, di negare sostanzialmente la realtà sottostante al prefigurato intervento e, pertanto, la stessa ratio legis. In secondo luogo, ed in stretta connessione con quanto ora rilevato, essa comporta l'assoggettamento del "praticante di fatto" all'onere di richiedere immediatamente agli organi dell'Ordine l'esercizio dei poteri sostitutivi relativamente all'inizio della pratica giornalistica, dimenticando, però, che, in situazioni siffatte, sussistono gravi ostacoli materiali alla libera iniziativa dell'interessato, il quale può essere indotto a non esercitare il proprio diritto (a chiedere ed ottenere dal direttore la dichiarazione di inizio della pratica) per lo stesso motivo per cui molte volte è portato a rinunciarvi, e cioè per il timore del licenziamento: infatti, se, a seguito della sua richiesta di intervento sostitutivo, egli potesse ottenere dall'Ordine soltanto il provvedimento di iscrizione nel Registro, e non anche l'accertamento della compiuta pratica, la sua partecipazione all'esame di abilitazione potrebbe risultare compromessa sine die, tenuto conto proprio dell'anomalia che caratterizza il suo rapporto di lavoro giornalistico. In terzo luogo, e conseguentemente, l'interpretazione seguita dai Giudici a quibus, o svuota di contenuto i poteri sostitutivi attribuiti dalla legge agli organi dell'Ordine - i quali, pur in presenza di situazioni di svolgimento di tirocinio giornalistico, praticato per un tempo sufficiente od anche superiore a quello legislativamente stabilito (18 mesi), dovrebbero limitarsi a provvedere all'iscrizione del praticante nel Registro, precludendogli sine die la possibilità di accesso alla professione - ovvero si risolve nella formalistica necessità della contestuale adozione, da parte degli stessi, di due distinte deliberazioni, aventi ad oggetto, prima, l'iscrizione nel Registro dei praticanti, e, poi, l'accertamento della compiuta pratica. Del resto, la riprova che un utile e valido svolgimento della pratica giornalistica possa essere effettuato anche senza previa iscrizione nel relativo Registro - e che, dunque, l'effettivo svolgimento del tirocinio, segnatamente nelle situazioni di "praticantato di fatto", costituisca l'elemento sostanziale prevalente rispetto al dato formale dell'iscrizione nel Registro, che manca per definizione - si trae dalla disciplina dettata dall'art. 41 comma 6 del d.P.R. n. 115 del 1965 (aggiunto dall'art. 9 del d.P.R. n. 212 del 1972), secondo cui può essere ammesso a sostenere l'esame di idoneità professionale anche il cittadino italiano che abbia svolto la pratica giornalistica presso pubblicazioni italiane edite all'estero o pubblicazioni estere con determinate caratteristiche, ed anche se il praticantato sia stato svolto prima dell'acquisto della cittadinanza italiana, e, quindi, prima della possibilità di iscrizione nel Registro dei praticanti (cfr. combinato disposto degli artt. 33 comma 3 e 31 comma 2 della legge n. 69 del 1963).

F) - Infine, l'orientamento interpretativo qui affermato - e cioè, che, nelle situazioni di svolgimento "di fatto" del tirocinio giornalistico, questo può ritenersi utilmente e validamente praticato, ai fini previsti dalla legge (e, segnatamente, ai fini dell'ammissione all'esame di abilitazione all'esercizio della professione), anche in assenza della previa iscrizione formale del praticante nel relativo Registro, ove esso sia stato accertato a posteriori da parte degli organi dell'Ordine, in sede di esercizio dei poteri sostitutivi - non determina, come invece ritenuto dalla Corte veneziana, alcuna disparità di trattamento giuridico fra "praticanti iscritti" e "praticanti non iscritti" nel Registro, relativamente al "tetto" di iscrizione triennale stabilito dall'art. 34 comma 3 della legge n. 69 del 1963, che, mentre sarebbe invalicabile dai primi, potrebbe essere superato dai secondi (cfr., supra, n.1.3 lett. D). La denunziata disparità non sussiste, perché, in realtà, le situazioni messe a raffronto sono incomparabili e richiedono, perciò, una disciplina normativa differenziata. Deve premettersi che la disposizione ora richiamata - secondo cui il praticante non può rimanere iscritto per più di tre anni nel Registro - ammette un'eccezione, corrispondente al periodo di interruzione del tirocinio (che dev'essere continuativo ed effettivo) per "cause di forza maggiore", del quale non si tiene conto ai fini della decorrenza del predetto termine triennale (cfr. art. 41 comma 1 d.P.R. n. 115 del 1965); ed altresì, che il decorso di tale termine non comporta, ipso jure, la cancellazione dal Registro del praticante, che, invece, deve essere deliberata caso per caso dal consiglio regionale od interregionale dell'Ordine, previa audizione dell'interessato (e fatti salvi, ovviamente, i rimedi amministrativi e giurisdizionali avverso la deliberazione di cancellazione; cfr. art. 41 comma 2 primo periodo). Tanto premesso, va sottolineato che il caso del praticante, iscritto nel Registro fin dall'effettivo inizio del tirocinio, rientra nello schema normale del procedimento legale tipico prefigurato dalla legge (cfr., supra, lett. D): e così, lo stesso, trascorsi diciotto mesi, dalla data di iscrizione, di pratica giornalistica effettiva e continuativa, può essere ammesso a sostenere la prova di idoneità professionale, anche per più di una volta (cfr. art. 45 comma 1 d.P.R. n. 115 del 1965, come sost. dall'art. 2 del d.P.R. n. 384 del 1993), con l'unico limite costituito dalla scadenza del triennio di iscrizione nel Registro (cfr. art. 53 comma 3 del d.P.R. n. 115 del 1965). Ben diverso, invece, il caso del praticante non iscritto. Infatti, dinanzi a situazioni di "praticantato di fatto", si rende necessaria, per definizione (come già rilevato: cfr. supra, lett. D), la loro riconduzione nell'alveo del diritto; sicché, prima dell'esercizio dei poteri sostitutivi da parte degli organi dell'Ordine, non ha senso richiamare i parametri legali relativi alla disciplina della pratica giornalistica, come, ad es., la regola posta dall'art. 34 comma 3 della legge professionale. Se si ritenesse che, in queste ipotesi, i consigli dell'Ordine possono provvedere sostitutivamente soltanto alla dichiarazione di inizio della pratica ed all'iscrizione del praticante nel Registro - al fine di consentire il valido, successivo svolgimento della pratica per il prescritto periodo di diciotto mesi - l'apparente parificazione giuridica della situazione dei "praticanti non iscritti" a quella dei "praticanti iscritti", si risolverebbe, in realtà, nel disconoscimento della pratica già sostanzialmente svolta dai primi e già sostanzialmente riconosciuta come tale nella dichiarazione sostitutiva di inizio della pratica, e finirebbe con il determinare un deteriore trattamento giuridico degli stessi. E, d'altro canto - dinanzi a casi, quale quello di specie, di "praticantato di fatto" protrattosi lungamente nel tempo - potrebbe addirittura determinarsi la paradossale situazione, per cui una sua protrazione nel tempo superiore ai tre anni, legalmente stabiliti, renderebbe impossibile o, comunque, inutile e priva di effetti un'iscrizione dell'interessato nel Registro dei praticanti, decorrente dalla data di effettivo inizio del tirocinio. Tali rilievi, oltre a confermare l'incomparabilità delle due situazioni messe illegittimamente a confronto dalla Corte veneziana, inducono a ritenere che, nelle fattispecie di "praticantato di fatto", l'esercizio dei poteri sostitutivi - attribuiti dal combinato disposto degli artt. 46 comma 2 e 43 comma 3 del d.P.R. n. 115 del 1965 (cfr., supra, lett. B3 e B4) agli organi elettivi dell'Ordine, e che si risolvono nei provvedimenti dichiarativi di inizio e compiuta pratica ed in quello costitutivo di iscrizione nel Registro dei praticanti - comprende necessariamente una dimensione "discrezionale", volta ad adeguare la situazione di fatto alla disciplina giuridica del praticantato giornalistico ed a parificare, nei limiti del possibile, la condizione giuridica del "praticante di fatto" a quella del "normale" praticante.

G) - La sentenza impugnata, che si fonda su principi opposti a quelli ora affermati, deve essere, pertanto annullata. Peraltro, nel caso di specie, sulla base delle considerazioni dianzi svolte, e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto sul punto (cfr., supra, n. 1.1), deve essere riconosciuta, ai sensi dell'art. 384 comma 1 secondo periodo cod. proc. civ., la validità della deliberazione del Consiglio nazionale dell'Ordine impugnata, che ha, legittimamente, dato "mandato al Consiglio Regionale dell'Ordine dei Giornalisti del Veneto di iscrivere D.Z. nel registro dei praticanti e di rilasciare la dichiarazione sostitutiva di compiuta pratica per l'attività svolta presso "Il Gazzettino", ai sensi dell'art. 43 del d.P.R. 4.2.1965 n. 115 e successive modificazioni".

3. Tuttavia, la presente causa deve essere rinviata ad altra sezione della Corte d'appello di Venezia, la quale dovrà pronunciarsi su tutte le altre questioni ritenute assorbite dalla decisione ora annullata (cfr., supra, n. 1.3, in fine) e provvederà anche a regolare le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi e li accoglie. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte d'Appello di Venezia.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione Civile, l'11 ottobre 1999.


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