Legge e giustizia: venerd́ 26 aprile 2024

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LE PROPOSTE PER ACCELERARE IL PROCESSO CIVILE E LE CAUSE DI LAVORO - Semplificazioni e strumenti alternativi.

Pubblichiamo il testo di due documenti presentati alla conferenza che si è svolta il 16 febbraio 2000 a Roma, per iniziativa dell'Associazione Nazionale Magistrati, sulla ragionevole durata dei processi: le proposte del relatore Didone per lo snellimento del processo civile e la relazione Mammone sui problemi della giustizia del lavoro.

1.
PROPOSTE PER LA RIDUZIONE DEI TEMPI
DEL PROCESSO A COGNIZIONE ORDINARIA

1) FASE PREPARATORIA: esaminare i fascicoli prima dell'udienza di comparizione al fine di individuare le cause da convogliare in un canale di definizione rapida e quelle che richiedono tempi più lunghi di trattazione; nel primo gruppo possono confluire: la) le cause seriali che hanno già trovato soluzione nell'ambito dell'ufficio; lb) le cause per le quali è evidente che non sussistono la competenza o la giurisdizione o in cui comunque ricorrono questioni pregiudiziali e preliminari la cui soluzione può definire la competenza; lc) le cause per le quali l'esperienza indica che l'istruttoria sarà verosimilmente semplice e veloce (pagamenti somme per prestazioni di beni e servizi di valore limitato, risarcimento danni da incidente stradale, separazione personale di coniugi senza prole e di capacità economica medio-bassa, revocatorie fallimentari nei confronti di creditori diversi dalle banche per importi non rilevanti, . . . ).

2) UDIENZA DI COMPARIZIONE: 2a) invitare le parti a precisare le conclusioni nelle cause: - che presentano questioni preliminari e pregiudiziali ed appaiono fondate in via di delibazione sommaria; - la cui soluzione implica unicamente la risoluzione di questioni di diritto; 2b) decidere l'istanza di concessione della provvisoria esecuzione ex art. 648 c.p.c. con un provvedimento, in particolare se positivo, dalla motivazione diffusa (tale da o scoraggiare il prosieguo della causa o indirizza2ne lo svolgimento) e fissare in tempi brevissimi l'udienza di trattazione (nella quale, come insegna l'esperienza, difficilmente in questo tipo di cause le parti compaiono a rendere l'interrogatorio libero); 2c) decidere l'istanza ex art. 186 ter c.p.c. proposta nell'ambito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per somme minori di quelle recate dal decreto medesimo; 2d) non concedere il termine ex art.l80, 2A co. c.p.c. al contumace e fissare in tempi brevissimi l'udienza di trattazione indicando al procuratore dell'attore che, in tale udienza (ove le parti solitamente non compaiono o al massimo ne compare una), se la causa risulterà documentalmente istruita potrà essere discussa oralmente e decisa con dispositivo e motivazione contestuale e se richiederà una rapida istruzione orale (1-2 testi su pochi capitoli di contenuto semplice) potrà procedervisi immediatamente, previa ammissione delle prove, con successiva discussione alla stessa o all'udienza successiva; 2e) qualora si assumano provvedimenti di rinnovazione o integrazione dell'atto di citazione o di concessione di termini per mancato rispetto dei termini a comparire, la nuova udienza ex art. 180 c.p.c. può essere fissata in termini brevissimi (quelli strettamente necessari per gli adempimenti delle parti) in quanto all'udienza successiva non vi saranno verosimilmente attività da compiere;

3) UDIENZA DI TRATTAZIONE: 3a) fissare l'udienza differenziando la lunghezza del rinvio a seconda dell'oggetto della causa e del conseguente impegno che sarà richiesto per la sua trattazione, 3b) negli uffici piccoli in cui i ruoli non sono formati con criteri di specializzazione, tenere libera una parte almeno di un'udienza al mese, nella quale fissare le cause di stato e capacità delle persone e le altre cause da ritenere urgenti sulla base del criterio dell'esclusione dalla sospensione feriale dei termini; 3c) nell'interrogatorio libero delle parti ma anche nella richiesta di chiarimenti ai difensori, operare per far emergere dandone chiara esplicazione a verbale quali fatti siano effettivamente non contestati (e per i quali non dovrà farsi luogo all'istruttoria, ovviamente nelle cause aventi ad oggetto diritti disponibili, con un notevole risparmio di tempo); tale attività pare utile tra l'altro al fine di evitare quelle prove orali che si sostanziano unicamente in conferma di documenti (in particolare di fatture, preventivi, ricevute fiscali in cause di incidente stradale): si può chiedere espressamente alla controparte se contesta la risultanza documentale e il fatto che siano state effettivamente corrisposte (a medici, meccanici, carrozzieri) determinate somme spiegando che un conto è contestare la spesa in sé altro la sua riferibilità al sinistro e la sua risarcibilità in tutto o in parte (la verbalizzazione può essere: il procuratore di X dichiara espressamente di non contestare la fattura n.... e il suo pagamento ad opera di Y, ferma la contestazione sulla necessità della spesa, ovv. riferibilità al sinistro, ovv. risarcibilità); 3d) sottoporre alle parti eventuali questioni rilevabili d'ufficio sollecitarando una presa di posizione e definendo quindi con chiarezza i temi controversi; 3e) sollecitare le parti (al di fuori delle cause veramente complesse) a non far un uso a vuoto del doppio termine di cui all'art. 183, 5 c.p.c., che potrà comunque essere anche ristrettissimo (di pochi giorni nel caso la richiesta appaia decisamente dilatoria); 3f) in caso di rinvio ex art. 183, 5 c.p.c. fissare l'udienza successiva nell'irnmediatezza della scadenza del secondo termine; nell'udienza seguente infatti le parti verosimilmente chiederanno termine per formulare i mezzi istruttori e l'attività per il giudice sarà risibile; 3g) non fare rinvii indifferenziati ma scadenzarli a seconda del tipo di impegno che è richiesto al giudice nell'udienza successiva;

4) ISTRUTTORIA: 4a) alla fine della trattazione, salvo sia chiesto il termine ex art. 183, 5 c.p.c. provvedere sulle prove o se richiesto concedere il termine ex art. 184 c.p.c. per formulare le richieste istruttorie; 4b) sollecitare la collaborazione delle parti per fare l'esatto punto sulle richieste istruttorie (talvolta disseminate in più atti) e discutere oralmente le richieste, di modo da poter provvedere nella stragrande maggioranza dei casi all'udienza; in ogni caso evitare ammissioni c.d. hic et inde per evitare prove superflue e sovrabbondanti; 4c) fare uso del potere di riduzione delle liste sovrabbondanti; 4d) CONSULENZA TECNICA: - disporre la CTU dopo l'espletamento delle prove orali, salvo che esaurisca l'istruttoria o sia assolutamente certa la sua necessità (ad es. nelle cause da sinistro stradale per la valutazione della malattia e dei postumi, quando non vi sia una contestazione radicale di responsabilità), - fare uso di quesiti predisposti per tipologia di cause (ad es. quesito sulle conseguenze dannose del sinistro, sui danni al veicolo, sui danni alla persona, sulla dinamica del sinistro, sullo stato dei luoghi, le distanze tra edifici, sui rapporti di dare e avere tra banca e cliente ai fini delle revocatorie,...) e, nei casi di particolare complessità e tecnicismo della materia, indicare i quesiti nelle linee generali nell'ordinanza ammissiva e specificarli con l'ausilio del CTU; - fissare l'udienza per il conferimento dell'incarico in tempi brevissimi: almeno nell'80% dei casi si tratta di attività routinaria sulla base di quesiti standard che impegna in modo assai lieve il giudice; introdurre metodi di convocazione del consulente diversi dalla comunicazione con biglietto di cancelleria notificato (fonogramma, fax, posta elettronica); - assegnare al CTU termini ristretti (salvi i casi di particolare complesslt3) sollecitandone con rigore il rispetto e pretendendo che nei casi in cui sia necessario superarli ne sia chiesta la proroga prima della scadenza; - eliminare le pratiche dell'acconto-saldo e non riconoscere acconti salvo nei caso il CTU debba sostenere spese strumentali che sia necessario anticipare; ciò lo induce ad accelerare i tempi ed elimina alibi inammissibili (quali:"la parte non mi corrisponde anticipatamente il dovuto") al ritardo; - disporre che il CTU al termine delle operazioni peritali informi i CTP delle conclusioni cui è giunto e chieda loro di depositare deduzioni scritte entro un termine delle quali potrà tener conto nella relazione finale; in tal modo si elimina la pratica inammissibile della consulenza di parte depositata dopo la fine delle operazioni, che richiede il più delle volte convocazioni a chiarimenti, supplementi di CTU e rinnovazioni; - lasciare un margine di tempo tra la data di deposito della CTU e la data dell'udienza successiva e negare rinvii per esame CTU (se l'istruttoria è finita si rinvierà per precisazione conclusioni.

5) FASE DECISORIA: 5a) valorizzare la discussione orale della causa con decisione immediata e motivazione contestuale, disponendola quando sia stata già emanata un'ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. di contenuto coincidente col petitum, in caso di cause seriali, di cause semplici, di cause con rito locatizio (per le quali, così come anche per le cause di lavoro e previdenza, non vi sono ostacoli all'applicazione della disciplina sulla decisione con motivazione contestuale) ove l'oggetto sia semplice o meramente confermativo di provvedimenti endoprocessuali pregressi, 5b) prevedere un'udienza mensile riservata alle discussioni orali.

2.
IL PROCESSO DEL LAVORO

SOMMARIO: 1. La crisi della giustizia del lavoro. - 2. Alcuni recenti interventi del legislatore. I filtri per l'accesso alla tutela giurisdizionale. - 3. Alcune proposte. Le cause seriali. - 4. L'organizzazione degli uffici. - 5. Il lavoro dei magistrati. - 6. Il processo previdenziale. - 7. L'attuazione del giudice unico.

1. La crisi della giustizia del lavoro - Può sembrare quasi un controsenso che per le controversie di lavoro, per le quali è previsto un rito "speciale" basato sulla celerità e l'oralità, debba porsi un problema di ragionevole durata del processo. Eppure, non meno degli altri settori della giustizia, anche il processo del lavoro attraversa un momento di grave crisi, determinato essenzialmente dal progressivo allungamento dei tempi di definizione dei processi, rilevabile in sempre più numerosi tribunali. Questa crisi nelle sue manifestazioni numeriche è tale da spingere a riflettere sulla funzionalità di uno schema processuale che, nel 1973, era stato concepito come lo strumento per la sollecita definizione di controversie ritenute meritevoli di particolare tutela.

Causa essenziale di questa situazione è l'assoluta sproporzione venutasi a creare tra le forze della magistratura del lavoro e il numero delle controversie ad essa sottoposte, per cui nel processo del lavoro, ove era in origine possibile ottenere una decisione in pochi mesi, non è ormai cosa rara la fissazione dell'udienza di discussione della causa ad anni dalla presentazione del ricorso. Nulla può dare il senso di questa situazione come il seguente dato. Alla fine del 1999 (e quindi prima della attuazione defnitiva della legge sul giudice unico) l'organico complessivo della magistratura del lavoro negli uffici giudiziari di primo e secondo grado era di 335 magistrati (255 per le preture ed 80 per i tribunali). Alla stessa data dinanzi alla sola Pretura del lavoro di Roma per 43 magistrati (dei quali solo 40 presenti) erano pendenti circa 50.000 cause di lavoro e 70.000 di previdenza ed assistenza, con una media di 3.000 cause ciascuno!

Questo intervento si propone di illustrare tale situazione (evidenziandone, ove possibile, le cause), con lo scopo, però, non della mera denunzia, ma della ricerca di possibili rimedi che vadano oltre la necessaria e fin troppo ovvia richiesta di procedere ad un ponderato aumento dei magistrati del lavoro. Una ricerca che si ripromette di lasciare inalterati i capisaldi ed i contenuti di fondo del rito del lavoro e intende muoversi nella prospettiva del suo adattamento per far fronte ad esigenze che non erano prevedi­bili dal legislatore del 1973 e che sempre più si propongono nella concretezza dei rapporti processuali.

2. Alcuni recenti interventi del legislatore. I filtri per l'accesso alla tutela giurisdizionale - L'urgenza del recupero di funzionalità del processo del lavoro ha già spinto il legislatore in tempi recenti ad adottare alcuni interventi correttivi.

Si tratta di interventi che si inseriscono nel disegno di rendere la giustizia del lavoro più efficiente onde poter sopportare l'impatto con le controversie dei pubblici dipendenti, la cui devoluzione alla giurisdizione del giudice ordinario costituisce uno dei punti caratterizzanti della riforma del pubblico impiego.

Con il d.lgs. 31.3.98 n. 80, il legislatore delegato ha, tuttavia, introdotto anche una serie di misure dirette a facilitare la soluzione extragiudiziale di tutte le vertenze, per deflazionare in termini assoluti la quantità del contenzioso potenzialmente diretto al giudice del lavoro, nella sostanza cercando di dare al sistema maggiore funzionalità per meglio sopportare l'impatto della nuova giurisdizione.

In questo senso vanno lette le modifiche degli artt. 410-412-413-415-417 c.p.c. e l'inserimento degli artt. 410 bis - 412 bis - 412 ter e quater - 417 bis e, in particolare, l'introduzione del tentativo obbligatorio di conciliazione presso la commissione di conciliazione, quale onere preventivo all'introduzione delle controversie di lavoro (art. 410). Nell'ottica della deflazione significativa è anche la regolazione dell'arbitrato previsto da contratti ed accordi collettivi di lavoro (artt. 412 ter c.p.c.).

Tali modifiche normative introducono il delicato argomento dell'opportunità di sottoporre a filtri conciliativi preventivi la controversia di lavoro, prima di consentire l'accesso alla tutela giurisdizionale. Sul punto esiste forte diversità di opinioni. A colo­ro che ritengono ormai non più procrastinabile l'estensione del tentativo di conciliazione obbligatorio (dinanzi ad organi di conciliazione ancora da individuare) anche alle controversie civili ordinarie, onde consentire la definizione in sede non contenziosa di parte delle controversie, si contrappongono coloro che vedono nella generalizzazione della conciliazione o nell'obbligatorietà di altri filtri una sostanziale riduzione della garanzia alla tutela giurisdizionale del cittadino. L'esperimento, spesso rituale e non motivato da reale intento conciliativo, del tentativo di conciliazione, nella sostanza si tradurrebbe solo in un ritardo nell'accesso alla giurisdizione ed in un pregiudizio per la posizione soggettiva tutelata.

A prescindere dalla adesione all'una o all'altra tesi, è certo che qualsiasi attività conciliativa imposta alle parti della controversia prima dell'esperimento del giudizio, nel processo civile ordinario come in quello del lavoro, sarà compatibile con il principio costituzionale della garanzia della tutela giurisdizionale solo ove costituisca un semplice filtro e non un ostacolo per l'accesso al giudice. In altre parole lo strumento di deflazione deve costituire non un incentivo alla fuga dalla giustizia, ma un ragionevole sistema con il quale le parti possono definire più sollecitamente la controversia, perché non condizionate dal formalismo processuale. Solo a queste condizioni potrà auspicarsi una diminuzione del lavoro degli uffici giudiziari.

L'ottica più corretta sembra, pertanto, quella di agevolare l'accesso ai meccanismi di conciliazione, mantenendo, però, lo strumento conciliativo nell'ambito della fa­coltà dell'interessato, di modo che la opzione sia motivata da una maggiore convenienza (per costo, tempo di espletamento e risultato) che non lo svolgimento della via giudi­ziaria.

E' ovvio che questo ultimo obiettivo può essere raggiunto solo in presenza di strutture conciliative adeguate sul piano non solo organizzativo, ma anche di quello della professionalità dei soggetti chiamati a svolgere questa funzione.

Analoghe valutazioni possono essere effettuate a proposito dell'arbitrato. I1 principio affermato dall'art. 25 della Costituzione ("nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge") impedisce l'introduzione di arbitrati obbligatori e consente l'introduzione dell'arbitrato quale strumento di soluzione delle controversie private solo ove le parti scelgano liberamente di farvi ricorso. Nello specifico delle controversie di lavoro, ulteriore garanzia va ravvisata nell'obbligo di previsione dell'arbitrato nella contrattazione collettiva. In questo senso si sono mossi gli artt. 412 ter e quater c.p.c.; sul punto ora l'iniziativa è lasciata alle parti sindacali.

3. Alcune proposte. Le cause seriali - E' stato detto che per molti uffici giudiziari la data del tracollo coincide con l'entrata in vigore della legge l7 maggio 1985 n. 210 sull'istituzione dell'Ente Ferrovie dello Stato. La possibilità di adire il giudice ordinario avrebbe fatto esplodere un contenzioso latente, mai azionato dinanzi al giudice amministrativo, convogliatosi in alcuni imponenti filoni di controversie (si pensi per tutti a quello della riliquidazione dello straordinario prestato dai dipendenti delle Ferrovie) che provocarono il collasso degli uffici.

Questa riflessione, abbastanza comune tra gli addetti ai lavori e costituente fonte di non lieve preoccupazione per le analogie che potrebbero assumere le vertenze dei ferrovieri e quelle dei pubblici dinanzi al giudice ordinario, costituisce la premessa per affrontare l'argomento delle controversie seriali, che è caratteristico della giustizia del lavoro. I1 problema della ripetitività delle controversie per l'identità del datore di lavoro e delle questioni trattate non è nuovo, in quanto già nel 1973 la legge di riforma riteneva di imporre al giudice la riunione delle controversie di lavoro, previdenza ed assi­stenza "connesse anche soltanto per identità delle questioni" (art. 151 disp. att.).

Il fenomeno della serialità del contenzioso, tuttavia, non può essere governato con sistemi lasciati alla disponibilità del singolo magistrato. La serialità si alimenta non solo per il numero elevato dei soggetti interessati, ma anche per la poca chiarezza di alcune fonti normative, per la non univocità della giurisprudenza (soprattutto se i filoni di controversie approdino a uffici territorialmente diversi), per il ritardo dell'intervento della Corte di cassazione. E' evidente che tali parametri sono del tutto ingovernabili sul piano individuale e richiedono un intervento legislativo che prenda atto della rilevanza di questo fenomeno e offra strumenti normativi processualmente adeguati.

La tecnica dovrebbe essere quella di evitare lo sviluppo della serialità, intervenendo quando il fenomeno si manifesta oltre certi numeri, e di consentire l'adozione di una decisione di una o più delle controversie che percorrano tutti i gradi della giurisdi­zione prima ancora che le altre controversie siano pervenute alla decisione di primo grado. In altre parole, dovrebbero essere indicati a livello legislativo criteri oggettivi per individuare una o più "cause pilota" cui far percorrere una corsia preferenziale (per tempi di decisione); le altre cause dovrebbero, a livello non di singolo giudice, ma dell'ufficio dinanzi al quale si sta svolgendo l'iter abbreviato, essere sospese in attesa della decisione definitiva. I1 giudicato (che potrebbe essere ottenuto anche alla fine del primo o del secondo grado, in mancanza di impugnazioni) sulla causa pilota non vincolerebbe il giudice della causa sospesa, ma costituirebbe un indubbio ed autorevole pre­cedente che sicuramente orienterebbe le parti degli altri giudizi (o di quelli ancora da promuovere).

Del resto il legislatore con la introduzione dell'accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi dei pubblici dipendenti sottoscritti dall'ARAN (art. 68 bis del d. lgs. 3.2.93 n. 29), sembra muoversi nella direzione della adozione di un rito differenziato per prevenire nell'ambito del pubblico impiego il contenzioso nascente dalle incertezze del testo contrattuale, che - per le dimensioni dei comparti interessati - facilmente potrebbe sfociare nella serialità. A prescindere dalle valutazioni circa l'istituto sindacal-processuale dell'accertamento pregiudiziale, che non possono essere affrontate in questa sede, il legislatore con questa innovazione ha affrontato non tanto il problema della funzionalità della giustizia del lavoro, quanto quello della stabilità degli assetti contrattuali della Pubblica Amministrazione, cercando di creare uno strumento di perfezionamento delle norme di incerta interpretazione e, allo stesso tempo, di prevenzione del contenzioso. L'adozione di uno procedimento (esclusivamente processuale) di prevenzione del contenzioso seriale del tipo di quello sopra proposto avrebbe, invece, lo scopo dichiarato di migliorare il grado di risposta della giurisdizione, il che giustificherebbe la sua autonomia (seppure nell'ambito di un neces­sario coordinamento tecnico) dal diverso procedimento dell'accertamento pregiudiziale.

4. L'organizzazione degli uffici - Il numero veramente impressionante di controversie assegnate a ciascun magistrato (a fronte di un numero ritenuto ottimale di 500-660 cause si riscontra una realtà di 2000-2500, ed a volte 3000 cause, tra controversie di lavoro e previdenziali) e la sperequazione tra i carichi di lavoro, a volte notevole tra ufficio ed ufficio, implica che l'organizzazione del lavoro dei magistrati debba essere calibrata secondo modalità che tengano conto della specificità delle situazioni. Un dato che emerge con evidenza è che le controversie previdenziali si presentano in numero molto maggiore in alcuni uffici e non in altri; in altri ancora, invece, c'è la prevalenza di cause in materia di rapporto di lavoro con gli enti pubblici (ora anche di pubblico impiego). Ebbene, in queste realtà non è possibile adottare moduli organizzativi dell'attività giurisdizionale sempre uguali, senza tenere conto della particolarità del­le situazioni in atto. L'individuazione di efficaci criteri di assegnazione delle controversie, l'accorpamento delle cause per identità di questioni (a prescindere dai fenomeni di serialità), un uso meditato dell'istituto della riunione, la creazione di un osservatorio interno per monitorare assegnazioni e tipologie di controversie, costituiscono strumenti di organizzazione che, soprattutto nei grandi uffici, potrebbero ottimizzare le risorse e migliorare il grado di efficienza della struttura.

Tutte queste misure non richiedono interventi legislativi, ma attengono alla capacità organizzativa dei capi degli uffici all'atto della formulazione dei criteri di assegnazione delle cause, e, più in generale, alla fissazione dei criteri per l'organizzazione degli uffici formulati dal Consiglio Superiore della Magistratura. Si tratterebbe, in altre parole, di elaborare nuove strategie di amministrazione della giurisdizione da adottare in tempi sicuramente più brevi che non quelli richiesti da eventuali interventi legislativi.

5. Il lavoro dei magistrati - La sempre crescente tecnicità della materia compor­ta la necessità di un aggiornamento continuo dei magistrati del lavoro per i quali, non si dimentichi, è richiesta un alto grado di specializzazione. Tale specializzazione deve trovare una rappresentazione concreta anche a livello di organizzazione, nel senso che, ove se ne presenti la necessità per la particolare varietà delle tipologie del contenzioso, potrebbe prevedersi un criterio di assegnazione obiettivo e predeterminato, che consenta di assegnare sempre agli stessi magistrati le controversie appartenenti a particolari e predefinite tipologie.

Tale sistema, consentirebbe non solo una semplificazione del lavoro dei singoli, ma anche un maggiore livello di meditazione e approfondimento delle questioni, che potrebbe consentire la nascita di una giurisprudenza uniforme sui singoli aspetti del contenzioso. In linea di massima si potrebbe ipotizzare uno strumento di tale genere nel momento in cui sarà entrata a regime la riforma del pubblico impiego e i flussi delle controversie in materia avranno assunto le fisiologiche dimensioni. In questa situazione sarebbe ipotizzabile, negli uffici che per dimensione di organico lo consentano, un sistema di assegnazione binario, in cui ai magistrati cui sono assegnate le controversie in materia di impiego privato non sono assegnate le controversie in materia di impiego pubblico, e viceversa.

Si tratterebbe, ovviamente, di uno strumento tabellare da gestire nel rispetto assoluto del principio del giudice naturale, garantendo l'opportuno avvicendamento dei magistrati inseriti nei due gruppi.

Affrontando l'argomento del lavoro dei magistrati non si può omettere un richiamo alla necessità di migliorare le condizioni di lavoro dei magistrati sul piano logi­stico e su quello del supporto di adeguato personale ausiliario. E' questa una richiesta che più volte l'Associazione ha avanzato con riferimento alla magistratura nel suo complesso e che richiede un serio intervento di struttura con il dispiego di adeguate risorse. Per rimanere nell'ambito della giustizia del lavoro, è, comunque, indispensabile che il giudice (monocratico o collegiale) possa tenere udienza secondo le proprie necessità e possa valersi dell'ausilio di personale che provveda alla sua assistenza in udienza e compia tutte quelle attività strumentali al lavoro del giudice stesso, onde consentire a quest'ultimo di concentrasi esclusivamente sull'attività giurisdizionale.

Sotto questo punto di vista può guardarsi con interesse al tentativo di enucleare nell'ambito della contrattazione collettiva decentrata per il Ministero della giustizia una nuova figura professionale di dipendenti particolarmente qualificata nell'attività di studio e di ricerca, che assista il magistrato nella preparazione e nell'esecuzione dell'attività giurisdizionale.

6. Il processo previdenziale - Un discorso a parte merita il processo previdenziale. I mali di questo processo nascono da molto lontano: la frammentarietà della legislazione in materia di previdenza ed assistenza, l'inefficienza della fase amministrativa preliminare al processo e delle strutture chiamate a gestirla, i ritardi cronici dell'Ammi­nistrazione nell'erogazione dei trattamenti, costituiscono (per fermarsi ai più evidenti) veri e propri incentivi per la crescita esponenziale del contenzioso e per il suo allarga­mento, che in alcuni distretti si rivela veramente smisurato. Si denunzia da più parti l'inidoneità dello strumento processuale, così come concepito dalla legge del 1973, da un lato a garantire il cittadino e, dall'altro, a consentire alle Amministrazioni pubbliche interessate una corretta gestione tecnica della materia.

Non può, quindi, non condividersi la proposta di procedere ad una profonda riforma del processo previdenziale. E' noto che a questo proposito è da tempo in corso un ampio dibattito e che sono stati articolati alcuni radicali progetti di riforma. In que­sta sede va segnalato che, se questo intervento deve avere lo scopo di migliorare la funzionalità del giudice del lavoro e, allo stesso tempo, di accelerare la tutela dei diritti dei cittadini con una sollecita risposta alla richiesta di attribuzione dei trattamenti di previ­denza e assistenza, l'obiettivo da perseguire dovrà necessariamente essere quello di una sostanziale selezione delle materie da sottoporre al giudice.

7. L'attuazione del giudice unico - La definitiva "entrata in efficacia" (l'espressione è brutta, ma è diventata di uso comune) della legge sul giudice unico rappresenta una occasione che la giustizia del lavoro non può perdere per procedere ad una raziona­lizzazione della sua struttura. La rimeditazione degli organici degli uffici per l'attuazio­ne della forma rappresenta l'occasione per correggere gli organici dei giudici del lavo­ro, adattando la situazione "giuridica" a quella reale.

Sotto questo punto di vista della massima delicatezza si presenta la situazione delle neonate sezioni del lavoro delle corti di appello. Queste sezioni, per il sottodimensionamento degli organici loro assegnati in sede di prima attuazione, inizieranno la loro attività sotto il peso di un grave carico di lavoro, che potrebbe portare in brevissimo spazio di tempo alla formazione di nuovo arretrato.

Per le corti di appello minori, ove non si ritenga opportuna la creazione di una autonoma sezione lavoro, potrebbe essere prevista la pubblicazione di due posti di consigliere destinati alle controversie di lavoro, da coprire mediante trasferimento. Sarebbe un modo per favorire l'acquisizione di professionalità specifiche in materia di lavoro anche nelle corti di appello, per le quali questa materia costituisce una novità assoluta.


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