Legge e giustizia: venerd́ 26 aprile 2024

Pubblicato in : Informazione e comunicazione

LA LEGISLAZIONE ITALIANA IN MATERIA DI EMITTENZA TELEVISIVA NON E' COMPATIBILE CON LA NORMATIVA DELL'UNIONE EUROPEA - In particolare con l'art. 49 CE che garantisce la libera prestazione di servizi (Corte Europea, Quarta Sezione, sentenza del 31 gennaio 2008, Presidente e Relatore Lenaerts).

La s.r.l. Centro Europa ha ottenuto dallo Stato italiano, nel luglio del 1999, una concessione per la radiodiffusione televisiva su frequenze terrestri in ambito nazionale. Il provvedimento la autorizzava ad istallare ed esercitare una rete televisiva con tecnica analogica.

Per l'assegnazione delle frequenze la concessione rinviava al piano nazionale adottato il 30 ottobre 1998, che però non è stato attuato. Conseguentemente, pur disponendo di una concessione, la società Centro Europa 7 non è mai stata in grado di trasmettere, non essendole stata assegnata le frequenze, che, di fatto erano occupate, senza titolo, dalla s.p.a. Mediaset. La legge n. 249 del 1997 consentiva agli "occupanti di fatto" la prosecuzione delle trasmissioni. La Corte Costituzionale ha fissato al 31 dicembre 2003 il termine entro il quale i programmi irradiati dalle reti eccedenti avrebbero dovuto essere trasmessi solo via satellite o via cavo, liberando così le frequenze da assegnare alla Centro Europa 7.

Tale termine non è stato però rispettato in seguito all'intervento del legislatore nazionale, dato che, da una parte, l'art. 1 del decreto legge n. 352/2003, convertito nella legge 24 febbraio 2004, n. 43, ha prorogato l'esercizio delle reti eccedenti fino allo svolgimento di un'indagine dell'Autorità sullo sviluppo delle reti televisive digitali e che, dall'altra, è intervenuta la legge n. 112/2004, in particolare, il suo art. 23, n. 5.

La legge n. 112/2004, con il meccanismo di autorizzazione generale, ha prolungato la possibilità per le reti eccedenti di continuare a trasmettere sulle frequenze terrestri fino all'attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la televisione digitale, di modo che queste reti non sono state obbligate a liberare le frequenze destinate a essere assegnate ai soggetti titolari di concessioni.

Tale legge ha quindi avuto l'effetto di non liberare le frequenze destinate a essere assegnate ai soggetti titolari di concessioni in tecnica analogica e di impedire ad operatori diversi da quelli che trasmettono di fatto su frequenze terrestri di partecipare alla sperimentazione della televisione digitale.

La Centro Europa 7 ha proposto, davanti al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, un ricorso diretto, in particolare, a far dichiarare il suo diritto ad ottenere l'assegnazione delle frequenze e il risarcimento del danno.

Il Tribunale ha rigettato il ricorso con sentenza del 16 settembre 2004. Questa decisione è stata impugnata davanti al Consiglio di Stato dalla Centro Europa 7, che ha contestato la compatibilità del decreto legge n. 352 /2003 e della legge n. 112/2004 con il diritto dell'Unione Europea ed in particolare con la normativa comunitaria sulla libera prestazione dei servizi e sulla concorrenza e con il principio del pluralismo delle fonti di informazione. Il Consiglio di Stato ha chiesto alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulla conformità delle due legge italiane con le disposizioni del Trattato CE e con le direttive comunitarie in materia.

La Corte Europea, Quarta Sezione (Presidente e Relatore Lenaerts) con sentenza del 31 gennaio 2008 ha affermato che l'art. 49 CE e le direttive del Consiglio, della Commissione e del Parlamento europeo in materia di reti e servizi di comunicazione elettronica devono essere interpretati nel senso che essi ostano, in materia di trasmissione televisiva, ad una normativa nazionale la cui applicazione comporta che un operatore titolare di una concessione si trovi nell'impossibilità di trasmettere in mancanza di frequenze di trasmissione assegnate sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati. Nel settore delle trasmissioni televisive - ha affermato la Corte - la libera prestazione di servizi, come sancita dall'art. 49 CE esige non solo la concessione di autorizzazioni alla trasmissione, ma altresì l'assegnazione di frequenze di trasmissione; infatti, in mancanza di frequenze, un operatore non può esercitare in modo effettivo i diritti conferitigli dalla normativa comunitaria circa l'accesso al mercato della trasmissione televisiva.


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