Legge e giustizia: venerd́ 19 aprile 2024

Pubblicato in : Lavoro, Fatto e diritto

L'ADDEBITO DISCIPLINARE DEVE ESSERE RIFERITO A FATTI SPECIFICI - La contestazione è immutabile (Cassazione Sezione Lavoro n. 13813 del 28 maggio 2008, Pres. Mattone, Rel. Miani Canevari).

Rosanna D. dipendente della s.r.l. Centro di Cura S. Michele è stata sottoposta a procedimento disciplinare con il seguente addebito: "In numerose e ripetute occasioni manteneva un atteggiamento aggressivo e litigioso nei confronti della dirigenza della società." La lavoratrice si è difesa facendo presente l'impossibilità di risalire a fatti precisi e ricordando soltanto un episodio di scarsa rilevanza ovvero che in occasione di un suo incontro con il presidente della società questi si era risentito perché non era stato da lei salutato. L'azienda l'ha licenziata. Il Tribunale di Cagliari, al quale Rosanna D. si è rivolta, ha annullato il licenziamento per violazione dell'art. 7 St. Lav. che, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, impone al datore di lavoro di formulare l'addebito disciplinare in termini specifici per consentire al dipendente di difendersi. Questa decisione è stata confermata in grado di appello dalla Corte di Cagliari che ha concordato con il Tribunale nel ritenere la contestazione disciplinare assolutamente generica e tale da impedire alla lavoratrice di fornire idonee giustificazioni. La Corte ha osservato che l'addebito mosso aveva assunto un contenuto concreto solo in relazione ad un episodio specifico richiamato dalla lavoratrice nella lettera di giustificazione, rilevando che tale specificazione non poteva essere presa in considerazione e che comunque il fatto non era idoneo a giustificare il licenziamento. L'azienda ha proposto ricorso per cassazione censurando la decisione della Corte di Cagliari per vizi di motivazione e violazione di legge; essa ha sostenuto in particolare che la contestazione di addebito può essere anche generica, essendo facoltà del lavoratore interessato chiedere un'ulteriore specificazione.

La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 13813 del 28 maggio 2008, Pres. Mattone, Rel. Miani Canevari) ha rigettato il ricorso. Nel procedimento stabilito dall'art. 7 della legge n. 300/1970 per l'irrogazione delle sanzioni disciplinari - ha affermato la Corte - la regola della preventiva contestazione dell'addebito rappresenta una essenziale garanzia del contraddittorio, mentre il quinto comma dello stesso articolo prescrive la forma scritta della relativa comunicazione (con riferimento ai provvedimenti più gravi del rimprovero verbale). L'effettività di questa tutela è assicurata dal principio della immutabilità della contestazione, che costituisce un elemento necessario di garanzia dell'effettivo esercizio di difesa del lavoratore incolpato, precludendo al datore di lavoro di far valere a sostegno delle sue determinazioni disciplinari circostanze nuove rispetto a quelle contestate.

Alla stessa funzione di garanzia - ha aggiunto la Corte - risponde l'esigenza di specificità della contestazione, integrata solo quando con la formulazione dell'addebito sono fornite le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari o comunque comportamenti in violazione dei doveri di cui agli artt. 2104 e 2105 cod. civ..


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