Legge e giustizia: sabato 27 aprile 2024

Pubblicato in : Lavoro, Fatto e diritto

IL CONSEGUIMENTO DEL DIRITTO ALLA PENSIONE DI VECCHIAIA NON PUO' COSTITUIRE LIMITE AL RISARCIMENTO DEL DANNO DA LICENZIAMENTO - La cessazione del rapporto non è automatica (Cassazione Sezione Lavoro n. 14778 del 4 giugno 2008, Pres. Mattone, Rel. Di Nubila).

Francesco O. dipendente della società Tecnocalor Impianti s.a.s., è stato licenziato con comunicazione verbale. Il Tribunale di Teramo, al quale egli si è rivolto, ha dichiarato inefficace il licenziamento e ha condannato l'azienda al risarcimento del danno in misura pari alla retribuzione maturata nel periodo dal recesso alla pronuncia della sentenza. Questa decisione è stata riformata in grado di appello dalla Corte degli Abruzzi, che ha ridotto l'importo del risarcimento, in quanto, tra l'altro, ha ritenuto che, avendo il lavoratore conseguito, dopo il recesso, il pensionamento per vecchiaia non poteva riconoscersi il suo diritto alla retribuzione e quindi al risarcimento per il periodo successivo a tale pensionamento. Il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione censurando la decisione della Corte abruzzese per vizi di motivazione e violazione di legge.

La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 14778 del 4 giugno 2008, Pres. Mattone, Rel. Di Nubila) ha accolto il ricorso affermando, tra l'altro, che il conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia non può costituire limite al risarcimento del danno da licenziamento. La maturazione del diritto a pensione - ha rilevato la Corte - non costituisce di per sé causa di cessazione del rapporto. La Corte ha inoltre ricordato la sua giurisprudenza secondo cui in caso di licenziamento illegittimo il danno spettante al lavoratore va commisurato alle retribuzioni perdute, e non può essere decurtato degli importi percepiti eventualmente a titolo di pensione, atteso che il diritto al pensionamento discende da presupposti (limiti di età e requisiti di contribuzione) stabiliti dalla legge, e prescinde del tutto dalla disponibilità e dall'impiego di energie lavorative; e non si pone di per sé come causa di risoluzione del rapporto di lavoro; sicché le utilità economiche che il lavoratore ne ritrae, dipendendo da fatti giuridici del tutto estranei al potere di recesso esercitato dal datore di lavoro, si sottraggono all'operatività della regola della compensatio lucri cum damno.


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