Legge e giustizia: venerdì 26 aprile 2024

Pubblicato in : Attualità, opinioni e commenti

QUESTIONI DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE E DI INCOMPATIBILITA' CON LA NORMATIVA EUROPEA SOLLEVATE DALLE DIFESE DEI LAVORATORI PRECARI SULLA NUOVA DISCIPLINA DEI CONTRATTI DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO - Introdotta con la legge n. 133 del 21 agosto 2008.

Il giudice Pietro Martello del Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, si pronuncerà il 18 dicembre prossimo sulle questioni di legittimità costituzionale delle nuove disposizioni in materia di rapporto di lavoro a tempo determinato introdotte con il decreto legge 25.6.2008 n. 112 e con la relativa legge di conversione 6.8.2008 n. 133 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 21 agosto 2008. Le questioni sono state sollevate dalla difesa di un lavoratore precario in una causa promossa contro le Poste Italiane per ottenere la stabilizzazione del rapporto. Analoga pronuncia potrebbe verificarsi a Roma il 2 ottobre 2008 in una causa contro la Rai Radiotelevisione italiana Spa pendente dinanzi al giudice Francesca Vincenzi. A Roma tuttavia la questione di legittimità costituzionale è stata sollevata in via subordinata, in quanto la difesa del lavoratore sostiene, in via principale, la non applicabilità nel caso in esame, caratterizzato da una pluralità di assunzioni (effettuate nel periodo dal luglio del 1990 al settembre 2003), del decreto legislativo n. 368/2001 e quindi della legge n. 133/2008.

Questa legge ha, tra l'altro, aggiunto al decreto legislativo 6.9.2001 n. 368 (disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato) una nuova norma:

«Art. 4-bis. (Disposizione transitoria concernente l'indennizzo per la violazione delle norme in materia di apposizione e di proroga del termine). - 1. Con riferimento ai soli giudizi in corso alla data di entrata in vigore della presente disposizione, e fatte salve le sentenze passate in giudicato, in caso di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 1, 2 e 4, il datore di lavoro e' tenuto unicamente a indennizzare il prestatore di lavoro con un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di sei mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni».

Del nuovo articolo art. 4 bis del decreto legislativo 6 settembre 2001 n. 368 sono possibili due interpretazioni:

  • 1) che il legislatore abbia inteso unicamente disciplinare "l'indennizzo per la violazione di norme in materia di apposizione di proroga del termine", come è desumibile tra l'altro dalla rubrica; a tale conclusione conduce anche la permanenza dell'art. 1, comma 1, D.Lgs. n. 368/2001, secondo cui "il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato"; onde dovrebbe ritenersi che anche nei giudizi in corso il Giudice possa tuttora emettere la pronuncia di accertamento dell'esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e di condanna dell'azienda ad adibire il lavoratore all'attività lavorativa;
  • 2) che il legislatore abbia inteso precludere al Giudice l'accertamento dell'esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e la condanna dell'azienda ad adibire il lavoratore all'attività lavorativa.

In entrambe le ipotesi i giudici dovranno comunque valutare due tesi che sono state o saranno prospettate dalle difese dei lavoratori:

  • a) che l'art. 4 bis D.Lgs. n. 368/2001 vada disapplicato per incompatibilità con la Direttiva del Consiglio dei Ministri dell'Unione Europea 1999/70/CE, secondo cui gli Stati Membri non possono ridurre il livello generale di tutela offerto ai lavoratori in materia di durata del rapporto di lavoro (Corte Cost. 7 febbraio 2000 n. 41);
  • b) che comunque l'art. 4 bis D.Lgs. n. 368/2001 sia in contrasto con alcune norme della Costituzione:
  • - l'art. 77, secondo cui il Governo può adottare provvedimenti legislativi soltanto in casi straordinari di necessità e urgenza; la mancanza di tale requisito vale ad inficiare anche la legge di conversione (Corte Cost. n. 171/2007 e n. 128/2008);
  • - l'art. 104, secondo cui la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere, onde il Parlamento non può imporre al magistrato il contenuto della decisione che egli deve emettere con riferimento a specifiche controversie pendenti davanti a lui;
  • - l'art. 3, non giustificandosi la disparità di trattamento introdotta tra coloro che hanno giudizi in corso e coloro che ancora li debbono promuovere;
  • - l'art. 24, per l'indebita limitazione del diritto di difesa per coloro che hanno giudizi in corso;
  • - l'art. 117, secondo cui la potestà legislativa deve essere esercitata nel rispetto degli obblighi internazionali, inclusi quelli derivanti dall'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; secondo questa norma ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata imparzialmente da parte di un Tribunale indipendente (Cass., Sezione Lavoro, ordinanza n. 22260 del 4 settembre 2008).

La non manifesta infondatezza delle questioni si evince anche dalla sentenza della Corte Costituzionale 13 ottobre 2000 n. 415, in quanto nel caso in esame mancano tutti gli elementi in base ai quali la Corte ritenne conforme alla Costituzione l'art. 9 del decreto legge 1 ottobre 1996 n. 510 dichiarativo della legittimità delle assunzioni di personale a tempo determinato effettuate dall'Ente Poste Italiane sino al 30 giugno 1997.

Nell'ipotesi di ritenuto contrasto con la disciplina europea, i giudici potrebbero disapplicare la nuova norma o rimettere gli atti alla Corte di Giustizia dell'Unione per una pronuncia preliminare.

Nel caso che ravvisino la non manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale i giudici dovranno rimettere gli atti alla Corte Costituzionale. (D. d'A)


© 2007 www.legge-e-giustizia.it