Legge e giustizia: sabato 20 aprile 2024

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ATTACCO IN AULA MAGNA ALLA GIURISPRUDENZA DELLA SUPREMA CORTE IN MATERIA DI CONTRATTI A TERMINE - Nell'ambito di un'iniziativa dell'Ufficio per la formazione decentrata.

17 febbraio 2009 - I recenti sviluppi della legislazione e gli orientamenti giurisprudenziali in materia di lavoro a tempo determinato hanno formato oggetto di un dibattito svoltosi a Roma l'11 febbraio nell'Aula Magna del Palazzo di Giustizia per iniziativa della Suprema Corte, Ufficio dei Referenti per la Formazione Decentrata. Tre i relatori: Roberto Pessi, preside della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Luiss, Fabrizio Miani Canevari, presidente di sezione della Corte di Cassazione, Raffaele Foglia, consigliere della Suprema Corte, assistente di studio alla Corte Costituzionale. Il dibattito è stato introdotto dal primo presidente della Suprema Corte, Vincenzo Carbone, il quale  ha fatto riferimento alle difficoltà di colloquio fra lavoristi e civilisti nell'ambito delle Sezioni Unite. Foglia e Miani Canevari hanno condiviso l'orientamento espresso dalla Sezione Lavoro della Suprema Corte, nell'interpretazione del decreto legislativo n. 368/2001, con la sentenza n. 12985 del 2008, secondo cui l'apposizione del termine al rapporto di lavoro è una deroga alla regola generale della durata indeterminata e la nullità del termine comporta la stabilizzazione del rapporto.

Essi hanno rilevato, tra l'altro, che la previsione, nell'art. 1 del decreto legislativo n. 368/2001 dell'obbligo di motivare specificamente le ragioni che giustificano l'apposizione del termine fornisce indubbiamente un argomento assai forte per rifiutare la tesi della "acausalità" del contratto, in quanto la disposizione implica necessariamente la possibilità di un controllo del contenuto dell'atto negoziale, che risulta così condizionato dall'esistenza di dati presupposti. Sulle innovazioni legislative della scorsa estate Miani Canevari ha rilevato che la soluzione indennitaria prevista dal nuovo art. 4 bis del decreto legislativo n. 368/2001 (che esclude, per le cause in corso, il diritto dei lavoratori alla trasformazione dei contratti a termine) pone indubbiamente gravi sospetti di legittimità costituzionale, come è stato ritenuto da numerosi giudici di merito. Roberto Pessi si è invece dichiarato convinto che Consulta non dichiarerà l'illegittimità costituzionale dell'art. 4 bis in quanto, come è stato recentemente affermato da una sentenza del Tribunale di Roma "il complessivo intervento legislativo è finalizzato fra l'altro alla promozione dello sviluppo economico ed alla competitività del Paese". Pessi ha inoltre detto di essere in attesa di una pronuncia delle Sezioni Unite "che potrebbe anche essere immediata ed anticipatoria della stessa Corte Costituzionale, grazie al recupero della sentenza nell'interesse della legge". A sostegno della sue tesi, decisamente favorevoli alla liberalizzazione delle assunzioni a termine, Pessi ha affermato che, se il sistema normativo viene irrigidito, il mercato "necessariamente risponde negativamente alla richiesta di stabilità (evitando di procedere alle assunzioni, facendo ricorso ad altre tipologie di rapporti, ovvero al lavoro sommerso ovvero, ancora, alla delocalizzazione ed ai licenziamenti collettivi)". V'è stato un solo intervento, quello di Domenico d'Amati, avvocato, che ha contestato le tesi del prof. Pessi rilevandone la carenza di supporto giuridico e l'antistoricità sul piano economico- sociale. Egli ha osservato che in questo momento di ritorno alle regole, dopo la catastrofe prodotta dal libero mercato, il dovere di solidarietà, affermato non solo dall'art. 2 della Costituzione, ma persino nella relazione del Guardasigilli al Codice Civile, conduce in tutt'altra direzione. Ne è seguito un vivace contraddittorio.

Aggiungiamo che la pronuncia delle Sezioni Unite attesa dal prof. Pessi sarebbe nell'interesse non della legge, ma della Confindustria.


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