Legge e giustizia: mercoledì 24 aprile 2024

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LA NOTIZIA DI UN PROVVEDIMENTO GIUDIZIARIO DEVE DAR CONTO ESATTAMENTE DELLA SUA PORTATA - Affinché si applichi l'esimente del diritto di cronaca (Cassazione Sezione Terza Civile n. 22190 del 20 ottobre 2009, Pres. Senese, Rel. Ambrosio).

Affermare che una persona è stata più volte condannata in sede penale, laddove essa, dopo essere stata condannata in primo e in secondo grado, è stata prosciolta in Cassazione per intervenuta prescrizione, configura diffamazione perché fa ritenere al lettore, contrariamente al vero, che sia stata pronunciata una condanna definitiva. Per considerare la divulgazione di notizie lesive dell'onore, lecita espressione del diritto di cronaca ed escludere la responsabilità civile per violazione del diritto all'onore, devono ricorrere tra condizioni consistenti: a) nella verità oggettiva (o anche soltanto putativa, perché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca) che non sussiste quando, pur essendo veri i singoli fatti riferiti, siano, dolosamente o anche soltanto colposamente, taciuti altri fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato; ovvero quando i fatti riferiti siano accompagnati da sollecitazioni emotive ovvero da sottintesi, accostamenti, insinuazioni, allusioni o sofismi obiettivamente idonei a creare nella mente del lettore (od ascoltatore) rappresentazioni della realtà oggettiva false, il che si esprime nella formula che "il testo va letto nel contesto", il quale può determinare un mutamento del significato apparente della frase altrimenti non diffamatoria, dandole un contenuto allusivo, percepibile dall'uomo medio; b) nella sussistenza di un interesse pubblico all'informazione, vale a dire la c.d. pertinenza; c) nella forma "civile" dell'esposizione dei fatti e della loro valutazione, e cioè la c.d. continenza, posto che lo scritto non deve mai eccedere lo scopo informativo da conseguire ed essere improntato a serena obiettività, con esclusione di ogni preconcetto intento denigratorio e nel rispetto di quel minimo di dignità cui ha pur sempre diritto anche la più riprovevole delle persone, evitando forme di offese indiretta. In sostanza soltanto la correlazione rigorosa tra fatto e notizia di esso soddisfa l'interesse pubblico dell'informazione, che è la ratio dell'art. 21 della Cost., di cui il diritto di cronaca è estrinsecazione, e riporta l'azione nell'ambito dell'operatività dell'art. 51  cod. pen., rendendo la condotta non punibile nel concorso degli altri due requisiti della continenza e pertinenza. Invero il potere-dovere di raccontare e diffondere a mezzo stampa notizie e commenti, quale essenziale estrinsecazione del diritto di libertà di informazione e di pensiero, incontra limiti in altri diritti e interessi fondamentali della persona, come l'onore e la reputazione, anch'essi costituzionalmente protetti dagli artt. 2 e 3 Cost. e, segnatamente in materia di cronaca giudiziaria, deve confrontarsi, altresì, con il presidio costituzionale della presunzione di non colpevolezza di cui all'art. 27 Cost..

In tale ordine concettuale la giurisprudenza anche penale della Suprema Corte è costante nel sottolineare il particolare rigore con cui deve essere valutata la prima delle condizioni sopra indicate, precisando che la verità di una notizia mutuata da un provvedimento giudiziario sussiste ogniqualvolta essa sia fedele al contenuto del provvedimento stesso, senza alterazioni o travisamenti di sorta, dovendo il limite della verità essere restrittivamente inteso. L'esimente, anche putativa del diritto di cronaca giudiziaria di cui all'art. 51 cod. pen. va, dunque, esclusa allorché manchi la necessaria correlazione tra il fatto narrato e quello accaduto, la quale implica l'assolvimento dell'obbligo di verifica della notizia e, quindi, l'assoluto rispetto del limite interno della verità oggettiva di quanto esposto, nonché il rigoroso obbligo di rappresentare agli avvenimenti quali sono, senza alterazioni o travisamenti di sorta, risultando inaccettabili i valori sostitutivi. E se il presupposto dell'esistenza del diritto di cronaca è - come recita l'art. 2 della legge professionale 3.2.1963, n. 69 - "il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede" (comma 1) e fermo l'obbligo di rettificare "le notizie che risultino inesatte" (comma 2), è chiaro che il giornalista deve non solo controllare l'attendibilità della fonte (non sussistendo fonti informative privilegiate), ma anche accertare e rispettare che la verità sostanziale dei fatti oggetto della notizia, la quale può dirsi non scalfita solo da inesattezze secondarie o marginali, inidonee a determinarne o ad aggravarne la valenza diffamatoria.


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