Legge e giustizia: giovedì 18 aprile 2024

Pubblicato in : Giudici avvocati e processi

IL DANNO MORALE SUBITO DAL CONGIUNTO DELLA VITTIMA DI UN REATO E' PRESUMIBILE - Specie nel caso di convivenza (Cassazione Sezione Terza Civile n. 24435 del 19 novembre 2009, Pres. Marrone, Rel. Filadoro).

In tema di danno dovuto ai parenti della vittima, non è necessaria la prova specifica della sua sussistenza, ove sia esistito tra di essi un legame affettivo di particolare intensità, potendo a tal fine farsi ricorso anche a presunzione. La prova del danno morale è, infatti, correttamente desunta dalle indubbie sofferenze patite dai parenti, sulla base dello stretto vincolo familiare, di eventuale coabitazione e, comunque, di frequentazione, che essi avevano avuto, quando ancora la vittima era in vita. In conseguenza della morte di persona causata da reato, ciascuno dei suoi familiari prossimi congiunti è titolare di un autonomo diritto per il conseguente risarcimento del danno morale, il quale deve essere liquidato in rapporto al pregiudizio da ognuno individualmente patito per effetto dell'evento lesivo, in modo da rendere la somma riconosciuta adeguata al particolare caso concreto, rimanendo, per converso, esclusa la possibilità per il giudice di procedere ad una determinata complessiva ed unitaria valutazione del suddetto danno morale ed alla conseguente ripartizione dell'intero importo in modo automaticamente proporzionale tra tutti gli aventi diritto. Ai fini di tale valutazione, l'intensità del vincolo familiare può già di per sé costituire un utile elemento presuntivo su cui basare la ritenuta prova dell'esistenza del menzionato danno morale, in assenza di elementi contrari. Inoltre, l'accertata mancanza di convivenza del soggetto danneggiato con il congiunto deceduto può rappresentare un idoneo elemento indiziario da cui desumere un più ridotto danno morale, con derivante influenza di tale circostanza esclusivamente sulla liquidazione dello stesso.


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