Legge e giustizia: marted́ 23 aprile 2024

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SUSSISTE IL DIRITTO ALLA RETTIFICA DI UNA NOTIZIA LECITAMENTE PUBBLICATA - Se in un secondo tempo si sia rivelata inesatta (Cassazione Sezione Terza Civile n. 23835 del 24 novembre 2010, Pres. Trifone, Rel. Lanzillo).

Nell'aprile del 1993 il quotidiano La Repubblica ha pubblicato con ampio rilievo due articoli nei quali si dava notizia di un provvedimento di custodia cautelare in carcere emesso dal GIP presso il Tribunale di Napoli a carico del dott. F.T., direttore di una Casa di Cura, accusato di corruzione per aver offerto al Commissario straordinario di una USL la somma di 500 milioni di lire per indurlo a non proporre appello contro un lodo arbitrale. Nel settembre successivo il commissario straordinario è stato accusato di concussione ai danni di F.T. e il procedimento a carico di quest'ultimo è stato archiviato. In seguito a ciò F.T. ha chiesto al direttore del quotidiano La Repubblica di pubblicare una rettifica degli articoli pubblicati nell'aprile 1993; rimasta senza esito la domanda, F.T. in proprio e quale rappresentante della Casa di Cura, ha chiesto il risarcimento dei danni per diffamazione e per mancata pubblicazione della rettifica, assumendo che, a seguito delle vicende di cui sopra, i funzionari della USL non hanno rinnovato la convenzione con la Clinica e questa ha visto ridotta la sua clientela, con rilevante calo del fatturato. La domanda è stata rigettata, in grado di appello, dalla Corte di Napoli, che ha motivato la sua decisione osservando che, essendovi un interesse pubblico alla narrazione della vicenda, la pubblicazione era giustificata dal diritto di cronaca e che l'articolista si era attenuta alla verità dei fatti, così come essi all'epoca si presentavano, e che non aveva trasceso la forma civile dell'esposizione; ha ritenuto giustificata anche la mancata rettifica, con la motivazione che i convenuti non erano obbligati a procedervi, poiché le pubblicazioni che si chiedeva di rettificare erano lecitamente avvenute. F.T. ha proposto ricorso per cassazione censurando la decisione della Corte napoletana per vizi di motivazione e violazione di legge.

La Suprema Corte (Sezione Terza Civile n. 23835 del 24 novembre 2010, Pres. Trifone, Rel. Lanzillo) ha accolto il ricorso nella parte concernente il diritto di rettifica. L'art. 8 della legge n. 47/1948 sulla stampa - ha osservato la Corte - impone al responsabile del periodico di pubblicare gratuitamente le rettifiche dei soggetti "ai quali siano stati attribuiti atti ..... da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità, purché ..... le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale", e sempre che siano contenute entro dati limiti di spazio; si tratta di un diritto che la legge attribuisce all'interessato di vedere ristabilita la verità dei fatti qualora, tramite la stampa, gli siano attribuiti comportamenti, o lo si coinvolga in vicende pubbliche o personali, in termini difformi dalla realtà o che egli ritenga lesivi dell'onore, della reputazione od anche solo dell'identità personale; l'attuazione di un tale diritto non è rimessa alla discrezionale valutazione del direttore del mezzo, ma deve avere corso, tramite la pubblicazione della rettifica, in tutti i casi in cui ne ricorrano i presupposti, con i soli limiti stabiliti dalla legge stessa (contenuto non penalmente illecito della rettifica; non eccedenza dai limiti di spazio di cui all'art. 8, 4° comma, legge n. 416 cit.).

Nella specie - ha affermato la Corte - è indubbio che l'imputazione di corruzione sia oggettivamente lesiva della dignità della persona e che tale venga giustificatamente ritenuta dall'interessato; è altresì indubbio che, all'esito delle indagini, l'addebito di corruzione a F.T. - riportato dal quotidiano La Repubblica nell'aprile precedente - è risultato non rispondente al vero, pur se lecitamente pubblicato in precedenza, sulla base delle conoscenze acquisite a quella data; ricorrevano quindi gli estremi previsti dalla legge per poter formulare la richiesta di rettifica, che il direttore del periodico era tenuto ad accogliere, salvo che avesse dimostrato il ricorrere di alcuna delle circostanze in presenza delle quali la legge autorizza a non dare corso alla domanda.

La circostanza menzionata dalla sentenza impugnata, cioè la liceità della pubblicazione della notizia - ha affermato la Corte - è irrilevante, nei casi in cui le notizie pubblicate risultino successivamente non veritiere, come nel caso di specie; vale a dire, allorché la liceità si ricolleghi non alla verità oggettiva della notizia, ma a quanto di tale verità emerge alla data della pubblicazione (c.d. verità putativa), in forza della scriminante del diritto di cronaca, detta liceità non può considerarsi di ostacolo al diritto dell'interessato di ristabilire, tramite la rettifica, l'effettiva realtà delle cose che sia stata successivamente accertata.

Al contrario - ha osservato la Corte - proprio il fatto che l'esercizio del diritto di cronaca può autorizzare la pubblicazione di vicende di cui non sia stata ancora accertata la completa corrispondenza al vero, impone di dare la più ampia possibilità di espressione al diritto di rettifica dell'interessato affinché l'interesse pubblico alla conoscenza immediata dei fatti non venga a sacrificare ingiustificatamente ed oltre misura l'interesse individuale a che siano pubblicate solo le notizie incontestabilmente accertate come vere.

La Cassazione ha rinviato la causa alla Corte d'Appello di Napoli, in diversa composizione, affinché decida la controversia uniformandosi ai seguenti principi di diritto: "L'art. 8 della legge n. 47/1948 sulla stampa, così come modificato dall'art. 42 legge 5 agosto 1981 n. 416, attribuisce al soggetto il diritto di rettifica delle notizie pubblicate sui mezzi di informazione, in tutti i casi in cui si tratti di notizie non vere o che l'interessato ritenga lesive dei propri diritti all'onore, alla reputazione o all'identità personale. L'attuazione del diritto alla rettifica non è rimessa alla discrezionale valutazione del direttore del mezzo di informazione, ma deve avere corso in tutti i casi in cui ne ricorrano i presupposti, con i soli limiti stabiliti dalla legge stessa. L'accertata liceità della pubblicazione della notizia di cui si chiede la rettifica - trattandosi di notizia rispondente alle conoscenze acquisite fino a quel momento e ricorrendo gli estremi del diritto di cronaca - non fa venir meno l'obbligo di pubblicare la rettifica dell'interessato, qualora la relativa domanda sia diretta a far valere l'avvenuto accertamento dei fatti in termini diversi da quelli in precedenza pubblicati, dovendo la verità reale prevalere sulla verità putativa."


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