Legge e giustizia: sabato 27 aprile 2024

Pubblicato in : Informazione e comunicazione

IL GIORNALISTA NON PUO' PUBBLICARE NOTIZIE LESIVE DELL'ALTRUI REPUTAZIONE CONTENUTE IN UNO SCRITTO ANONIMO, SE PRIMA NON NE CONTROLLA L'ATTENDIBILITA' - E' una fonte (Cassazione Sezione Terza Civile n. 11004 del 27 maggio 2011, Pres. Trifone, Rel. Spirito).

Luca J. ha chiesto al Tribunale di Milano di condannare il direttore del quotidiano Libero al risarcimento del danno per avere pubblicato la notizia di uno scritto anonimo contenente affermazioni lesive della sua reputazione. Il Tribunale ha accolto la domanda ma la sua decisione è stata integralmente riformata dalla Corte di Milano che ha ritenuto veritiera la notizia pubblicata dal quotidiano in quanto era risultato che in effetti per alcune settimane era circolato lo scritto anonimo. Luca J. ha proposto ricorso per cassazione censurando la decisione della Corte milanese per vizi di motivazione e violazione di legge.

La Suprema Corte (Sezione Terza Civile n. 11004 del 19 maggio 2011, Pres. Trifone, Rel. Spirito) ha accolto il ricorso. La divergenza insorta tra i giudici del merito - ha osservato la Corte - racchiude in sé il dilemma che deve essere affrontato nel risolvere la controversia: ossia, se, al cospetto di una fonte anonima, l'autore dell'articolo, per invocare l'applicazione dell'esimente del diritto di cronaca, deve limitarsi a provare (oltre alla continenza espressiva ed all'interesse pubblico alla notizia) la mera verità dell'esistenza della fonte stessa, oppure deve altresì pro­vare di avere svolto ogni controllo possibile in ordine al contenuto della fonte ed alla sua attendibilità. Deve ritenersi che la seconda sia la soluzione corretta.

Occorre premettere che possono verificarsi due casi: quello in cui l'articolo giornalistico si limiti ad esporre il contenuto della fonte anonima, senza fare alcun riferimento a persone e limitandosi, tutt'al più,  a menzionare ambienti e contesti vari; quello in cui, invece, l'articolo, nel ri­ferire il contenuto dell' anonimo, fa altresì riferimento a persone menzionate con il nome o, comunque, agevolmente identificabili in ragione della loro qualifica o della fun­zione svolta o di qualsiasi altro elemento utile. Il primo caso non ha alcun interesse ai fini risarcitori, posto che l'impossibilità di identificare il soggetto dif­famato non fa emergere neppure l'ipotesi di illecito. Il secondo caso è, invece, problematico ai fini risarcitori, in quanto non v'è dubbio che il contenuto eventualmente diffamatorio dell'anonimo è destinato a propalarsi attra­verso la stampa con ripercussioni dannose sul soggetto del quale è fatta esplicita. Infor­mando dell'esistenza e della diffusione in un determinato ambiente di una lettera anonima, di fatto si diffonde come una qualsiasi notizia la circostanza raccontata nello scritto, sì da suggestionare inevitabilmente il lettore me­dio almeno circa la possibilità o la probabilità che quella circostanza sia vera. Scriminare siffatto comportamento si­gnifica consentire la diffusione di ogni notizia diffamante proveniente da fonte anonima, solo perché essa è di pubbli­co  interesse  e  solo  perché  in un determinato  ambiente  ha suscitato scalpore.

In altri termini, approvare le conclusioni alle quali è giunto il giudice d'appello significherebbe consentire la propalazione attraverso un mezzo di comunicazione di qualsiasi offesa all'altrui reputazione, incontrollata e, per lo più, incontrollabile; ed è davvero incomprensibile quale interesse potrebbe mai nutrire la collettività per consentire (in nome della libertà di cronaca) un simile, insostenibile sacrificio.

Allora, la notizia anonima esige di essere trattata alla stregua di qualsiasi altra fonte, nel senso che, per poter invocare l'esimente del diritto di cronaca, essa deve esse­re controllata nella sua verità reale o, quanto meno, puta­tiva, intendendosi che il giornalista deve almeno dedurre e provare la cura posta negli accertamenti svolti per vincere ogni dubbio ed incertezza in ordine alla verità della notizia stessa.

Né può replicarsi che la fonte, siccome anonima, non con­sente un controllo di veridicità, poiché, se è così, è pur vero che l'accusa anonima (per la quale nutre repulsione anche il sistema giuridico) è di per se stessa immeritevole di interesse pubblico; così venendo meno un altro dei requisiti indispensabili perché l'onorabilità del cittadino meriti compressione attraverso l'esercizio del diritto di cronaca. 


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