Legge e giustizia: mercoledì 24 aprile 2024

Pubblicato in : Lavoro, Fatto e diritto

LA CONDANNA AL RISARCIMENTO DEL DANNO DA LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO NON PUO' ESSERE LIMITATA AL PERIODO SINO AI 65 ANNI DI ETA' - In base all'art. 18 St. Lav. (Cassazione Sezione Lavoro n. 1462 del 2 febbraio 2012, Pres. Miani Canevari, Rel. Napoletano).

La Corte di Appello di Roma, riformando la sentenza di primo grado, ha accolto la domanda di Giancarlo F., proposta nei confronti della società Finaf (già Affin) avente ad oggetto l'impugnativa del licenziamento per riduzione di personale intimatogli in base alla legge n. 223 del 1991. La Corte ha motivato la decisione rilevando che, nel caso di specie, risultava violato il comma 9° dell'art. 4 della citata legge in quanto con l'elenco dei lavoratori collocati in mobilità, comunicato agli organi amministrativi e sindacali, non era stata predisposta alcuna graduatoria tale da consentire la valutazione comparativa di tutti i dipendenti tra i quali la scelta era stata operata rimanendo, in tal modo, impedita qualsiasi verifica in ordine al rispetto di scelta adottato e, quindi, alcun controllo ai sindacati, ai lavoratori e al giudice, se non ex post in sede contenziosa. Conseguentemente, la Corte ha ordinato alla società di reintegrare il lavoratore licenziato e la ha condannata, a titolo di risarcimento del danno, al pagamento delle retribuzioni globali di fatto sino al compimento del 65° anno di età, epoca del pensionamento. L'azienda ha proposto ricorso per cassazione, censurando la sentenza della Corte di Roma per vizi di motivazione e violazione di legge. Il lavoratore ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale per ottenere il riconoscimento del suo diritto a percepire la retribuzione, a titolo di risarcimento del danno, anche per il periodo successivo al compimento dei 65 anni.

La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 1462 del 2 febbraio 2012, Pres. Miani Canevari, Rel. Napoletano) ha rigettato il ricorso dell'azienda, in quanto ha ritenuto che con esso sia stato richiesto, inammissibilmente, un tipico accertamento di fatto. La Corte ha invece accolto il ricorso incidentale del lavoratore.  La sentenza impugnata sul punto in questione - ha osservato la Corte - non è conforme ai principi sanciti dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui il compimento dell'età pensionabile o il raggiungimento dei requisiti per il sorgere del diritto a pensione, determinando solo la recedibilità ad nutum dal rapporto e non già la sua automatica estinzione, non ostano, qualora vengano a verificarsi durante la pendenza del giudizio di impugnazione del licenziamento, all'emanazione del provvedimento di reintegra del lavoratore e alla condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno ex art. 18, comma 4°, della legge 20 maggio 1970 n. 300 nella misura corrispondente alle retribuzioni riferibili al periodo compreso fra la data del recesso e quella della reintegrazione, non giustificandosi per contro, al fine della liquidazione del danno subito dal lavoratore, alcun giudizio prognostico circa il termine nel quale, in relazione al raggiungimento della detta età pensionabile, il rapporto si sarebbe comunque interrotto, anche in assenza dell'illegittimo recesso. Stante l'accertata illegittimità del licenziamento e la conseguente continuità giuridica, ex art. 18 St. Lav. del rapporto di lavoro - ha affermato la Corte - questo si può risolvere solo per effetto di un successivo atto di recesso; conseguentemente il danno deve essere rapportato, in assenza di tale diverso atto, alla data di effettiva reintegrazione nel posto di lavoro; la sentenza impugnata che, invece, ha limitato il risarcimento del danno de quo sino al compimento dell'età di 65 anni di età, per il solo fatto del compimento di tale età del lavoratore, non è, pertanto, conforme al diritto. La Suprema Corte ha rinviato la causa, per nuovo esame, alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione.


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