Legge e giustizia: mercoledì 24 aprile 2024

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ESIGENZE ELEMENTARI DI GIUSTIZIA CONDUCONO AD INTERPRETARE LA NUOVA NORMATIVA SUI CONTRATTI A TERMINE IN SENSO DIVERSO DA QUELLO INDICATO DALLA CORTE COSTITUZIONALE - Autonomia della magistratura ordinaria.

Roma, 21 febbraio 2012 - Commentando la sentenza della Corte Costituzionale n. 303/2011 che ha ritenuto infondate le questioni di legittimità dell'art. 32 comma 5, legge n. 183/2010, in materia di indennità conseguenti alla conversione del contratto a tempo determinato, abbiamo rilevato che la Consulta ha peccato quanto meno di astrattezza ed ha addossato ai lavoratori le conseguenze della durata dei processi. Tuttavia l'interpretazione data dalla Corte Costituzionale alle norme in oggetto, nel senso che l'indennità da esse prevista copra anche il mancato guadagno nel periodo successivo al deposito del ricorso introduttivo del giudizio, non vincola la magistratura ordinaria, trattandosi di sentenza interpretativa di rigetto. Ed infatti più di un giudice ha manifestato il suo dissenso. Particolare rilievo assume la sentenza della Corte d'Appello di Roma n. 267/2012, pubblicata nella sezione "Fatto e Diritto", secondo cui in base ai principi del giusto processo (art. 111 Cost.) il cittadino riuscito vincitore in una causa non deve averne un pregiudizio per ragioni estranee alla sua volontà, né può essere indotto a sacrificare esigenze difensive tutelate dall'art. 24 Cost.. Un'argomentazione, come direbbero i giuristi anglosassoni, "self evident" che, se dovesse essere disattesa in Italia, certamente troverebbe accoglimento in sede europea.

D. d'A.

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