Legge e giustizia: marted́ 16 aprile 2024

Pubblicato in : Famiglia

LA RESPONSABILITA' SANITARIA PER OMESSA DIAGNOSI DI MALFORMAZIONI FETALI E CONSEGUENTE NASCITA INDESIDERATA SUSSISTE ANCHE NEI CONFRONTI DI FRATELLI E SORELLE DEL NASCITURO - Per danno non patrimoniale (Cassazione Sezione Terza Civile n. 16754 del 2 ottobre 2012, Pres. Amatucci, Rel. Travaglino).

La responsabilità sanitaria per omessa diagnosi di malformazioni fetali e conseguente nascita indesiderata va estesa, oltre che nei confronti della madre nella qualità di parte contrattuale (ovvero di un rapporto da contatto sociale qualificato), anche al padre, nonché, alla stregua dello stesso principio di diritto posto a presidio del riconoscimento di un diritto risarcitorio autonomo in capo al padre stesso, ai fratelli e alle sorelle del neonato, che rientrano a pieno titolo tra i soggetti protetti dal rapporto intercorrente tra il medico e la gestante, nei cui confronti la prestazione è dovuta. L'indagine sulla platea dei soggetti aventi diritto al risarcimento, difatti, già da tempo operata dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento al padre, non può non essere estesa, per le stesse motivazioni predicative della legittimazione dell'altro genitore, anche ai fratelli e alle sorelle del neonato, dei quali non può non presumersi l'attitudine a subire un serio danno non patrimoniale, anche a prescindere dagli eventuali risvolti e delle inevitabili esigenze assistenziali destinate ad insorgere, secondo l'id quod plerumque accidit, alla morte dei genitori. Danno intanto consistente, tra l'altro, nella inevitabile, minor disponibilità dei genitori nei loro confronti, in ragione del maggior tempo necessariamente dedicato al figlio affetto da handicap, nonché nella diminuita  possibilità di godere di un rapporto parentale con i genitori stessi costantemente caratterizzato da serenità e distensione; le quali appaiono invece non sempre compatibili con lo stato d'animo che ne informerà il quotidiano per la condizione del figlio meno fortunato; consci - entrambi i genitori - che il vivere una vita malformata è di per sé una condizione esistenziale di potenziale sofferenza, pur senza che questo incida affatto sull'orizzonte di incondizionata accoglienza dovuta ad ogni essere umano che si trova - principio cardine non di una sola, specifica morale, ma di una stessa ed universale etica (e bioetica) della persona, caratterizzata dalla insostituibile centralità della coscienza individuale.


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