Legge e giustizia: giovedì 25 aprile 2024

Pubblicato in : Lavoro, Fatto e diritto

NEL VALUTARE L'ADEGUATEZZA DEL LICENZIAMENTO DI UN BANCARIO PER IRREGOLARITA' OPERATIVE IL GIUDICE PUO' TENER CONTO DEL SOVRACCARICO DI LAVORO, DELLA MANCANZA DI VANTAGGI PERSONALI, DELL'INTENTO DI SEMPLIFICARE L'ATTIVITA' - Giudizio di proporzionalità (Cassazione Sezione Lavoro n. 5006 del 28 febbraio 2013, Pres. Stile, Rel. Napoletano).

Andrea C. dipendente della banca Intesa S. Paolo è stato sottoposto a procedimento disciplinare con l'addebito di una serie di operazioni irregolari consistenti nell'apposizione di firme di clienti, non conformi agli specimen, nel consentire la vendita disposta da un cliente su titoli di proprietà di altri clienti e nell'aver fatto apporre su ordini di acquisto firme di clienti del tutto diverse dagli ordinanti. Sia il Tribunale, che la Corte d'Appello di Napoli hanno ritenuto illegittimo il licenziamento per eccessività della sanzione considerando gli aspetti oggettivi e soggettivi della vicenda, quali l'assenza di precedenti disciplinari, la non gravità dei comportamenti addebitati, il sovraccarico lavorativo oggettivamente aggravato dalla lentezza dei sistemi operativi, l'assenza di volontà di arrecare nocumento al datore di lavoro e la mancanza di vantaggi personali nonché l'intento di semplificare l'attività per far fronte alla massa di lavoro. La Corte d'Appello ha inoltre rilevato, come attenuante, il fatto che il lavoro dell'impiegato fosse sottoposto al controllo del direttore della filiale. La banca ha proposto ricorso per cassazione, censurando la decisione della Corte napoletana per vizi di motivazione e violazione di legge.

La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 5006 del 28 febbraio 2013, Pres. Stile, Rel. Napoletano) ha rigettato il ricorso. La Corte ha in primo luogo ricordato la regola secondo la quale in tema di licenziamento per giusta causa occorre che la mancanza del lavoratore sia tanto grave da giustificare l'irrogazione della sanzione espulsiva e, pertanto, va valutato il comportamento del prestatore non solo nel suo contenuto oggettivo - ossia con riguardo alla natura e alla qualità del rapporto, al vincolo che esso comporta e al grado di affidamento che sia richiesto dalle mansioni espletate - ma anche nella sua portata soggettiva e, quindi, con riferimento alle particolari circostanze e condizioni in cui è stato posto in essere, ai modi, ai suoi effetti e all'intensità dell'elemento volitivo dell'agente. La Corte ha inoltre richiamato la sua giurisprudenza secondo cui, in caso di verifica giudiziale della correttezza del procedimento disciplinare, il giudizio di proporzionalità tra violazione contestata e provvedimento adottato si sostanzia nella valutazione della gravità dell'inadempimento del lavoratore e dell'adeguatezza della sanzione, tutte questioni di merito che ove risolte dal giudice di appello con apprezzamento in fatto adeguatamente giustificato con motivazione esauriente e completa, si sottraggono al riesame in sede di legittimità. Nel caso in esame - ha osservato la Cassazione - la Corte del merito nel dare rilievo, ai fini del giudizio di proporzionalità tra fatti addebitati e sanzione adottata, all'assenza di precedenti disciplinari, alla non gravità dei comportamenti addebitati, al sovraccarico lavorativo oggettivamente aggravato dalla lentezza dei sistemi operativi, all'assenza di volontà di arrecare nocumento al datore di lavoro, alla mancanza di vantaggi personali nonché all'intento di semplificare l'attività per far fronte alla massa di lavoro ha tenuto correttamente conto, con motivazione priva d'incongruenze logiche, degli aspetti concreti afferenti alla natura e alla qualità del rapporto di lavoro, nonché della portata soggettiva dei fatti stessi, ossia alle circostanze del suo verificarsi, dei motivi e della intensità dell'elemento intenzionale e di quello colposo e ad ogni altro aspetto correlato alla specifica connotazione del rapporto. La sentenza impugnata - ha aggiunto la Cassazione - è conforme al principio secondo il quale in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, il giudizio di proporzionalità o adeguatezza della sanzione all'illecito commesso - rimesso al giudice di merito - si sostanzia nella valutazione della gravità dell'inadempimento imputato al lavoratore in relazione al concreto rapporto, e l'inadempimento deve essere valutato in senso accentuativo rispetto alla regola generale della "non scarsa importanza" di cui all'art. 1455 cod. civ., sicché l'irrogazione della massima sanzione disciplinare risulta giustificata solamente in presenza di un inadempimento degli obblighi contrattuali notevole ovvero addirittura tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto.


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