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Legge e giustizia: giovedì 28 marzo 2024
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LE ESPRESSIONI DI CRITICA POSSONO ESSERE NON OBIETTIVE - Ma non devono trasmodare in pura contumelia (Cassazione Sezione Terza Civile n. 7274 del 27 marzo 2013, Pres. Trifone, Rel. De Stefano).
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I presupposti, per il legittimo esercizio del diritto di critica, quale scriminante della responsabilità penale, civile e disciplinare, sono: a) l'interesse al racconto, ravvisabile anche quando non si tratti di interesse della generalità dei cittadini, ma di quello generale della categoria di soggetti ai quali, in particolare, si indirizza la comunicazione; b) la correttezza formale e sostanziale dell'esposizione dei fatti, nel che propriamente si sostanzia la c.d. continenza, nel senso che l'informazione non deve assumere contenuto lesivo dell'immagine e del decoro; c) la corrispondenza tra la narrazione ed i fatti realmente accaduti. Diverso è poi il punto per cui la critica, cioè la valutazione, l'interpretazione e le considerazioni in merito a tali fatti veri, possa non essere obiettiva né esatta, ma anzi presentare connotazioni soggettive opinabili o non condivisibili; la critica (anche relativa alla gestione della cosa pubblica) può anche tradursi in valutazioni e commenti tipicamente "di parere", cioè non necessariamente obiettivi, purché fondata sull'attribuzione di fatti veri, posto che nessuna interpretazione soggettiva, che sia fonte di discredito per la persona che ne sia investita, può ritenersi rapportabile al lecito esercizio del diritto di critica, quando tragga le sue premesse da una prospettazione dei fatti conforme alla verità. Sennonché, proprio per il bilanciamento di interessi su cui tale scriminante si fonda, occorre che le espressioni di critica usate non costituiscano un attacco offensivo della persona, trasmodando in argumenta ad nomine e, quindi in pura contumelia.
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