Legge e giustizia: mercoledì 08 maggio 2024

Pubblicato in : Famiglia

IL CONVIVENTE MORE UXORIO HA DIRITTO ALLA TUTELA POSSESSORIA SULL'ABITAZIONE COMUNE - Formazione sociale tutelata dall'art. 2 Cost. (Cassazione Sezione Seconda Civile n. 7214 del 21 marzo 2013, Pres. Bursese, Rel. Giusti).

La convivenza more uxorio determina, sulla casa di abitazione ove si svolge e si attua il programma di vita in comune, un potere di fatto basato su un interesse proprio ben diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità; conseguentemente, l'estromissione violenta e clandestina del convivente dall'unità abitativa, compiuta dal partner, giustifica il ricorso alla tutela possessoria, consentendogli di esperire l'azione di spoglio nei confronti dell'altro quand'anche il primo non vanti un diritto di proprietà sull'immobile che, durante la convivenza, sia stato nella disponibilità di entrambi. La tesi secondo cui la realizzazione di fatto del convivente sarebbe un mero strumento del possesso o della detenzione di altro soggetto, paragonabile a quella dell'ospite o del tollerato, è contraria alla rilevanza giuridica e alla dignità stessa del rapporto di convivenza di fatto, la quale - con il reciproco rispettivo riconoscimento di diritti del partner, che si viene progressivamente consolidando nel tempo, e con la concretezza di una condotta spontaneamente attuata - dà vita, anch'essa, ad un autentico consorzio familiare, investito di funzioni promozionali. Pur mancando una legge organica sulla convivenza non fondata sul matrimonio, il legislatore nazionale non ha mancato di disciplinare, e con accresciuta intensità in tempi recenti, settori di specifica rilevanza della stessa, anche al di là della filiazione (dove l'eliminazione di ogni residua discriminazione tra i figli è stata sancita, nel rispetto dell'art. 30 Cost., dalla legge 10 dicembre 2012, n. 219).

Basti pensare - solo per citare alcuni esempi - all'art. 199 cod. proc. pen., per la facoltà di astenersi dal deporre concessa al convivente dell'imputato; agli artt. 342-bis e 343-ter cod. civ., introdotti dalla legge 4 aprile 2001, n. 154, sull'estensione al convivente degli ordini di protezione contro gli abusi familiari; all'art. 6 della legge 4 maggio 1983, n. 184, così come sostituito ad opera della legge 28 marzo 2001; n. 149, per gli effetti della convivenza precedente al matrimonio sulla stabilità del vincolo ai fini dell'adozione; all'art. 408 cod. civ., così come novellato dalla legge 9 gennaio 1994, n. 6, per la scelta dell'amministratore di sostegno, che può cadere anche sulla persona stabilmente convivente; all'art. 129 del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, in tema di soggetti che non possono essere considerati terzi e che non hanno diritto ai benefici derivanti dall'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dai natanti, limitatamente ai danni alle cose.  Soprattutto, è stata la giurisprudenza costituzionale a sottolineare che "un consolidato rapporto, ancorché di fatto, non appare - anche a sommaria indagine - costituzionalmente irrilevante quando si abbia riguardo al rilievo offerto al riconoscimento delle formazioni sociali e alle conseguenti intrinseche manifestazioni solidaristiche (art. 2 Cost.)"; e ribadire, di recente, che "per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico".

In questo contesto si colloca la declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 6 della legge sulla locazione d'immobili urbani 27 luglio 1978, n. 392 (sentenza n. 404 del 1988),  con cui la Corte costituzionale ha posto il convivente more uxorio tra i successibili nella locazione, in caso di morte del conduttore, e ha stabilito che il convivente medesimo, affidatario di prole naturale, succede al conduttore che abbia cessato la convivenza. La qualità di formazione sociale della convivenza more uxorio ha consentito a questa Corte di guardare alla stessa come fonte di doveri morali e sociali di ciascun convivente nei confronti dell'altro; con l'effetto, tra l'altro: a) di escludere il diritto del convivente more uxorio di ripetere le eventuali attribuzioni patrimoniali effettuate nel corso della convivenza; b) di riconoscere il diritto del convivente al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale per la morte del compagno o della compagna provocata da un terzo; c) di dare rilevanza alla convivenza intrapresa dal coniuge separato o divorziato ai fini dell'assegno di mantenimento o di quello di divorzio. Poiché, dunque, la famiglia di fatto è compresa tra le formazioni sociali che l'art. 2 Cost. considera la sede di svolgimento della personalità individuale, il convivente gode della casa familiare, di proprietà del compagno o della compagna, per soddisfare un interesse proprio, oltre che della coppia, sulla base di un titolo a contenuto e matrice personale la cui rilevanza sul piano della giuridicità è custodita dalla Costituzione, sì da assumere i connotati tipici della detenzione qualificata. Ciò, beninteso, non significa - come assume la ricorrente - pervenire ad un completo pareggiamento tra la convivenza more uxorio ed il matrimonio, contrastante con la stessa volontà degli interessati, che hanno liberamente scelto di non vincolarsi con il matrimonio proprio per evitare, in tutto o in parte, le conseguenze legali che discendono dal coniugio.


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