Roma, 28 gennaio 2014 - Nella relazione del Primo Presidente della Suprema Corte Giorgio Santacroce sull'amministrazione della giustizia nell'anno 2013 una particolare attenzione è dedicata alle innovazioni in materia processuale e all'efficienza del giudizio di cassazione. Per quanto concerne in particolare la giustizia civile nella relazione si osserva quanto segue: "1. Uno sguardo d'insieme. Le innovazioni in materia processuale. L'efficienza del giudizio di cassazione. I. In una recente comunicazione dal titolo "The EU Justice Scoreboard" (COM 2013-160), la Commissione europea ha messo in luce che, nell'attuale periodo di crisi economica e finanziaria, i sistemi nazionali di giustizia giocano un ruolo determinante nel ricreare le condizioni verso la fiducia e lo sviluppo. L'attenzione è rivolta in particolare alla giustizia civile e alla necessità di tener conto dei suoi indicatori di efficienza: la durata dei procedimenti (the length of the proceedings), il rapporto tra i casi decisi e i nuovi processi iscritti a ruolo che dà l'indice di smaltimento (the clearance rate), il numero dei casi che ancora devono essere trattati (the number of pending cases). Nel documento l'efficienza della giustizia civile è considerata un elemento indispensabile, accanto all'indipendenza dei giudici e alla qualità delle decisioni, per una crescita sostenibile dell'economia e per il mantenimento della stabilità sociale. Si è già detto che l'irragionevole durata dei procedimenti civili nel nostro Paese rispetto al parametro indicato dall'art. 111 della Costituzione e dall'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali è così generalizzata da costituire un dato non episodico, ma strutturale. Si sa che da noi il "fattore tempo" - che è condizione imprescindibile del "rendere giustizia" in un sistema economico integrato - lascia molto a desiderare: il che si traduce in un servizio incapace di rispondere alle aspettative del cittadino-utente e alla realizzazione del diritto sostanziale oggetto della controversia, ma anche, da un punto di vista più generale, in un disincentivo all'investimento di capitali e alla crescita dimensionale delle imprese. È mera descrizione del fenomeno la constatazione che la durata dei procedimenti non sia altro che la risultante della interazione tra la domanda di giustizia (intesa come l'insieme delle istanze processuali proposte ai Tribunali e alle Corti) e la capacità del sistema giudiziario, nelle condizioni date, di produrre decisioni che portino alla definizione delle controversie. Ma è convinta consapevolezza delle cause del fenomeno l'osservazione comune che le ragioni di fondo di questa sproporzione fra domanda e offerta risalgono nel tempo e sono (in parte) estranee al mondo della giustizia, perché segnalano il passaggio lento, graduale ma inesorabile da una giustizia d'èlite a una giustizia civile di massa. Ed è un passaggio, quello verso una giustizia largamente fruibile da ogni strato sociale (e, in questo senso, di massa), che va valutato positivamente, essendo ben conosciuta da altri comparti. Uno sguardo più analitico ai dati statistici sulla pendenza e sui tempi consente di registrare miglioramenti complessivi che inducono a essere moderatamente fiduciosi sulla capacità di risposta del nostro sistema. Tanto più che la diminuzione della pendenza è un fenomeno che ha interessato tutte le aree geografiche e tutti gli uffici. Particolarmente significativo è il dato della nostra Corte di cassazione, che - come già si è avuto modo di sottolineare - è chiamata a decidere una valanga di ricorsi come non si registra in nessuna altra Corte Suprema europea e che, nelle condizioni in cui è costretta a lavorare, non è in grado di garantire tempi rapidi di decisione delle controversie. Tuttavia nell'anno 2013 è aumentato il numero dei procedimenti definiti e si è ridotto quello dei procedimenti pendenti. Nel corso dell'anno, infatti, risultano chiusi 30.167 procedimenti con provvedimento definitivo (sentenza, ordinanza, decreto), a fronte dei 25.012 del 2012, con un incoraggiante aumento percentuale del 20,6% che consente di riprendere il trend positivo dell'anno 2011. Ma il dato che preme mettere in evidenza è che nell'anno appena trascorso è diminuito il numero dei procedimenti pendenti dell'1,1% (erano 99.792 nel 2012, sono divenuti 98.690 nel 2013), e ciò nonostante la pressoché identica quantità dei nuovi procedimenti iscritti (29.094 a fronte dei 29.128 del 2012). Questi livelli di produttività derivano, sicuramente, dall'impegno e dalla dedizione dei magistrati e di tutti i protagonisti della giurisdizione, dal personale amministrativo agli avvocati. Ma proiettate nella giusta direzione di una riduzione quanto maggiore possibile della durata dei procedimenti appaiono anche le recenti riforme legislative, nate dall'evidente consapevolezza che il recupero di efficienza del sistema impone il ricorso a soluzioni moderne e innovative, anche se i relativi frutti avranno probabilmente una valenza più visibile nelle statistiche degli anni a venire. II. Nell'anno appena trascorso l'intervento riformatore del legislatore (in particolare, con il già richiamato d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98) si é avvalso di un mix ampio ed eterogeneo di misure sul versante sia organizzativo, sia processuale: con la nomina di giudici ausiliari nel numero massimo di quattrocento nelle corti d'appello, che sono gli uffici giudiziari in maggiore sofferenza, al fine di agevolare la definizione dei procedimenti civili, compresi quelli in materia di lavoro e di previdenza (artt. 62 ss.); con la previsione di stage o tirocini formativi o di orientamento di giovani laureati in giurisprudenza presso gli uffici giudiziari (art. 73); con modifiche all'organico dei magistrati addetti alla Corte di cassazione, attraverso l'aumento di trenta unità dell'organico dell'Ufficio del Massimario e del Ruolo e la destinazione di parte dei magistrati di questo ufficio alle sezioni civili della Corte con compiti di assistente di studio, per garantire la più celere definizione dei giudizi pendenti (art. 74); con un'opportuna razionalizzazione dell'intervento del Procuratore Generale nei giudizi civili in cassazione (artt. 75 e 81) e un'altrettanto opportuna utilizzazione dei magistrati nell'attività ordinaria, per impedire la dispersione di risorse necessarie a un'efficiente gestione dei procedimenti (art. 83); con il ripristino dell'istituto della mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, attraverso la reintroduzione dell'obbligatorietà del procedimento come condizione di procedibilità della domanda giudiziaria relativa a un numerus clausus di materie (art. 84, che apporta modifiche al precedente d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28). Riservandoci di tornare sulle modifiche di carattere più squisitamente organizzativo, che attengono all'acquisizione di risorse umane aggiuntive intese a fronteggiare le scoperture di organico o a rafforzarle (come avviene elevando a sessantasette il numero dei magistrati di Tribunale destinati all'Ufficio del Massimario e del Ruolo, previa assegnazione agli stessi anche del compito eventuale di "assistenti di studio"), merita di essere positivamente segnalata la disposta limitazione della partecipazione del pubblico ministero alle sole udienze delle Sezioni Unite civili e alle udienze pubbliche dinanzi alle sezioni semplici della Corte di Cassazione, con esclusione delle udienze che si svolgono dinanzi alla Sezione di cui all'art. 376, primo comma, primo periodo, cod. proc. civ.: ciò che assicura una maggiore speditezza della formazione di queste udienze, con auspicabile miglior funzionamento dell'attività di filtro istituzionalmente delegata alla Sesta Sezione civile. Allo stesso modo va condivisa la previsione che nelle commissioni per l'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato siano designati "di regola prioritariamente magistrati in pensione, e solo in seconda istanza magistrati in servizio"; come pure l'introduzione nel codice di rito dell'art. 185-bis, che evita di far gravare sul monte delle pendenze la definizione di controversie che si presentano di pronta soluzione disponendo che "il giudice, alla prima udienza, ovvero sino a quando è esaurita l'istruzione, formula alle parti ove possibile, avuto riguardo alla natura del giudizio, al valore della controversia e all'esistenza di questioni di facile e pronta soluzione di diritto, una proposta transattiva o conciliativa" (art. 77). Resta integra la validità della scelta della mediazione come strumento essenziale per la deflazione del contenzioso, trattandosi di una misura irrinunciabile per conseguire un'effettiva riduzione della pressione della domanda di giustizia, in quanto, se utilizzato in modo adeguato, l'istituto possiede le potenzialità necessarie a contenere fortemente la dispersione di energie processuali nella gestione di una miriade di cause nelle quali sono in gioco modesti valori economici. In questa prospettiva sembra non doversi trascurare la possibilità di una previsione generalizzata del percorso di mediazione, collegandola non alla specificità di determinate materie, bensì a un determinato valore limite delle controversie, al di sotto del quale sancirne l'obbligatorietà, lasciando che resti invece volontario il ricorso al procedimento per le controversie di valore superiore. Non poche novità processuali e sostanziali sono contenute nel recentissimo disegno di legge-delega sul processo civile approvato dal Consiglio dei Ministri il 17 dicembre 2013, al fine di porre un argine all'arretrato, anche se, per poter valutare appieno la portata di talune innovazioni occorrerà attendere l'approvazione e l'emanazione del o dei decreti delegati. Le novità vanno dalla previsione della motivazione semplificata o a richiesta delle parti per accorciare i tempi del processo, fino all'introduzione di misure coercitive anche per le cause di lavoro, passando attraverso maggiori garanzie in favore dei creditori e, soprattutto, attraverso strumenti di agevolazione del credito alle piccole e medie aziende tradotti in garanzie mobiliari senza spossessamento dei beni. Per dare poi un'ulteriore spinta all'abbattimento dell'arretrato in appello è previsto che sia un giudice monocratico, e non più un collegio, a decidere sulle cause iscritte a ruolo da oltre tre anni. Non per tutte le materie, beninteso, ma solo per quelle relative a condominio, divisione, locazione, comodato, diritti reali e risarcimento del danno (di cose e non di persone) derivante dalla circolazione di veicoli e natanti. Sul fronte della semplificazione si è cercato, analogamente a quanto già disposto dal Presidente del Consiglio di Stato, di dare un'indicazione operativa sulle modalità di stesura dei ricorsi per cassazione, inviando al Presidente del Consiglio Nazionale Forense (CNF) e a tutti i Capi di Corti d'Appello una lettera contenente alcune raccomandazioni utili a concentrare il cuore delle censure in un ristretto numero di pagine, evitando ripetizioni e parcellizzazioni che possono soltanto nuocere all'assetto complessivo del ragionamento. Il CNF, con nota di risposta del 13 dicembre u.s., pur condividendo l'esigenza di perseguire gli indicati obiettivi, segnala gli "indubbi profili di delicatezza" di una misura degli atti difensivi nel giudizio di cassazione, in relazione a talune interpretazioni del c.d. principio di autosufficienza fatte proprie dalla Corte e risoltesi in pronunce di inammissibilità. L'auspicio è che si riesca a trovare sollecitamente un ragionevole equilibrio tra le diverse esigenze prospettate. III. Da registrare con favore è l'attenzione del legislatore nei confronti della Corte di Cassazione, data la posizione istituzionale di quest'organo, la cui funzione non si esaurisce nell'assicurare alle parti una ulteriore garanzia, soggettiva, di un giudizio di terza e ultima istanza, perché la Cassazione, come Corte Suprema, svolge anche una funzione, oggettiva, di garante dei diritti, della legalità e dell'uniforme applicazione della legge (il c.d. jus constitutionis). Come è già stato messo in rilievo, oggi c'è più che mai bisogno di una Corte Suprema: per la pluralità delle fonti di produzione del diritto e per le frequenti contraddizioni normative che caratterizzano un contesto civile segnato da divaricazioni corporative e dall'emergere di nuovi diritti. La funzione nomofilattica non risponde soltanto a un'esigenza primaria di certezza del diritto, ma mira a produrre anche innovazioni operative e a dar loro solido fondamento e stabilità. Essa, infatti, arricchisce il significato dei cambiamenti, dando a quest'ultimi un valore di svolta e, quindi, una portata culturale che finirebbero per disperdersi se essi si producessero in una situazione di disordinata anomia. La Corte di Cassazione continua, tuttavia, a essere appesantita da una notevole quantità di arretrato, che resta una vera e propria emergenza nonostante gli importanti passi avanti compiuti e già evidenziati. Tra gli esempi di problematicità può essere segnalato il contenzioso da etichettare come "parassitario" che affligge la Sezione Lavoro, letteralmente seppellita da un enorme carico di controversie seriali (contratti a termine delle Poste e della Rai, rapporti dei dipendenti Ata, ecc.). Quello delle Poste, in particolare, è un contenzioso che si riproduce all'infinito per le stesse questioni, nonostante l'esistenza di orientamenti giurisprudenziali ormai consolidati e dell'accorpamento in unica udienza di numerosissime cause seriali (si è arrivati a fissare anche udienze con 100 ricorsi). Su questo versante il Presidente della Sezione suggerisce, accanto e in aggiunta all'accorpamento in unica udienza delle cause seriali (come già avviene), la possibilità di un'eliminazione mirata dell'arretrato, ripristinando l'esperienza rivelatasi positiva del collegio "stralcio", che si è dedicato in un recente passato alla trattazione dei ricorsi iscritti in epoca più risalente. Ma è chiaro che questa iniziativa, al pari di altre, pone problemi non facili di distribuzione delle risorse disponibili. Al momento, per la fissazione delle udienze di discussione, sono stati indicati, come criteri di priorità della trattazione, le cause in materia di licenziamenti, nonché le questioni nuove corrispondenti a un rilevante contenzioso nelle corti di merito e per le quali si attende l'enunciazione di principi di diritto in sede di legittimità. Ai fini dello smaltimento dei procedimenti (di tutti i procedimenti), la possibilità di ridurne la durata può attuarsi in via indiretta attraverso una corretta e rigorosa funzione di filtro delle sottosezioni in cui si ripartisce l'attività della Sesta Sezione, che, con una più accurata e razionale predisposizione dei ruoli di udienza, può favorire l'individuazione di filoni di cause simili, per smistarne alcune come "cause pilota" da trattare in pubblica udienza nella sezione di competenza e definire le altre nella sottosezione corrispondente. Un buon contributo alla rapida definizione dei processi deriva anche dall'utilizzo della motivazione semplificata, che viene attuata attraverso l'esposizione delle ragioni della decisione in forma assertiva piuttosto che argomentativa in tutti quei casi in cui l'uniformità dei precedenti lo consenta e ad adottare una motivazione concisa sulle censure che, nonostante la loro enunciazione in rubrica in termini di violazione di legge, deducano nella sostanza vizi di motivazione o doglianze di merito. Per accrescere l'efficienza dell'attività complessiva della Corte, il legislatore - tuttora impedito dalla già segnalata permanenza del settimo comma dell'art. 111 Cost. a praticare la via della selezione dei ricorsi e a ridurre, per questo tramite, l'afflusso dei nuovi procedimenti in Cassazione - potrebbe adottare ulteriori misure di semplificazione del rito. Una prima innovazione, capace di imprimere un'accelerazione alla definizione dei nuovi ricorsi, potrebbe essere rappresentata dalla generalizzazione della trattazione in camera di consiglio dei ricorsi civili assegnati alle sezioni semplici, al di là dei casi di manifesta fondatezza o di manifesta infondatezza o di inammissibilità, riservando alla discussione in udienza pubblica, anche su motivata richiesta delle parti, i ricorsi che presentano una questione di diritto rilevante per assicurare l'evoluzione del diritto o di garantire l'uniformità della giurisprudenza. Questo modulo decisorio (oggi in vigore per le Commissioni tributarie), mentre agevolerebbe il lavoro della Corte sottraendolo alla rigidità dei tempi e degli incombenti dell'udienza pubblica, non comprimerebbe il diritto di difesa delle parti, le quali non soltanto potrebbero sollecitare la trattazione in udienza dei ricorsi che presentino questioni di diritto di particolare importanza (anche per la loro novità), ma potrebbero interloquire per iscritto sulla relazione con la quale il relatore esterna la decisione che proporrà al collegio. La generalizzazione tendenziale di questo meccanismo potrebbe rappresentare un piccolo, ma benefico snellimento dell'itinerario della definizione, contenendo al tempo stesso un forte messaggio, anche culturale, di valorizzazione del precedente, perfettamente in linea con le modifiche introdotte nel 2009 al processo di cassazione con il nuovo art. 360-bis n. 1 cod. proc. civ. Una seconda innovazione, diretta ad agevolare la definizione dell'arretrato, potrebbe essere declinata attraverso l'attribuzione a ciascun magistrato di un proprio ruolo di cause "vecchie" e l'utilizzazione, anche qui, del procedimento in camera di consiglio (al posto della udienza pubblica) per scaglionare nel tempo - previa fissazione di termini perentori alle parti per il deposito di scritti difensivi e delle relative repliche - la trattazione e decisione dei ricorsi, con ordinanza,senza ulteriore convocazione delle parti."
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