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Legge e giustizia: sabato 27 aprile 2024
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NEL LAVORO GIORNALISTICO LA "COLLABORAZIONE FISSA" NON COMPORTA LA COPERTURA DI UN INTERO SETTORE DI INFORMAZIONE - E' sufficiente la disponibilità a fornire un continuo flusso di notizie (Cassazione Sezione Lavoro n. 11065 del 20 maggio 2014, Pres. Vidiri, Rel. Napoletano).
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Gino
M. giornalista pubblicista nel periodo dal 2000 al 2005 ha lavorato per il
quotidiano La Nazione,
edito dalla s.p.a. Poligrafici Editoriale, scrivendo articoli di informazione
concernenti lo sport del calcio. Il rapporto è stato formalizzato con un
contratto di cessione di diritti d'autore. Quando l'azienda ha posto termine al
rapporto, egli ha chiesto al Tribunale di Firenze di accertare l'esistenza di
un rapporto di lavoro subordinato, rispondente ai requisiti della "collaborazione fissa" prevista dall'art. 2 CNLG e di condannare l'azienda
al ripristino del rapporto e al pagamento di differenze di retribuzione. Il
Tribunale ha rigettato la domanda. La Corte
di Firenze ha rigettato l'appello proposto dal giornalista rilevando che le
emergenze istruttorie, pur evidenziando la continuità della prestazione, non
provavano il vincolo di dipendenza e la responsabilità del servizio richiesta
per il collaboratore fisso dall'art. 2 del CCNL giornalistico rimasto invariato
sino alla formulazione del novembre 1995. Infatti, secondo la Corte d'Appello, premesso
che la messa a disposizione di energie lavorative si realizzava soltanto quando
il giornalista aveva assunto contrattualmente la responsabilità di un servizio,
nella specie, doveva ritenersi che a Gino M. non era stato affidato il compito
di soddisfare per intero la domanda dei lettori e le esigenze redazionali
essendosi la sua prestazione inserita nelle pagine del giornale, come uno dei
numerosi contributi che arricchivano la già nutrita cronaca quotidiana di
argomento calcistico. Né, per la
Corte territoriale, Gino M. aveva, di fatto, la
responsabilità del servizio nel significato richiesto dalla fonte collettiva
essendo dimostrato che la redazione sportiva, con variegate figure
professionali era in grado di coprire ogni aspetto della cronaca calcistica. Il
giornalista ha proposto ricorso per cassazione censurando la decisione della
Corte fiorentina per vizi di motivazione e violazione di legge.
La
Suprema Corte
(Sezione Lavoro n. 11065 del 20 maggio 2014, Pres. Vidiri, Rel. Napoletano) ha
accolto il ricorso. Costituisce principio di diritto nella giurisprudenza di
legittimità - ha statuito la
Corte - l'affermazione secondo la quale in tema di attività
giornalistica sono configurabili gli estremi della subordinazione - tenuto
conto del carattere creativo del lavoro - ove vi sia lo stabile inserimento
della prestazione resa dal giornalista nell'organizzazione aziendale così da
poter assicurare, quantomeno per un apprezzabile periodo di tempo, la
soddisfazione di un'esigenza informativa del giornale attraverso la sistematica
compilazione di articoli su specifici argomenti o di rubriche, e permanga,
nell'intervallo tra una prestazione e l'altra, la disponibilità del lavoratore
alle esigenze del datore di lavoro, non potendosi escludere la natura
subordinata della prestazione per il fatto che il lavoratore goda di una certa
libertà di movimento ovvero non sia tenuto ad un orario predeterminato o alla
continua permanenza sul luogo di lavoro, né per il fatto che la retribuzione
sia commisurata alle singole prestazioni; costituiscono, per contro, indici
negativi alla ravvisabilità di un vincolo di subordinazione la pattuizione di
prestazioni singolarmente convenute e retribuite, ancorché continuative,
secondo la struttura del conferimento di una serie di incarichi professionali
ovvero in base ad una successione di incarichi fiduciari. In particolare, poi,
per quanto attiene i requisiti prescritti dall'art. 2 del contratto collettivo
di lavoro giornalistico (reso efficace erga omnes dal d.P.R. n. 153 del 1961) per la configurabilità
della qualifica di collaboratore fisso - ha affermato la Corte - la "responsabilità di un servizio" deve essere intesa come l'impegno del giornalista
di trattare, con continuità di prestazioni, uno specifico settore o specifici
argomenti d'informazione, onde deve ritenersi collaboratore fisso colui che
mette a disposizione le proprie energie lavorative per fornire con continuità
ai lettori della testata un flusso di notizie in una specifica e predeterminata
area dell'informazione, attraverso la redazione sistematica di articoli o con
la tenuta di rubriche, con conseguente affidamento dell'impresa giornalistica,
che si assicura così la "copertura" di detta area informativa, rientrante nei
propri piani editoriali e nella propria autonoma gestione delle notizie da far
conoscere, contando, per il perseguimento di tali obiettivi, sulla piena
disponibilità del lavoratore, anche nell'intervallo tra una prestazione e l'altra.
Nella specie - ha osservato la
Cassazione - la
Corte del merito non si è attenuta a tali principi di diritto
in quanto ha fondato il suo decisum sul
rilievo secondo il quale la messa a disposizione da parte del collaboratore
delle proprie energie lavorative, ai fini della sussistenza di una
subordinazione, va desunta dalla assunzione della responsabilità del settore -
quello della cronaca calcistica - cui l'attività di Gino M. era riferibile. La Corte fiorentina, così
argomentando - ha osservato la
Cassazione - non ha, quindi, tenuto conto, sia che la
responsabilità del servizio va intesa come l'impegno del giornalista di
trattare, con continuità di prestazioni, uno specifico settore o specifici
argomenti d'informazione, e non come responsabilità dell'intero settore, sia
che la permanenza, nell'intervallo tra una prestazione e l'altra, della
disponibilità del lavoratore alle esigenze del datore di lavoro costituisce un
indice di stabile inserimento della prestazione resa dal giornalista
nell'organizzazione aziendale potendo in questo modo il datore di lavoro assicurare il
soddisfacimento di una specifica esigenza d'informazione.
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