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Legge e giustizia: venerd́ 26 aprile 2024
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I DIPENDENTI DI IMPRESE APPALTATRICI DI LAVORI PUBBLICI POSSONO RECUPERARE I LORO CREDITI AZIONANDO LA NORMATIVA SPECIALE - E, in via residuale l'art. 1676 cod. civ. (Cassazione Sezione Lavoro n. 15432 del 7 luglio 2014, Pres. Vidiri, Rel. Tria).
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Guido G. ha lavorato dal settembre 2008 al maggio
2009, alle dipendenze della s.r.l. Court Reporting Nord appaltatrice, per
contratto con il Ministero della Giustizia, del servizio di fono-registrazione
presso il Tribunale di Pinerolo. Cessato il rapporto egli ha chiesto al
Tribunale di Pinerolo di condannare in solido la Court Reporting s.r.l. e il
Ministero della Giustizia al pagamento di somme dovutegli per differenze di
retribuzione e indennità di mancato preavviso. Il Tribunale con sentenza del 5
aprile 2011 ha accolto la domanda e la sua pronuncia è stata confermata dalla
Corte d'Appello di Torino con sentenza n. 626/2012. Il Ministero della
Giustizia ha proposto ricorso per cassazione censurando la decisione della
Corte torinese per vizi di motivazione e violazione di legge.
La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 15432 del 7
luglio 2014, Pres. Vidiri, Rel. Tria) ha accolto il ricorso affermando il
seguente principio di diritto:
"Per i contratti pubblici di appalto relativi a lavori, servizi e
forniture, in caso di ritardo nel pagamento delle retribuzioni o dei contributi
dovuti al personale dipendente dell'esecutore o del subappaltatore o dei
soggetti titolari di subappalti e cottimi di cui all'articolo 118, comma 8,
ultimo periodo, del relativo codice, di cui al d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, i
lavoratori devono avvalersi degli speciali strumenti di tutela previsti dal
codice citato, le cui modalità di utilizzazione sono determinate, in
particolare, dagli artt. 4 (per i contributi) e 5 (per le retribuzioni) del il
d.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207 (recante il Regolamento di esecuzione ed
attuazione del suddetto codice). Tale disciplina che, peraltro, consente agli
interessati di recuperare - anche in corso d'opera - quanto dovuto, è
articolata in modo tale da dimostrare che, nell'ambito degli appalti pubblici,
il legislatore attribuisce allo scorretto comportamento tenuto dal datore di
lavoro nei confronti dei propri dipendenti un disvalore maggiorato dal fatto di
considerarlo anche lesivo degli interessi pubblici al cui migliore
perseguimento è preordinata la complessiva disciplina regolatrice degli appalti
pubblici. Ne consegue che alla suindicata fattispecie non è applicabile l'art.
29 , comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, come peraltro stabilisce il
precedente art. 1, comma 2, che esclude che il decreto stesso sia applicabile
"per le pubbliche amministrazioni e per il loro personale" e come, il recente
ha confermato dall'art. 9, comma, del d.l. 28 giugno 2013, n. 76 (convertito
dalla legge 9 agosto 2013, n. 99). Viceversa nel caso di mancata utilizzazione
da parte dei lavoratori degli strumenti previsti dalla suindicata normativa
speciale, è possibile fare ricorso, in via residuale, alla tutela di cui
all'art. 1676 cod. civ., che in base alla consolidata giurisprudenza di questa
Corte, è applicabile anche ai contratti di appalto stipulati con le pubbliche
amministrazioni".
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