Il Comitato per la Giustizia del Lavoro a Roma, costituito dall’Assemblea di protesta svoltasi a Roma il 7 luglio 1999 con la partecipazione di avvocati, magistrati, rappresentanti delle organizzazioni sindacali e utenti del servizio giudiziario PREMESSO CHE 1) Sul piano internazionale l’abnorme lentezza della giustizia in Italia ha sinora formato oggetto di valutazione soltanto da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, in applicazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, in seguito a denunce presentate da singoli cittadini italiani, che hanno ottenuto riparazioni pecuniarie per i gravi disagi loro derivati dalle irragionevoli ed ingiustificabili lungaggini dei processi. 2) Tuttavia la frequenza delle condanne pronunciate da detta Corte a carico dello Stato Italiano -circa 1500 a tutt’oggi, ma i ricorsi pendenti si contano a migliaia- pone in evidenza una disfunzione che va ben al di là dei singoli casi denunciati, per assumere la dimensione di una permanente crisi istituzionale; la stessa Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in una delle ultime sentenze, emessa nel luglio 1999 ha affermato che in Italia “la lentezza eccessiva della giustizia rappresenta un pericolo importante, segnatamente per lo Stato di diritto”. 3) Le disfunzioni dell’amministrazione giudiziaria italiana hanno assunto dimensioni di particolare rilevanza nel settore della giustizia del lavoro ove pendono attualmente oltre un milione di processi, la cui durata, secondo una media nazionale, è di circa cinque anni tra primo grado e appello (a fronte degli otto mesi previsti dalla legge): ma la situazione è molto più grave a Roma e in altre grandi città dell’Italia centro meridionale dove si è arrivati a fissare la prima udienza a cinque anni dalla data di presentazione del ricorso (mentre la legge processuale n. 533/73 prevede un termine massimo di 60 giorni) e conseguentemente la durata complessiva dei processi, tra primo grado e appello può superare i 10 anni. 4) Questi ritardi sono causati dall’inadempienza dello Stato Italiano all’obbligo di adeguare l’organico dei magistrati e del personale di cancelleria, nonché di apprestare le indispensabili strutture logistiche. 5) La gravità dei disagi subiti dagli utenti della giustizia del lavoro è stata riconosciuta – in risposta alle loro sollecitazioni – dalla Presidenza della Repubblica con lettera del 17 giugno 1999, ove si afferma che la situazione è “obiettivamente drammatica” e dal ministro Guardasigilli con lettera del 14 giugno 1999, in cui si assicura un “tenace inequivocabile impegno”; a sua volta il vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, come è stato riferito dal quotidiano La Repubblica il 20 ottobre 1999, parlando davanti alla Commissione parlamentare antimafia, ha tenuto a sottolineare che le disfunzioni del servizio giudiziario si verificano non solo nel settore penale, ma anche in quello della giustizia del lavoro, definendo “immane” il carico dei processi gravante sui magistrati; il Consiglio Comunale di Roma ha approvato il 25 ottobre 1999 un ordine del giorno nel quale si esprime la piena solidarietà all’azione svolta dal Comitato per la Giustizia del Lavoro; un’interrogazione parlamentare è stata rivolta dal deputato On. Leoni al ministro di Grazia e Giustizia nella seduta del 19 luglio 1999. 6) L’attuale crisi della giustizia del lavoro comporta gravi inconvenienti non solo per i lavoratori ma anche per le imprese, che si trovano ad operare in una situazione di grave incertezza e patiscono la concorrenza sleale di chi può operare impunemente a costi ridotti, eludendo sistematicamente l’applicazione della legge. 7) V’è pertanto luogo ad un incisivo intervento anche da parte dell’Unione Europea poiché le disfunzioni del servizio giudiziario configurano una grave inadempienza dello Stato Italiano a doveri fondamentali, sanciti non solo dalla Costituzione della Repubblica, ma anche dal Trattato di Maastricht firmato il 7 febbraio 1992 e dal Trattato di Amsterdam firmato il 7 ottobre 1997. CONSIDERATO CHE I) Il Trattato sull'Unione Europea firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, dispone all'articolo F della parte comune: “2. L'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 , e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali di diritto comunitario”. II) Il Trattato sull’Unione Europea firmato ad Amsterdam il 7 ottobre 1997, dispone nella nuova formulazione dell’articolo F (divenuto ora articolo 6, nel testo consolidato): “L'Unione si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e dello stato di diritto, principi che sono comuni agli Stati membri. L'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 , e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali di diritto comunitario”. III) La Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo firmata a Roma il 4 novembre 1950, all'art. 6 paragrafo 1 dispone: “Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale deciderà sia delle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che le venga rivolta.”. IV) L’interesse dell’Unione Europea al corretto funzionamento della giustizia degli Stati membri è emerso anche dal recente incontro di Tempere, dedicato ai problemi dell’ordine pubblico. V) La giustizia civile è una componente essenziale dell’ordine pubblico democratico, che si fonda sul rispetto del cittadino per le istituzioni. Per milioni di cittadini il contatto con lo Stato giudice avviene per questioni civili. Disfunzioni e lentezze dello Stato giudice minano la fiducia nelle istituzioni. VI) L’inadeguatezza del servizio giudiziario italiano ostacola altresì l’applicazione della normativa comunitaria entrata a far parte dell’ordinamento del Paese. VII) A termini dell'art. 5 del Trattato che istituisce la Comunità Economica Europea firmato a Roma il 25 marzo 1957, gli Stati membri e le loro pubbliche amministrazioni devono adottare tutte le misure di carattere generale e particolare atte ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dal diritto comunitario. VIII) La Commissione Europea ha il ruolo di guardiano e garante dei Trattati, nel senso che essa vigila sul rispetto degli stessi da parte degli Stati, proponendo anche azioni giudiziarie davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea a Lussemburgo, per far accertare la violazione delle norme comunitarie commesse dagli Stati medesimi. IX) Nell’assolvimento di tale ruolo la Commissione può avviare una procedura di infrazione ai sensi dell’art. 169 del Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea firmato a Roma il 25 marzo 1957 per ottenere dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la condanna dello Stato Italiano all’adempimento dell’obbligo, derivante dalla normativa comunitaria di amministrare la giustizia in tempi ragionevoli. X) Inoltre il Trattato sull’Unione Europea firmato ad Amsterdam il 7 ottobre 1997, prevede all’art. 7 la possibilità che, su richiesta della Commissione Europea e previo parere conforme del Parlamento europeo, il Consiglio constati l’esistenza di una violazione grave e persistente da parte di uno Stato membro ai principi di cui all’art. 6 paragrafo 1, tra i quali v’è il riconoscimento del diritto dei cittadini di ottenere giustizia entro un termine ragionevole, e in tal caso adotti sanzioni nei confronti dello Stato inadempiente. C H I E D E che la Commissione Europea assuma le necessarie iniziative, davanti alla Corte di Giustizia e al Consiglio dell’Unione Europea ai fini della constatazione della inadempienza dello Stato italiano al dovere di far funzionare in tempi ragionevoli la giustizia civile, ed in particolare quella del lavoro, nonché ai fini della applicazione di tutte le misure necessarie per ottenere che lo Stato Italiano faccia fronte ai suoi obblighi derivanti dal Trattato di Maastricht firmato il 7 febbraio 1992 e dal Trattato di Amsterdam firmato il 7 ottobre 1997. Si allegano i seguenti documenti: 1-7) n. 7 decreti del Pretore di Roma emessi, in altrettante cause di lavoro, rispettivamente in data 28 maggio 1998, 22 giugno 1998, 15 luglio 1999, 16 febbraio 1999, 23 aprile 1999, 14 maggio 1999 e 23 settembre 1999, con i quali la prima udienza è stata fissata rispettivamente al 18 marzo 2003, al 26 maggio 2003, al 17 gennaio 2002, al 12 marzo 2002, al 18 febbraio 2003, al 20 aprile 2004 e al 20 gennaio 2003 (produzione esemplificativa); 8)lettera del Ministro di Grazia e Giustizia in data 14 giugno 1999; 9)lettera del Consigliere del Presidente della Repubblica per gli Affari Giuridici in data 17 giugno 1999; 10)mozione approvata all’unanimità dall’assemblea di protesta svoltasi a Roma il 7 luglio 1999; 11)dichiarazioni del vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura prof. Giovanni Verde pubblicate dal quotidiano La Repubblica in data 20 ottobre 1999; 12)interrogazione parlamentare in data 19 luglio 1999; 13)ordine del giorno approvato dal Consiglio Comunale di Roma in data 25 ottobre 1999 sulla crisi della giustizia del lavoro nella Capitale; 14)relazione del Magistrato Vincenzo Ciocchetti su “Crisi e paralisi della giustizia del lavoro e previdenziale italiana”, con tabelle statistiche, pubblicata dal periodico il Foro Italiano in data aprile 1999; 15)quotidiano La Repubblica in data 6 luglio 1999; 16)quotidiano Il Messaggero in data 8 luglio 1999; 17)quotidiano Il Tempo in data 8 luglio 1999; 18)quotidiano Corriere della Sera in data 8 luglio 1999; 19)quotidiano Il Giornale in data 8 luglio 1999; 20)quotidiano L’Unità in data 8 luglio 1999; 21)quotidiano Il Sole 24 Ore in data 8 luglio 1999. Roma, 4 novembre 1999 Comitato per la Giustizia del Lavoro a Roma (Avv. Giorgio ANTONINI) (Avv. Matilde BIDETTI) (Avv. Flavia BRUSCHI) (Avv. Domenico d’AMATI) (Avv. Pier Luigi PANICI) (Avv. Aldo SIPALA) (Avv. Andrea ZANELLO)
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