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Legge e giustizia: venerd́ 26 aprile 2024
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LE DICHIARAZIONI SCRITTE RILASCIATE ALLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE DA COLLEGHI DEL DIPENDENTE LICENZIATO NON POSSONO ESSERE UTILIZZATE COME PROVA DELLA SUA RESPONSABILITA' - Se non vengono confermate davanti al giudice (Cassazione Sezione Lavoro n. 26113 dell'11 dicembre 2014, Pres. Stile, Rel. De Renzis).
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Gino
M. dipendente del Ministero dell'Università e Ricerca è stato licenziato con
l'addebito di gravi infrazioni disciplinari. Nel giudizio che ne è seguito davanti
al Tribunale di Venezia, l'Amministrazione ha addotto a prova della fondatezza
degli addebiti, le dichiarazioni scritte rilasciate su di lui da alcuni
dipendenti, senza però chiedere l'escussione dei medesimi testi. Il Tribunale
ha rigettato la domanda di annullamento del licenziamento proposta dal
lavoratore. Questa decisione è stata integralmente riformata dalla Corte di
Venezia che ha negato giudiziaria rilevanza alle dichiarazioni dei dipendenti,
non confermate davanti al Giudice. Il Ministero ha proposto ricorso per
cassazione censurando la decisione della Corte di Venezia per vizi di
motivazione e violazione di legge.
La
Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 26113 dell'11 dicembre 2014 Pres. Stile, Rel.
De Renzis) ha rigettato il ricorso. La Corte di Venezia - ha osservato la
Cassazione - ha correttamente ritenuto che l'Amministrazione sia venuta meno
all'onere probatorio essendosi limitata a depositare dichiarazioni scritte di
alcuni dipendenti, senza sottoporle al vaglio giudiziale ai fini della loro
conferma.
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