Legge e giustizia: giovedì 25 aprile 2024

Pubblicato in : Giudici avvocati e processi

LA MOTIVAZIONE DELLA SENTENZA PUO' CONSISTERE NELLA RIPRODUZIONE DI UN ATTO DI PARTE - Senza nulla aggiungervi (Cassazione Sezioni Unite Civili n. 642 del 16 gennaio 2015, Pres. Salmè, Rel. Di Iasi).

Il Fallimento Stampaggio Lamiera Sanmarcoevangelista s.r.l, ha impugnato davanti alla Suprema Corte la sentenza n. 475/2009 della Commissione Tributaria Regionale, Sezione Distaccata di Latina, sostenendone la nullità per violazione degli articoli 132 c.p.c. e 36 d.lgs. n. 546/92, sul rilievo che tale decisione doveva ritenersi priva di motivazione essendo quella esposta in sentenza meramente apparente in quanto costituita esclusivamente dalla integrale riproduzione delle controdeduzioni depositate dall'Ufficio dell'Agenzia delle Entrate nel giudizio d'appello, senza alcuna autonoma valutazione da parte del giudicante e comunque in assenza di una anche sintetica esplicitazione delle ragioni della totale adesione del medesimo alle tesi dell'Agenzia delle Entrate. Il collegio della quinta sezione civile della Suprema Corte, con ordinanza interlocutoria n. 1531 del 2014 ha invocato - ai sensi del secondo comma dell'art. 374 c.p.c. - l'intervento delle Sezioni Unite sulla questione relativa alla censurabilità (o meno) della sentenza la cui motivazione sia costituita esclusivamente dalla mera riproduzione di un atto di parte.

Le Sezioni Unite, con sentenza n. 642 del 16/1/2015 (Pres. Salmè, Rel. Di Iasi) hanno rigettato il ricorso, soffermandosi, con ampia motivazione, sul concetto di sentenza. La sentenza - hanno affermato le Sezioni Unite - non è un'opera dell'ingegno di carattere creativo appartenente "alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro e alla cinematografia" e pertanto, a norma dell'art. 2575 c.c., non può essere oggetto del diritto d'autore nelle due espressioni (morale e patrimoniale) considerate dal legislatore. E ciò perché, al di là di quanto effettivamente creativo ed originale sia eventualmente riscontrabile nei contenuti e nelle modalità espressive utilizzate in una sentenza, essa non viene in considerazione per l'ordinamento come opera letteraria bensì quale espressione di una funzione dello Stato, come d'altro canto accade per gli atti amministrativi e legislativi nonché per gli atti dei rispettivi procedimenti prodromici. Ne consegue che, con riguardo alla disciplina civilistica: la sentenza può essere citata, riportata, ripresa e richiamata in altri scritti senza che si ponga alcun problema di diritto d'autore (né sotto il profilo patrimoniale né sotto il profilo morale), ossia con riferimento alla rivendicazione della paternità dell'opera; nella sentenza non assume rilievo l'eventuale "originalità" dei contenuti e/o delle relative modalità espressive; nella sentenza può essere riportato, ripreso, richiamato in tutto o in parte il contenuto di altre sentenze, di atti legislativi o amministrativi ovvero di atti del processo (perizie, prove testimoniali, scritti difensivi) senza che, sotto entrambi gli aspetti (cioè sia con riguardo alla sentenza che all'atto nella stessa riportato), si ponga un problema di individuazione (in funzione rivendicativa) di paternità, come sarebbe invece possibile con riguardo ad opere letterarie o lato sensu artistiche. La sentenza - hanno affermato le Sezioni Unite - è l'atto conclusivo di un processo nel quale hanno agito più soggetti, ciascuno in certa misura contribuendo alla decisione finale, la quale, sotto questo profilo, può essere considerata un risultato "corale". Il compito del giudice (gravoso, spesso assai complesso, in ogni caso mai "facile") è proprio di valutare, tra i fatti dedotti e i diritti vantati, le ragioni sostenute e le pretese avanzate, le prove addotte e le argomentazioni spiegate, quel che di volta in volta sia da ritenersi giuridicamente corretto e "veritiero" in fatto, quindi quanto risulti effettivamente meritevole di tutela da parte dell'ordinamento. Una volta assunta la decisione ed individuate le ragioni, giuridiche e di fatto, che la sostengono, deve pertanto riconoscersi al giudice la possibilità di esporle nel modo che egli reputi più idoneo - purché in lingua italiana, succintamente ed in maniera chiara, univoca ed esaustiva - perciò anche (se lo ritiene) attraverso le "voci" dei soggetti che hanno partecipato al processo (parti, periti). E può farlo sia richiamando i relativi atti sia direttamente riportandoli (in tutto o in parte) nella sentenza, e, in quest'ultimo caso, può utilizzare indifferentemente le virgolette o la tecnica del discorso indiretto, perché, trattandosi di atti anch'essi non costituenti opere letterarie e non protetti dalla disciplina del diritto d'autore, non rileva che ne sia riportato esattamente il testo virgolettato con indicazione della fonte, e, al contempo, non importa che possano sorgere equivoci in ordine alla "paternità" di quanto riportato, e ciò non solo perché dalla logica del testo potrebbe essere comunque comprensibile la fonte ma soprattutto perché, come già rilevato, per la sentenza, che non è opera letteraria, non conta la paternità del testo nelle sue modalità espressive ma l'attribuibilità al giudice dei suoi contenuti, derivante dal fatto che quei contenuti sono stati "fatti propri" dal suddetto giudice nel momento in cui ha ritenuto di riportarli in sentenza per rendere ragione della decisione assunta, assumendosene la relativa responsabilità. Peraltro, è certo possibile che la redazione della motivazione della sentenza attraverso la tecnica del collage esponga il giudice - in misura maggiore che non nell'ipotesi di utilizzo di altre tecniche redazionali - al rischio di trascurare domande, eccezioni e rilievi ovvero - eventualmente per un malaccorto uso del "copia - incolla" - di rendersi incomprensibile. Tuttavia in questo caso l'omessa pronuncia, il difetto o l'apparenza della motivazione andranno denunciati e valutati di per sé, con esclusivo riferimento al contenuto oggettivo della sentenza, quindi indipendentemente dal fatto che essa sia stata redatta attraverso la ricopiatura di altri atti.

E' destituito di fondamento - hanno affermato le Sezioni Unite - l'assunto secondo il quale, quando aderisce alle ricostruzioni, impostazioni, argomentazioni poste da una parte a sostegno delle proprie pretese, il giudice deve poi necessariamente motivare le ragioni di tale adesione. Il codice prevede infatti solo che il giudice assuma una decisione ed esponga poi le ragioni di tale decisione (coincidenti o meno che siano, in tutto o in parte, con quelle esposte da uno dei contendenti a sostegno delle proprie pretese), ma non prevede altresì che, in una sorta circolo vizioso, esponga anche i motivi per i quali abbia eventualmente condiviso le ragioni sostenute da una delle parti, posto che tali ragioni, se valide, sono idonee di per sé a sostenere la decisione assunta, senza che sia necessaria una ulteriore motivazione riguardante (non già le ragioni della decisione bensì) le ragioni per cui le suddette "ragioni della decisione" corrispondono a quelle esposte da una delle parti a sostegno delle proprie pretese. Le Sezioni Unite hanno concluso affermando il seguente principio di diritto:

"Nel processo civile - ed in quello tributario, in virtù di quanto disposto dal secondo comma dell'art. 1 d.lgs. n. 546 del 1992 - non può ritenersi nulla la sentenza che esponga le ragioni della decisione limitandosi a riprodurre il contenuto di un atto di parte (ovvero di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari) eventualmente senza nulla aggiungere ad esso, sempre che in tal modo risultino comunque attribuibili al giudicante ed esposte in maniera chiara, univoca ed esaustiva, le ragioni sulle quali la decisione è fondata. E' inoltre da escludere che, alla stregua delle disposizioni contenute nel codice di rito civile e nella Costituzione, possa ritenersi sintomatico di un difetto di imparzialità del giudice il fatto che la motivazione di un provvedimento giurisdizionale sia, totalmente o parzialmente, costituita dalla copia dello scritto difensivo di una delle parti".

Il primo motivo di ricorso deve essere pertanto rigettato e gli atti devono essere rimessi alla quinta sezione civile per la decisione degli altri motivi e la statuizione sulle spese.


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