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Legge e giustizia: venerd́ 26 aprile 2024
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IL TERMINE "SPIA" HA PORTATA DIFFAMATORIA - Se la circostanza non è provata (Cassazione Sezione Terza Civile n. 1434 del 27 gennaio 2015, Pres. Petti, Rel. Cirillo).
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Nell'agosto
2003 il quotidiano Libero ha pubblicato un articolo sul "caso Mitrokhin" nel
quale l'on. Armando Cossutta veniva qualificato come spia al soldo dell'Unione
Sovietica. Il Tribunale di Roma, al quale l'uomo politico si è rivolto, ha
escluso la portata diffamatoria dell'articolo. La Corte d'Appello di Roma ha
invece condannato l'editore del giornale, il direttore e l'autore dell'articolo
al risarcimento del danno non patrimoniale, determinato equitativamente in euro
50.000. I condannati hanno proposto ricorso per cassazione, censurando la
sentenza impugnata per vizi di motivazione e violazione di legge ed invocando
il diritto di critica.
La
Suprema Corte (Sezione Terza Civile n. 1434 del 27 gennaio 2015, Pres. Petti,
Rel. Cirillo) ha rigettato il ricorso. Il diritto di cronaca e quello di
critica sono tra loro non coincidenti, in quanto il diritto di critica non si
concreta, come quello di cronaca, nella narrazione veritiera di fatti, ma si
esprime in un giudizio che, come tale, non può che essere soggettivo rispetto
ai fatti stessi, fermo restando che il fatto presupposto ed oggetto della
critica deve corrispondere a verità, sia pure non assoluta, ma ragionevolmente
putativa per le fonti da cui proviene o per altre circostanze oggettive, così
come accade per il diritto di cronaca. La Corte d'Appello di Roma, con
motivazione adeguata - ha affermato la Cassazione - ha stabilito che il
contesto nel quale l'articolo in questione si inseriva - considerando nel loro complesso
l'occhiello, il contenuto e le fotografie annesse - era tale da far ritenere
superato sia il limite della continenza che quello della verità dei fatti
narrati. E ciò da un lato perché non risultava essere stata fornita alcuna
prova della partecipazione dell'On. Cossutta ai servizi segreti di qualsiasi
altra nazione e, dall'altro, perché l'uso del termine "spia" - di connotazione
indubitabilmente diffamatoria - risultava finalizzato alla mera lesione della
dignità della persona offesa. La legge penale punisce espressamente, tra i
delitti contro la personalità dello Stato, lo spionaggio politico o militare
(art. 257 cod. pen.) e lo spionaggio di notizie di cui è stata vietata la
divulgazione (art. 258 cod. pen.); il che toglie ogni dubbio sul carattere
diffamatorio dell'espressione "spia", dotata di per sé di rilevanza penale,
riguardo alla quale non è invocabile il diritto di critica.
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